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Manifesto: Sorvegliano i vulcani Brunetta se ne frega

INGV/300 PRECARI A RISCHIO

20/06/2009
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il manifesto

Fanno sorveglianza sismica 24 ore su 24, controllano l'attività dei sette vulcani italiani, sono essenziali per ogni intervento d'urgenza della Protezione civile, eppure rischiano di essere lasciati per strada. Sono i 300 precari dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia che - nonostante un'altissima professionalità e un'attività di lungo corso - non hanno alcuna certezza sul proprio futuro. Nel «riordino» della pubblica amministrazione avviato dal ministro Brunetta sembra non esserci posto per la stabilizzazione di questi tecnici: per 250 di loro si era aperta una possibilità con la legge n. 269 del 27 dicembre 2006, che prevedeva la possibilità di un assunzione a tempo indeterminato per il personale che avesse maturato almeno tre anni d'anzianità. Tenuto conto della crucialità del servizio svolto, pensavano di dormire sonni tranquilli. Invece l'avvento al ministero della pubblica amministrazione di «terminator» Brunetta ha rimesso tutto in gioco e attualmente i precari di geologia e vulcanologia possono solo sperare in nuovi rinnovi di contratti a termine, sapendo però che con il 2011 tutto finirà. E che un qualunque decreto amministrativo potrebbe cacciarli in ogni momento. Una situazione che gli interessati hanno denunciato di recente in una lettera inviata ai due ministeri da cui in qualche modo dipendono - Pubblica amministrazione e Università-Ricerca. Nella missiva i precari lamentano il clima di incertezza in cui sono costretti a svolgere un'intensa attività di sorveglianza sismica e vulcanologica, «incertezza che - scrivono - ha già indotto qualcuno ad andarsene e potrebbe costringere molti altri a farlo, per scelta personale». Nessuna risposta è arrivata loro. E non è servito nemmeno il lavoro svolto durante e dopo il terremoto dell'Aquila a far comprendere quanto siano indispensabili: nessun intervento per sostenere l'attività dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia è stato previsto (nemmeno nel Decreto-Abruzzo) e il numero dei suoi dipendenti è rimasto contingentato a quota 600. Un blocco che esclude la stabilizzazione dei lavoratori precari e che mette a rischio un servizio indispensabile. Spesso decantato, ma solo a parole.