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Messaggero: Maturità bocciata, il futuro nel “test standardizzato”

Gli esperti: serve una valutazione oggettiva che uniformi l’esame agli altri paesi. La Gelmini pensa all’Invalsi

24/06/2009
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Il Messaggero

di GIULIA ALESSANDRI

ROMA - Maturità carta straccia. Maturità che quando la prendi il diploma lo metti in un cassetto e poi te lo scordi lì, tanto all’università sono poche le facoltà che tengono conto del voto dell’esame e se vuoi entrare devi studiare ancora per tutta l’estate. Maturità terno al lotto, con i professori che ti aiutano con i crediti in entrata e i commissari esterni che se trovi quelli “cattivi” il voto finale diventa una delusione. Esame tutto da rifare, dunque? Forse no. Ma secondo gli esperti la prova finale delle superiori è almeno da “ritoccare”, per far sì che un evento ridotto ormai soprattutto ad un rito collettivo tra colonne sonore, film e scaramanzie diventi invece uno strumento utile ai maturandi che lo affrontano (più serio è, più gratificazione c’è a passarlo) e anche al sistema scolastico (può diventare uno degli strumenti per valutarlo). Dunque i tecnici, pur dividendosi sulle modalità del restyling (tra chi dice sì ai test standardizzati, sulla scia di quelli che si fanno all’estero, e chi preferisce un rinforzo al rigore), confermano: «La maturità, così come è fatta oggi serve a poco». Lo dimostra il fatto che «all’università poi arrivano tanti ragazzi che escono anche con voti buoni ma poi non sanno scrivere in italiano».
La prima ad essere convinta della necessità di un tocco di novità che renda se non più serio almeno «più oggettivo» l’esame è lo stesso ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, che negli scorsi giorni ha annunciato (senza però indicare una tempistica) di voler introdurre anche alle superiori «una prova nazionale sul modello Invalsi, analoga a quella della scuola media». Un test uguale per tutti, come lo sono già il primo e il secondo scritto, ma standardizzato, con prove che vengono preparate all’esterno e corrette in base a griglie di valutazione fornite dall’Istituto di valutazione del sistema scolastico. Quest’anno qualche modifica è già scattata, almeno per motivare i ragazzi: il curriculum scolastico pesa di più, 25 punti invece di 20, mentre si abbassa il valore dell’orale, da 35 a 30 punti. «Ma la modifica è arrivata in corso d’opera e così non ha senso», sottolinea il professor Andrea Ichino, università di Bologna, uno dei tre docenti a cui la stessa Gelmini ha commissionato una proposta per la valutazione del sistema scolastico consegnata a dicembre e rimasta carta morta. «L’esame così come è oggi - continua- non ha senso. Alla Bocconi, ad esempio, gli indicatori usati per l’accesso alle facoltà sono la media dei voti del terzo e quarto anno, non quello di maturità che, dunque, non ha un peso. Nella nostra proposta alla Gelmini abbiamo chiesto di utilizzare prove standardizzate, come si fa in altri paesi, per valutare i ragazzi. Prove che possono essere utili per testare lo stesso sistema scolastico. Se si misura la preparazione in entrata e uscita si riesce a capire anche il valore aggiunto che quella scuola ha rappresentano per quello studente. Peraltro se alle superiori l’esame standardizzato fosse fatto ad aprile, non a fine anno, si potrebbe usare anche per costruire direttamente dei ranking (graduatorie) per accedere all’università, senza dover fare i test di accesso che sono anche molto dispendiosi». Le novità vanno «introdotte subito - continua Ichino - cominciando prima con una sperimentazione per poi andare a regime».
Anche per Giorgio Israel, docente della Sapienza, editorialista e collaboratore del ministero, la maturità ha bisogno di ritocchi. «Ma quel che serve - dice - non sono tanto i test, le valutazioni numeriche che non garantiscono comunque l’oggettività. Spesso siamo troppo esterofili, ma la scuola, va detto, è in crisi ovunque nel mondo occidentale. C’è una mania dei numeri che a volte porta a conclusioni sbagliate. Per ritoccare la maturità, che negli anni si è trasformata in un pasticcio a furia di cambiamenti, bisognerebbe solo tornare ad un sano rigore. Spesso - continua il docente - la promozione non si è negata a nessuno. Dall’anno prossimo si accederà solo con il sei in tutte le materie: un toccasana, così si ridà credibilità al sistema. È più efficace questo dei test». Tra innovazione e tradizione si colloca Piero Lucisano, presidente del corso di laurea in scienze dell’educazione alla Sapienza ed ex pro rettore che dice sì ad una prova nazionale standardizzata, valutata da commissioni esterne («senza improvvisazioni o si rischia di ridurre la preparazione della maturità al superamento di un quiz»), ma che chiede anche di rivedere quelle esistenti. «La maturità italiana oggi è un mix di vorrei ma non posso - spiega Lucisano - un ostacolo così alto che tutti ci passano sotto, bisognerebbe metterlo all’altezza giusta. Le tracce sono così pretenziose, a volte, che alla fine si promuovono tutti perché le sanno fare in pochi. La prova è completa ma così manca di serietà. Anche una commissione tutta esterna cambierebbe le cose e sarebbe momento di verifica per gli stessi docenti». Una buona notizia c’è: «Alla fine - chiude Lucisano - la preparazione dei nostri ragazzi se messa a confronto con quella dei coetanei europei non è poi così drammatica, a dispetto di quanto dicono le classifiche internazionali».