Manifesto-Un ministro senza maturità
SCUOLA Un ministro senza maturità ALBA SASSO Si sono appena conclusi gli esami di stato, con la novità delle commissioni tutte interne, come previsto nella finanziaria 2002. Un po' di commenti ...
SCUOLA
Un ministro senza maturità
ALBA SASSO
Si sono appena conclusi gli esami di stato, con la novità delle commissioni tutte interne, come previsto nella finanziaria 2002. Un po' di commenti sui giornali, lettere molte (agli stessi giornali), impressioni, emozioni poi anche questo annuale rito sarà dimenticato. Ma gli esami di stato, previsti peraltro dalla Costituzione (lo stato è garante della qualità dell'offerta formativa e, dopo la modifica del titolo quinto della Costituzione, garante del raggiungimento dei livelli essenziali della formazione) sono, io credo, una cosa importante. Non solo perché influiscono, in quanto momento conclusivo, sul percorso di studi ma perché rispondono a molte e complesse esigenze. Provo a elencarle.
In primo luogo gli esami rappresentano il momento della verifica da parte dello stato dei livelli raggiunti, una verifica che dovrebbe perciò avere criteri e modalità condivisi a livello nazionale: una strada che le commissioni con la presenza di membri esterni garantivano, soprattutto nei confronti della scuola non statale. E quanto è accaduto in quelle situazioni quest'anno, a volte ai limiti della legalità, è ormai, e purtroppo, questione di "contenzioso legale".
In secondo luogo il modo dell'esame condiziona potentemente le modalità del fare scuola degli ultimi anni di corso. E' vero o no che in molte situazioni, non tutte per fortuna, gli studenti dell'ultimo anno hanno cominciato a mollare lo studio fin dall'inizio del secondo quadrimestre? E' vero o no che l'esame di stato su tutte le materie, e con la commissione costituita pariteticamente da membri interni e membri esterni, aveva riportato (e si era ancora in fase di verifica) alla preziosa abitudine, dimenticata durante gli anni dell'esame su "due materie" di studiare tutte le materie fino alla conclusione dell'ultimo anno?
Si è parlato molto di esame più facile, di esame meno facile, di esame selettivo o meno selettivo. Il ministro Moratti aveva esordito dicendo che gli esami di stato, quelli riformati dal centrosinistra, bocciavano molto poco. E' stato allora per questo che si è voluto riformare l'esame con una legge di bilancio, forse perché era inutile spendere soldi per un esame "inutile"? Ma il ministro si è accorto che, anche con questo cambiamento, l'esame finale continua a non essere selettivo, perché non è questa la sua vocazione e il suo compito, perché esso rappresenta più semplicemente il momento conclusivo, la verifica finale del lavoro svolto?
Ma c'è soprattutto un'altra questione: sta venendo avanti l'idea che l'esame sia diventato un banale doppione dello scrutinio finale, con in più una forte disparità nella conduzione delle prove (in particolare della terza prova) e nelle valutazioni delle stesse. E l'idea che l'esame di stato sia diventato inutile, e che quindi potrebbe essere eliminato, serve a favorire sempre di più le scuole private e ad avviare un processo che tende ad abolire il valore legale del titolo di studio.
Siamo proprio convinti che l'esame di Stato sia inutile, che non rappresenti una sfida importante per le ragazze e i ragazzi, per la loro crescita, per la loro capacità di misurarsi con se stessi e con gli altri, di misurarsi con la difficoltà, quella, ad esempio, di sostenere un esame, anche con persone sconosciute? Vogliamo togliere anche questa prova a ragazze e ragazzi, di cui prolunghiamo l'adolescenza e vezzeggiamo precocità?
Ci sarebbe stata quest'anno una verifica sulla validità della riforma degli esami di stato avviata tre anni fa, un percorso lento, necessariamente lento, perché si tratta di questioni assai delicate che riguardano la vita e i percorsi di crescita delle persone. Un percorso saggio che avrebbe coinvolto il mondo della scuola, i suoi protagonisti.
E invece Moratti ha deciso sbrigativamente, o ha deciso Tremonti, sulla pelle delle persone, per risparmiare e per favorire le private, senza coinvolgere e consultare nessuno.
E chissà se si è resa conto che, se le cose comunque hanno funzionato, lo si deve al senso di responsabilità dei docenti e dirigenti scolastici che hanno lavorato con rigore e professionalità, (è questa la mentalità impiegatizia di cui spesso si parla?) per il rispetto che hanno di se stessi, dell'istituzione e soprattutto degli studenti.
Quel che mi pare evidente è che, anche con questa vicenda, si è chiarito che la vita della scuola - l'intreccio vivo di storie, emozioni, lavoro che riguardano i milioni di persone che la abitano - conta assai poco se la scuola, quella pubblica, quella che garantisce crescita, apprendimento, emancipazione di tutte le persone, la si è già consegnata alle politiche del risparmio, alle politiche decise a tagliare risorse necessarie a garantire i diritti di tutti, alle politiche thatcheriane di Tremonti che sottraggono qualità ai sistemi pubblici per favorire i privati, nella scuola come nella sanità.
E questa è una scelta pericolosa e sbagliata, che il mondo della scuola italiana vuole e saprà combattere e contrastare.
Alba Sasso è deputata dei Ds