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Manifesto: Sul tetto della Sapienza al fianco dei precari

Protesta degli studenti contro i tagli del ministro Gelmini

16/09/2009
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il manifesto

Stefano Milani
ROMA
Provveditorati, scuole e ora anche università. Non si arresta la protesta dei docenti precari che ieri mattina hanno sfidato le vertigini, salendo sul tetto della Sapienza a Roma. Una volta su hanno srotolato due grossi striscioni: «Scuola e università: stessi tagli, stessa precarietà!» e «I nostri destini non fanno rima con Gelmini: solidarietà con i/le precari/e della scuola». A salire in alta quota una cinquantina di studenti e studentesse del Coordinamento dei Collettivi dell'ateneo capitolino che hanno occupato il tetto della città universitaria a piazzale Aldo Moro «in segno di solidarietà con gli insegnanti precari della scuola» da settimane in mobilitazione e contro i tagli alla scuola e all'università pubblica presenti nella Legge 133.
Del gruppo facevano parte anche una ventina di insegnanti precari arrivati direttamente dal presidio fisso davanti al ministero dell'Istruzione. Che, una volta scesi, sono subito ripartiti alla volta di viale Trastevere per continuare la protesta sotto le loro tende da campeggio. Alcuni studenti sono invece rimasti ad ammirare le stelle, passando tutta la notte a presidiare la cittadella universitaria. «Come hanno fatto i vittoriosi operai dell'Innse che per giorni hanno occupato una gru per difendere il proprio posto di lavoro - dicono i rappresentanti del movimento - come i precari e le precarie della scuola che hanno occupato tetti e balconi dei provveditorati di tutta Italia, anche noi universitari occuperemo i tetti di tutte le università italiane, contro la Legge 133, contro gli aumenti della tasse universitarie, per un'università pubblica e gratuita, per il ritiro del disegno di legge Aprea e per l'assunzione di tutti i precari».
Insomma nulla sembra cambiato rispetto a qualche mese fa, quando l'Onda studentesca invadeva strade e piazze nel nome del diritto allo studio, negato dai tagli del duo Gelmini-Tremonti. «Oggi si cominciano a subire materialmente i danni di quella famigerata legge - sottolineano i ragazzi - e i primi ma non ultimi purtroppo ad esserne colpiti direttamente sono gli insegnanti delle scuole superiori che si trovano di fronte a un vero e proprio licenziamento di massa di 57.000 unità per quest'anno tra docenti e personale tecnico amministrativo e 200.000 unità in 3 anni». Stesse rivendicazioni, stesse forme di protesta e stesso slogan: «Noi la crisi non la paghiamo!». Un urlo che si sentirà, promettono i collettivi, forte anche nelle prossime settimane dove sono previste nuove forme di protesta e nuove manifestazioni. E così i ragazzi del collettivo invitano tutte le realtà universitarie a solidarizzare con gli insegnanti precari, «una solidarietà attiva - dicono - che parta dalle nostre facoltà e dai nostri atenei, che si espliciti nella costruzione di assemblee e momenti di azione diretta, per la difesa e la costruzione di un'università pubblica e democratica».
Noncurante di quello che sta accadendo nelle scuole di mezza Italia e costretta al chiuso del suo ufficio (non c'è infatti scuola che possa garantirle il benvenuto) il ministro Gelmini continua a ribadire, come un disco rotto, che «questi sacrifici» lei li sta facendo «per il bene della scuola». Non ci crede nessuno. Neanche Dario Franceschini. «Tagliare risorse alla scuola è un suicidio collettivo», ha detto ieri il segretario del Pd nel corso di una conferenza stampa. E, riguardo al problema dei precari, ha parlato di «emergenza sociale».