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Medicina, via ai test tra le polemiche

Il ministro Giannini: «Se non va si cambia»

09/04/2014
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Il Messaggero

LA PROVA
ROMA Sarà colpa della data anticipata ad aprile o della sfiducia generalizzata nel futuro. Fatto sta che gli studenti hanno risposto con una grande fuga alla chiamata per i test che aprono le porte delle Facoltà a numero chiuso. Oltre diecimila domande in meno rispetto allo scorso anno. E anche ieri, nel giorno che faceva da apripista con le prove per l’ingresso a Medicina e Odontoiatria (oggi è la volta di Veterinaria e domani di Architettura), un altro cospicuo gruppetto ha dato forfait.
Tra polemiche, proteste e tanti dubbi, ci si comincia quindi a chiedere se non sia il caso di modificare il meccanismo di selezione. «Si devono cambiare le cose quando non funzionano. Se ci renderemo conto che i risultati non sono quelli attesi allora ci muoveremo», ha detto il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini, facendo intravedere la possibilità che dal prossimo anno qualcosa cambi.
Ma ieri in 64mila si sono cimentati con il vecchio metodo: test a risposta multipla per rincorrere il sogno del camice bianco, contendendosi i 10.551 posti negli atenei italiani.

IL TEST

Cento i minuti a disposizione per rispondere a 60 domande a scelta multipla (ciascuna con 5 opzioni di risposta) suddivise in tre sezioni: cultura generale, discipline di riferimento e logica. Quest'anno la ripartizione del numero di domande è stata modificata in favore del numero dei quesiti delle materie “disciplinari”. Soltanto quattro le domande di cultura generale, spaziando da Chomsky al “secolo breve” (sui nomi proposti su chi avesse coniato l’espressione, è stato scritto erroneamente Eric J. Hobsbawm con la n finale). Ventitré i quesiti di logica e poi le domande di Matematica e Fisica (8), Chimica (10) e Biologia (15).
Fra le domande più curiose che hanno colpito i ragazzi, una sull'ossidazione delle cellule e un’altra sui tempi della chemioterapia. Ma anche uno sulla velocità con cui girano le pale eoliche. A conti fatti, comunque, il test è stato giudicato fattibile «a patto di aver studiato».
LE PROTESTE

In concomitanza con l'inizio dei test tanti gli studenti che si sono mobilitati in diversi atenei per denunciare le conseguenze devastanti del numero chiuso. A Roma, Milano, Padova, Bologna e Torino con presidi e blitz i giovani hanno ribadito la propria contrarietà a un sistema di selezione «discriminante e sbagliato che mette sotto scacco il futuro di un'intera generazione e quello del Paese tutto».
A Milano, gli studenti di Link hanno riassunto su uno striscione esposto all'ingresso del Policlinico i “danni” prodotti dal numero chiuso: «Uno studente non ammesso è un medico in meno domani. In 10 anni mancheranno 10mila medici».
I DISAGI

Tanti i disagi provocati dall’esercito di future matricole che ha invaso le grandi città. Traffico in tilt a Napoli per la concentrazione di oltre 7.800 candidati che ha provocato ingorghi in tutta Fuorigrotta. Scompiglio a Bari, dove sono scesi in campo in tremila per aggiudicarsi uno dei 273 posti disponibili. Momenti di agitazione nel capoluogo pugliese dove è stato consegnato un plico in più contenente le domande dei test. Dopo una telefonata al ministero da parte del rettore dell'Università di Bari, Antonio Uricchio il caso è stato risolto: il plico in più era quello che mancava in un'altra sede. Per cui il ministero ha autorizzato a procedere, scongiurando il rischio che i test d'ingresso saltassero in tutta Italia. A Milano fin dalle prime ore del mattino i ragazzi si sono messi in coda davanti all'ingresso delle quattro sedi delle prove, ma più di un candidato su 10 non si è presentato (hanno sostenuto la prova in 3.359, su un totale di 3.802 domande). A Firenze hanno sostenuto la prova 2.150 candidati sui 2.193 che avevano presentato domanda. Circa ottomila, invece, i candidati a Roma, di cui 5.800 alla Sapienza e 1.917 all’Università di Tor Vergata.
In attesa dei risultati previsti per il 22 aprile per Medicina (il 23 Veterinaria e il 24 Architettura) e delle graduatorie definitive che saranno pubblicate il 12 maggio, i ragazzi pensano a possibili escamotage: università private o corsi di studio all’estero. «Un’alternativa solo per chi può permetterselo - denunciano le associazioni studentesche - perché questa “scappatoia” può costare fino a 50mila euro. Ennesima beffa di un sistema che non funziona».
Laura Mattioli