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Manifesto-Un popolo senza cultura muore"

Un popolo senza cultura muore" Valerio Mastandrea racconta (dal set) la sua mobilitazione accanto alle maestranze, i colleghi, gli studenti "Alleanza sacrosanta" L'attore Valerio Mastrandrea (sopr...

26/10/2005
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il manifesto

Un popolo senza cultura muore"
Valerio Mastandrea racconta (dal set) la sua mobilitazione accanto alle maestranze, i colleghi, gli studenti
"Alleanza sacrosanta" L'attore Valerio Mastrandrea (sopra nella foto Ap) definisce così il reciproco coinvolgimento nelle proteste degli universitari e dei lavoratori dello spettacolo
SILVANA SILVESTRI
Raggiungiamo Valerio Mastrandrea nell'isola dove sta girando con Virzì il Napoleone, non all'Università dove in molti si aspettano di vederlo. Sono infatti per lui giorni di lavoro intenso (di giorno il cinema, di sera il teatro), ma anche di mobilitazione a cui ha partecipato in prima persona: "Ho partecipato alla manifestazione che c'è stata alla Casa del cinema qualche giorno fa, contro i tagli al Fus (mentre al Capranica non ero riuscito a entrare) una piccola assemblea dove c'erano dai produttori teatrali a operatori di macchina a direttori di fotografia, aperto a tutti; è stato letto un manifesto di intenti in cui si delineava un gruppo di lavoro che avrebbe studiato leggi e decreti per poi mettere al corrente tutti di come sono andate le cose fino a oggi, per definire su cosa bisognava lottare. Poi c'è stato un dibattito su azioni da fare per sensibilizzare non solo il nostro piccolo mondo (che tanto piccolo non è), ma anche per sensibilizzare l'opinione pubblica, si è pensato a maratone teatrali e non solo musicali, a comunicati da leggere ogni giorno prima degli spettacoli. L'adesione reciproca dell'agitazione degli universitari e del mondo dello spettacolo è normale, è sacrosanta e nessuno si è mai chiesto di non interagire. Nella successiva riunione alla Casa del cinema un gruppo è andato a scienze politiche. La manifestazione del Capranica è cominciata in modo ufficiale, poi è diventata spontanea, infatti la partecipazione era molto allargata. C'erano ad esempio i registi di Ring che stavano dentro al Capranichetta e avrebbero dovuto parlare, ma dopo Benigni non ha parlato più nessuno. L'unica delusione di quella giornata (che dal punto di vista emotivo è stata fortissima, perché vedere in piazza tanti mestieri insieme è stato molto bello), era che serviva anche una proposta, cosa fare, e a parte qualcosa che hanno detto i sindacati, non è venuta fuori". Si è parlato di due schieramenti, uno più legato ai partiti, uno al movimento: "Io questa cosa non riesco a capirla bene. Il mio parere è che "l'acqua bolle", qualcosa si muove, intanto perché ci si guarda in faccia dopo decenni e poi perché questo può essere non solo una spinta utile a reinvestire i soldi se questi tagli non verranno fatti, cosa molto improbabile, ma anche una spinta per una nuova stagione della cultura italiana a tutela del proprio cinema, del proprio teatro. Perché noi abbiamo ancora una legge del '49 per quanto riguarda la distribuzione, che è nel libro di Libero-Bizzarri che ho studiato per un esame a 19 anni, un libro fondamentale". In questo caso è sacrosanta l'unione di lavoratori e studenti: "Un discorso significativo che ha fatto un sindacalista alla Casa del cinema è stato che questa classe dirigente, non senza la responsabilità di quella precedente, quello che non controlla distrugge e quindi siccome il mondo dello spettacolo è sempre stato nell'immaginario un ambiente incontrollabile dal punto di vista politico ecco che fanno quello che fanno. Anche perché le spese per lo spettacolo in questo paese è dello 0.33 per cento, quindi tagliare una spesa già ridicola è un fatto politico. Non si può prendere questa cosa da un punto di vista non politico. La cosa che sfugge e quello che cercherò di dire da domani a fine spettacolo con uno striscione è che i popoli senza cultura non vanno molto lontano, ci sarà scritto: "Un popolo senza cultura muore", perchè si può morire sempre di più. Tra vigolette posso dire che finalmente la mobilitazione è "universale" per quanto ci riguarda perché molti poi nel nostro settore hanno fatto dell'individualismo un modo di vivere. Se uno faceva dei film non gliene fregava degli altri. Invece il fatto che siano venuti anche quelli che i film li fanno, ha fatto bene, dai produttori agli attori, c'era un sacco di gente che non aveva esperienza di piazza ed è stato molto umano, è bello che questa condizione faccia diventare il nostro un lavoro come tanti, è un lavoro e inoltre abbatti questa sorta di adorazione. La gente deve difendere il proprio lavoro.