Manifesto: «Test di dialetto per i prof» La Lega stoppa la riforma
Fini frena: «Si rispetti la Costituzione». Il Pd: «Discriminante»
Alessandro Braga
Un consiglio ai professori, o aspiranti tali, di tutta Italia: riguardatevi il film Tre uomini e una gamba di Aldo, Giovanni e Giacomo. E prestate particolare attenzione alla scena in cui il vampiro-meridionale finisce nella casa dei due leghisti «cacciatori di terroni». Sospettosi della «padanità» dell'ospite, i due lo sottopongono al «test della cadrega». Lui, ignorante dell'idioma padano, invece di accomodarsi sulla sedia che ha di fronte addenta una rossa mela, e da lì scatta una vera e propria caccia all'uomo (al terrone). Bene, cari docenti, al prossimo concorso, se doveste essere invitati dalla commissione esaminatrice a prendere una cadrega, non commettete lo stesso errore dell'incauto Aldo, ma dimostrate di conoscere perfettamente «la storia, la tradizione e il dialetto della regione» in cui intendete insegnare. A quel punto, sarete a posto, e lasciate pure perdere i vostri titoli di studio, che tanto, secondo i leghisti, «non garantiscono un'omogeneità di fondo». Poi, si sa, soprattutto al Sud, «spesso risultano comprati». Magari come quello del ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini, che il suo esame di stato per diventare avvocato lo è andato a fare a Reggio Calabria. Sembra assurdo, ma l'introduzione di un test di dialetto per i professori non è una barzelletta raccontata nei vari bar della Padania, ma una proposta vera e propria della Lega nord, che ieri ha fatto fuoco e fiamme in commissione Cultura alla Camera per ottenere quanto vuole. Tanto che la presidente della commissione, la pidiellina Valentina Aprea, ha dovuto sospendere i lavori del comitato ristretto che stava esaminando il testo della riforma della scuola e rinviare tutto alla conferenza dei capigruppo di Montecitorio, già convocata per oggi a mezzogiorno ma per la discussione dei lavori dell'Aula. Insomma, stop alla riforma, almeno finché non verranno chiariti questi punti. Ma la Lega sembra non voler demordere, e insiste per avere dei «criteri padani» nella selezione del corpo docente. Se il testo dovesse venire calendarizzato in Aula, scavalcando l'esame della commissione, il Carroccio si metterà di traverso. Così, dopo la missione in Afghanistan e la «questione meridionale» si apre un altro fronte di lotta all'interno della maggioranza.
«Noi avevamo presentato una proposta di legge di riforma della scuola che non è stata condivisa da tutta la maggioranza - ha detto la deputata del Carroccio Paola Goisis - Allora abbiamo chiesto che ne venisse recepita almeno una parte nel testo unificato. Abbiamo rinunciato a tutto, tranne che a un punto, sul quale intendiamo andare fino in fondo, ossia l'istituzione di un albo regionale al quale potranno iscriversi tutti i professori». E qui scatta l'inghippo: prima dovrà essere fatta una preselezione che «attesti la tutela e la valorizzazione del territorio da parte degli insegnanti». Non un test di cultura generale ma locale. Che nasconde, neanche troppo a dire la verità, il vero intento del Carroccio, ossia limitare i professori meridionali nelle scuole del nord. Lo ammette candidamente del resto Paola Goisis: «Non è possibile che la maggior parte dei professori che insegna al nord sia meridionale». Ed ecco che salta fuori la vecchia, solita, «cara» Lega, quella del «padroni a casa nostra».
Ma il resto della maggioranza sembra non essere d'accordo. Può ben dire il capogruppo del Popolo della libertà alla Camera Fabrizio Cicchitto che «non esistono ragioni di divisioni sui problemi della scuola fra il Pdl e la Lega. Prioritari per noi sono i progetti di riforma portati avanti dal ministro Gelmini sulla riforma dell'università e quella sui licei». Non è vero. Dopo il nervosismo della presidente della commissione Aprea è infatti arrivata una frenata alle idee del Carroccio ben più pesante, quella del presidente della Camera Gianfranco Fini. Incalzato in Aula dal Partito democratico, che chiedeva lumi a lui «sull'incostituzionalità di una norma discriminante», Fini non ha usato mezzi termini: «Durante l'esame della riforma la prima commissione e l'Aula devono valutare il pieno e totale rispetto dei principi fondamentali della nostra carta costituzionale», ha detto. Insomma, uno stop netto. Se la Lega preferisce, un padanissimo va a da via i ciapp.