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Maturità e musica, cosa cambia a scuola

Torna il membro esterno, dieci milioni di euro per l’alta formazione coreutica Stop alle supplenze dei docenti di pochi giorni, via 2 mila collaboratori amministrativi

27/10/2014
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Corriere della sera

Un miliardo per la scuola, e tre miliardi a regime, per stabilizzare quasi 150 mila precari - evitando così una multa salata dalla Corte di giustizia europea- e dotare ogni istituto di un organico funzionale di docenti: una rivoluzione, secondo il piano della buona scuola di Renzi, che permetterà di coprire tutte le esigenze con professori formati, motivati (dagli scatti per merito) e controllati (dalle procedure di autovalutazione delle scuole). È questa la vera novità sul fronte dell’istruzione nella legge di Stabilità appena varata dal governo. Ma lo stesso miliardo dovrà servire anche a molto altro: a preparare gli stessi professori, a finanziare le connessioni Internet (si sperava in 45 milioni in tre anni), ad agevolare l’alternanza scuola lavoro (i 100 milioni attesi non ci sono), a digitalizzare i servizi amministrativi. La coperta, come sempre, rischia di essere troppo corta.
I risparmi
della maturità
Il Miur avrebbe dovuto contribuire per un miliardo alla spending review: quando il governo è uscito da Palazzo Chigi con la manovra, i tagli erano ridotti a 650 milioni. Di questi, 147 provenivano dalla scelta del ministro Stefania Giannini di dare una svolta all’esame di maturità, abolendo i (costosi e inutili, a suo dire) commissari esterni per sostituirli con prof interni. «Un’iniziativa in palese contraddizione con le indicazioni dell’Ocse e con le raccomandazioni dell’Unione europea», aveva protestato il professor Giorgio Alluli, lanciando una petizione su change.org che in pochi giorni ha raccolto migliaia di firme. Quanto è bastato per convincere il ministro a «salvare» il prof esterno; i risparmi del Miur si riducono così a 474 milioni.
I tagli necessari
e quelli contestati
Tra quelli più contestati dai sindacati, la riduzione di duemila ausiliari tecnico-amministrativi (i cosiddetti Ata): una scelta che farà risparmiare 16,9 milioni nel 2015 e a regime 50,7 milioni. Concretamente, significa che quando l’anno prossimo andranno in pensione circa 4900 collaboratori scolastici, ne saranno reintegrati solo 2900. I risparmi saranno in parte riutilizzati dallo stesso ministero dell’Istruzione, che userà 10 milioni per la digitalizzazione dei servizi amministrativi: le segreterie dovranno abbandonare fax e carta per sostituirli con computer, email e comunicazioni telematiche. Sempre gli amministrativi, non avranno più diritto ad un sostituto per assenza brevi: il risparmio sarà di 21,3 milioni. Altri 45 milioni verranno dallo stop alle supplenze docenti di un solo giorno: con l’organico ridisegnato i buchi dovrebbero essere coperti facilmente. Altri 34 milioni arriveranno dall’abrogazione degli esoneri e semiesoneri per i collaboratori del dirigente scolastico: una scelta che, secondo l’Anief, porterà dal 1 settembre 2015 su 8.400 scuole autonome complessive, ben 1.200, attualmente in reggenza, ad essere private anche del responsabile di sede. Verranno richiamati a scuola pure i cosiddetti «comandati», ovvero circa 2500 insegnanti pagati dal Miur ma impiegati per incarichi pubblici in altre istituzioni: risparmio stimato, 25 milioni.
La battaglia
delle università
I rettori tremavano, alla vigilia della Stabilità: secondo la legge Tremonti, il fondo per l’università, circa 6,7 miliardi, avrebbe dovuto subire un ulteriore taglio di 175 milioni. Alla fine saranno solo 25 i milioni tagliati. «Siamo di fronte ad una stabilizzazione che quanto meno ci mette al riparo da ulteriori tagli» precisa il presidente della conferenza dei rettori, Stefano Paleari.
Le università avranno una chance di dotarsi di docenti più giovani: la Finanziaria concede infatti agli atenei la possibilità di assumere ricercatori con contratti triennali. Anche le università dovranno comunque dare il proprio contributo alle economie generali: circa 34 milioni i risparmi previsti per l’acquisto di beni e servizi. Resta ancora aperto invece il nodo del diritto allo studio: i pesanti tagli alle Regioni rischiano di dimezzare le borse di studio. Attualmente sono 130 mila quelle erogate (gli idonei sono 160 mila). Nell’ipotesi peggiore, venendo a mancare fondi statali e regionali, resterebbero le risorse (200 milioni garantiti dalle tasse) per garantire solo poco meno di 60 mila borse, cioè meno della metà, di circa 3500 euro l’una. Sono invece spuntate le risorse ad hoc per l’Afam, l’alta formazione coreutica e musicale, a cui andranno 10 milioni.