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Messaggero: Prepotenze, vessazioni, abusi, minacce, ricatti. Spesso filmati....

di ANNA MARIA SERSALE

20/11/2006
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Il Messaggero

ROMA - Prepotenze, vessazioni, abusi, minacce, ricatti. Spesso filmati. E la Rete, si è scoperto ora, è invasa da video shock per condividere il piacere della violenza. Una catena inattesa di botte e angherie ci rivela una cruda realtà: molti adolescenti si divertono a umiliare, deridere, sopraffare i compagni, meglio se deboli e indifesi. Due ministri, Mastella e Fioroni, parlano di allarme. «Troppa violenza, c’è uno scadimento dei valori che non bisogna sottovalutare, prima che la situazione precipiti occorre avviare un tavolo di concertazione», afferma il Guardasigilli. «La tolleranza - osserva preoccupato il responsabile della Pubblica istruzione - sempre più viene concepita come sopportazione». A Livorno un gruppetto di ragazzini ha girato filmini porno. A Reggio Calabria quattro adolescenti, tra 14 e 16 anni, hanno violentato una dodicenne. Questi, in ordine di tempo, gli ultimi episodi da far tremare le vene dei polsi. Dopo i fatti avvenuti allo ”Steiner” di Torino - un ragazzo autistico pestato e ripreso con il telefonino - si poi è scoperto il caso di Ancona: da settimane circolavano su Internet le immagini degli abusi su una tredicenne. Intanto Giuseppe Consolo, di An, presenta una proposta di legge per abbassare l’età della punibilità da 14 a 12 anni.
Bulli, ragazzi violenti. E le famiglie? Come reagiscono? Puniscono o proteggono? Educatori e insegnanti dicono che «le famiglie si mostrano indulgenti, mosse da atteggiamenti “perdonisti”, senza autocritica». Proprio ieri i genitori dei ragazzi sospesi per il video shock di Torino hanno protestato contro la punizione comminata ai figli. Dicono che la scuola deve capire. Ma di fronte al dilagare delle violenze il Tribunale di Milano, per il caso della ragazzina tormentata sessualmente per mesi, ha messo sotto sequestro la casa dei genitori. «Non hanno saputo dare ai figli una educazione dei sentimenti», accusano i giudici. Una misura nuova, quella del Tribunale milanese, che piace a Pietro Zocconali, presidente dell’Associazione nazionale dei sociologi: «E’ giusto - dice - che ci sia una ricaduta penale sui genitori dei ragazzi che delinquono. E’ giusto considerare che gli atti illeciti derivino da un difetto di socializzazione, di cui sono in gran parte responsabili i genitori, riferimento essenziale nel processo di interiorizzazione di modelli e regole». D’accordo sulle sanzioni il presidente del Tribunale dei minori di Milano Livia Pomodoro: «Sempre di più l’educazione dei figli è delegata alla scuola, questo è sotto gli occhi di tutti. Quando accadono fatti di tale gravità i genitori devono essere chiamati in causa, è giusta la sanzione nei loro confronti, ma senza ricaduta penale, non servirebbe a nulla, meglio chiedere un risarcimento. Ma va anche detto che la violenza fa parte di una cultura collettiva, su questo occorrerebbe riflettere ».
I genitori, dunque, non sanno educare? «Non si può generalizzare, ma delle volte non sanno assumersi le loro responsabilità - sostiene Gaetano Domenici, ordinario di Pedagogia a Roma Tre - Sono latitanti, indifferenti. In generale c’è lassismo, un modo per defilarsi. Dovrebbero insegnare che non serve la forza bruta, ma quella intellettuale. Però, oltre alle responsabilità delle famiglie e della scuola c’è anche quella più generale della società. Le vessazioni dei deboli avvengono senza che nessuno si opponga. Da qui la meraviglia dei genitori di fronte alla punizione dei figli». Le associazioni dei genitori si difendono: «Non possiamo essere colpevolizzati, non tutto dipende dalla famiglia». Eppure, a chiamare in causa i genitori sono gli stessi insegnanti.
«Cari genitori... in queste condizioni fare lezione è impossibile. Alcuni dei vostri figli non conoscono le norme più elementari di educazione. In classe circolano coltelli e petardi, i pochi ragazzi educati sono indifesi»: ore 15,30 di un martedì qualunque in una scuola del quartiere Trieste, a Roma, la coordinatrice delle docenti parla di fronte alle famiglie di una prima media. Quartiere borghese, famiglie borghesi. Il fenomeno del bullismo è trasversale? «Proprio così», avverte Anna Oliverio Ferraris, docente di Psicologia dell’Età evolutiva alla Sapienza, autrice di un libro che uscirà a gennaio “Piccoli bulli crescono”. «Le famiglie - sottolinea la Oliverio - di fronte al problema della violenza dovrebbero fare autocritica, esaminare i propri comportamenti. A volte si incoraggiano comportamenti violenti, del tipo “devi farti valere”, oppure manca l’educazione ai sentimenti, o ci sono tensioni interne e i ragazzi sono essi stessi vittime o testimoni di violenza».
«Non è possibile minimizzare - osserva Chiara Saraceno, sociologa della Famiglia - Quei genitori mostrano di non essere capaci di trasmettere senso di responsabilità. Tutto passa come “bravata”, ogni volta si rompe una soglia e si va oltre, sembra che tutto sia possibile, si tende a dire “poveri ragazzi, hanno sbagliato”. Invece, stavolta, la scuola ha fatto bene a punire. Però è anche importante che la punizione non sia passiva, ma comprenda il fare qualche cosa di socialmente utile». I rapporti scuola-famiglia sono sempre più difficili e hanno raggiunto livelli di altissima conflittualità. «I genitori sono “perdonisti”, anche le bocciature - sostiene Mario Rusconi, preside a Roma da 22 anni - sono sentite come una punizione e i ricorsi al Tar sono in aumento. Certo, la scuola ha dei problemi, delle colpe, ma non si giustifica il fatto che sia diventata il pungiball delle famiglie, che riversano tutte le loro insoddisfazioni».