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Manifesto-Un handicap per la democrazia

Un handicap per la democrazia Tagli e ostacoli normativi, la difficile scuola degli insegnanti di sostegno e dei ragazzi disabili IAIA VANTAGGIATO Sono oltre settantamila, lavorano perlopiù in for...

17/01/2004
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il manifesto

Un handicap per la democrazia
Tagli e ostacoli normativi, la difficile scuola degli insegnanti di sostegno e dei ragazzi disabili
IAIA VANTAGGIATO
Sono oltre settantamila, lavorano perlopiù in forma precaria e hanno sperimentato meglio di chiunque altro la scure dei tagli che si è abbattuta sulla scuola. Parliamo degli insegnanti di sostegno di cui è persino difficile conoscere il numero reale. Prendiamo per esempio i dati - tutti "ufficiali" - relativi all'anno scolastico 2002-2003. Secondo alcune tabelle allegate alla relazione presentata dal sottosegretario Valentina Aprea alla bicamerale sull'infanzia, i posti di sostegno sarebbero stati 122.618. Troppi. Deve esserci un abuso, ne deduce il sottosegretario e - prontamente - propone la revisione del sostegno. Mano alla finanziaria e il gioco è fatto: per evitare gli sprechi bisognerà rivedere i criteri per la certificazione dell'handicap. Insomma, che nessun bambino tenti di spacciarsi per disabile quando non lo è.

Stando, invece, ai dati forniti dal Miur (ma non è lì che lavora anche Aprea?) in una pubblicazione dal titolo 2003: L'handicap e l'integrazione della scuola, l'ammontare dei posti di sostegno sarebbe stato pari alle 74.626 unità.

Ed è sempre dal dicastero di viale Trastevere che arriva l'ultima disorientante sorpresa: la cifra reale è di 56.954 posti di sostegno. Che fine avranno fatto i circa ventimila posti rimanenti? Perché il ministero gonfia e sgonfia le cifre senza peraltro fornire certificazione alcuna?

Arriviamo così ad un altro elemento di complicazione: chi e in base a quali criteri definisce il numero di insegnanti di sostegno necessari in una scuola? Prima dell'avvento del regime morattiano, il decreto 331 che regolava la costituzione delle classi era nelle mani dei dirigenti e degli uffici scolastici. I quali assegnavano i posti in base al numero delle classi e nel rispetto di una clausola fondamentale e inaggirabile: là dove c'era un bambino disabile non potevano esserci più di venti alunni per classe. Clausola troppo corretta e ragionevole per donna Letizia che riesce, pur mantenendo in vigore quel decreto, a renderlo inapplicabile. Come? Cambiando innanzitutto il criterio di assegnazione dei posti che vengono stabiliti dalle direzioni regionali (e non più dai dirigenti scolastici) in base al numero dei bambini - di tutti i bambini non solo di quelli disabili - iscritti in una scuola. Cade così il tetto dei venti alunni per classe mentre il numero delle classi - naturalmente più numerose - diminuisce. Così come quello degli insegnanti di sostegno e delle ore da dedicare ai bambini diversamente abili. Il cui numero per classe, invece, non può che aumentare.

Ma c'è di più: sempre mano alla finanziaria si decide che la dotazione complessiva di organico - non solo del sostegno, quindi - sia una sorta di pacchetto gestito dalle singole regioni che decidono autonomamente dove incanalare le risorse e dove tagliare. Che cosa accade se una direzione regionale non considera il sostegno un settore di punta?

Finisse qui il pasticcio sarebbe già abbastanza, ma così non è. Nonostante sia precario, infatti, il sostegno è diventato un florido mercato per enti e associazioni di ogni tipo. La specializzazione - che si acquisisce dopo un corso biennale - è gestita formalmente dalle singole università ma di fatto viene data in appalto a enti privati che, speculando sulla fame di lavoro, arrivano a chiedere dai 10 ai 15 milioni di lire per corso.

Numerosissimi sono i corsi che vengono avviati e senza che ci sia nessuna rilevazione del fabbisogno. Solo per fare un esempio: a Palermo è partito di recente il settimo corso di specializzazione per insegnanti di sostegno. Lo scandalo sta nel fatto che - secondo la stessa organizzazione scolastica - nel capolugo siciliano ci sarebbero già insegnanti di sostegno sufficienti per i prossimi trent'anni almeno. Sui corsi di specializzazione e dietro denuncia della Cgil - che arriva sino a sospettare, in alcune situazioni, collusioni con la malavita organizzata - Bassanini aveva anche avviato una indagine ispettiva che però è stata insabbiata dall'attuale governo.

Il diritto all'integrazione è diventato così un semplice costo da abbattere attraverso una maglia fitta e raffinata di lacci e lacciuoli. L'affermazione dei diritti si perde lungo il tragitto di una corsa ad ostacoli. Vergognosi ostacoli, come la finanziaria del 2003 che dà mandato al governo di modificare i criteri per la certificazione della gravità dell'handicap. Quasi si sospettasse che bambini, genitori e docenti siano tutti insieme impegnati a ordire un complotto a scopo di estorsione nei confronti del governo. Incivili ostacoli, che ci si può anche rifiutare di superare. Magari caldeggiando la ricostituzione di più rassicuranti e certamente meno costose istituzioni totali.

Un gruppo di insegnanti di sostegno ci ha scritto: "Riteniamo che per i nostri bambini sia fondamentale sperimentare la tolleranza e la disponibilità verso l'altro da sé. In una scuola che si dichiara moderna perché non spendere le nostre competenze anziché mortificarle in un lavoro che sempre più si concretizza come semplice assistenza?"