Manifesto: «Tutti al tempo pieno» Così si sfida la riforma
Le iniziative dei coordinamenti
«Ti sei iscritta bene? Hai barrato solo la casella tempo pieno?», domando fuori scuola a una mamma che esce frettolosa dalla segreteria per le iscrizioni alla prima elementare. «Sì, sì, che scherzi, solo tempo pieno, anzi pienissimo, mi devono venire a prendere coi carabinieri a casa se non ce lo danno!», risponde lei pronta e sorridente. Da lunedì scorso in tutta Italia stiamo compilando i moduli di iscrizione alle scuole statali e in bacheca all'entrata c'è un cartello colorato che ricorda di iscriversi bene: non barrare assolutamente altri modelli formativi oltre quello scelto delle 40 ore, non fare «un ordine di preferenza» come suggerito dal ministero. L'indicazione dei coordinamenti è di puntare dritti al rialzo, nessuno sa chi verrà confermato e chi no e scendere di un gradino nella scala dei modelli è il destino contro cui combattiamo. Il movimento ha permesso di aprire questa sorta di braccio di ferro scuole-ministero. Tutti sono in bilico, ma chi rischia di più sono le scuole che non hanno il tempo pieno totale. Il sud e le province sono i primi della lista (qui si riconosce lo zampino della Lega). In ogni caso tutti devono stare attenti, se sbagli e scrivi nel modulo di iscrizione oltre alla scelta principale anche in subordine 27 o 24 ore, sei fregato in partenza. Ti becchi il maestro unico e l'hai voluto tu. Giornali autorevoli quali il Corriere della sera hanno distribuito «guide alle iscrizioni», cosa cambia, cosa rimane, come orientarsi meglio. Ma c'è poco da fidarsi dei soloni a pagamento e genitori e maestre della scuola pubblica dormono su cuscini di spine (mentre vescovi e operatori delle scuole cattoliche possono farlo su quattro cuscini di seta, come sappiamo).
Così va la vita nell'ultimo anno pre-Gelmini. I piccoli scolari frequentano felici le loro classi di modulo e tempo pieno. Noi barriamo le nostre caselle per l'anno che verrà e nelle stesse ore, negli uffici scolastici provinciali, fedeli funzionari del ministero cercano di capire come assegnare l'organico 2009-2010. E immagino fastidiose emicranie alla fine dei turni di lavoro. Certo non vogliono gli uffici occupati dai genitori, con le mamme a incatenarsi per protesta. Ma come far quadrare le domande al rialzo con il muro dei tagli di Tremonti? 87.000 maestre e 40.000 personale Ata in meno nei prossimi tre anni. Quanti genitori che hanno votato Berlusconi ora ci guardano con altri occhi, si informano e si angosciano al pensiero di perdere anche un po' di tempo pieno. Dicono: «No, in effetti a me va bene come è adesso, vorrei che non cambiasse proprio un bel niente nella scuola». Che pensare di questa gente? Superficiali e complici. Durante le manifestazioni ci guardavano anche un po' male, scocciati dei volantini e degli striscioni. Ora invece ci ascoltano e rispettano e seguono i consigli di chi hanno visto lottare per il bene comune. E così va, questa cronaca ordinaria dal fronte scuola. Ogni mattina e pomeriggio continua il lavoro dal basso di migliaia di maestre e maestri e mamme e papà e dirigenti scolastici che fanno informazione e cercano soluzioni. E questo rende nervosi i signori in alto. È una resistenza che facciamo praticamente da soli, senza finanziamenti, né sponde istituzionali.
A Roma, nelle scuole del secondo municipio e poi in tutta la città, è stato affisso un manifesto del coordinamento di zona che riprende per grafica quelli istituzionali: «Appello pubblico per una scuola di qualità». C'è tutta la lista delle scelte giuste da fare per iscriversi e opporsi alla Gelmini, in modo asciutto e ordinato, come fosse l'annuncio del sindaco. In certi ambienti l'idea non è piaciuta proprio. Un consigliere di Alemanno e uno municipale del Pdl hanno fatto un comunicato stampa per denunciare la «becera propaganda che disorienta le famiglie...». Il giornale ha ripreso attaccando i manifesti ingannevoli. Il deputato Vincenzo Piso (Pdl) addirittura ha annunciato un'interrogazione parlamentare e minaccia vie legali per gli autori.
C'è da ridere a pensare che questi hanno tutte le televisioni che vogliono, la stampa e i fondi illimitati, eppure temono la nostra voce. Hanno paura che venga a galla la verità, che generazioni di bambini innocenti vedranno cambiata in peggio la loro realtà scolastica e subiranno la scure del governo. E che questi sono i prezzi da pagare per avere Berlusconi alla guida del paese, che il popolino avrà le scuole pubbliche sfasciate e i titoli di studio non varranno più niente e i futuri dirigenti usciranno dalle scuole private d'eccellenza. Dicono che la cultura costa troppo. Proveremo quanto costa cara l'ignoranza. E la cosiddetta opposizione? Qualche giorno fa siamo andati a un convegno sulla riforma Gelmini con la Garavaglia (ministro ombra del Pd) a dirle che sarà ricordata per la sua assenza assordante in questo momento epocale per la scuola. Lei ci ha risposto che fa quello che può (cosa?), che è isolata nel partito, che piange per lo sfascio in corso e che solo il movimento può salvare la scuola pubblica. Le proporremo di entrare nel nostro coordinamento (e versarci metà dello stipendio). Buone iscrizioni a tutti.