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Messaggero: Scuola dell’obbligo a 16 anni, copertura economica a rischio

Scontro sulla Finanziaria che penalizza scuola e università

22/10/2006
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Il Messaggero

di ANNA MARIA SERSALE

ROMA - Scontro sulla Finanziaria che penalizza scuola e università. I due ministri si battono per sventare il rischio tagli, ma Padoa Schioppa, per il momento, non cede. Alla scuola si chiede 1 miliardo e 100 milioni di euro. Mentre Fabio Mussi minaccia le dimissioni, Giuseppe Fioroni per non fare troppi danni alla scuola cerca di “risparmiare” con una serie di manovre: l’aumento del numero degli alunni per classe (0,4%); la cancellazione dal libro paga dell’istruzione degli insegnanti inidonei che verranno trasferiti ad altra amministrazione dello Stato; i corsi di riconversione obbligatori per i docenti “sovrannumerari”; e la rinuncia alle elementari di 8 mila specializzati in lingua inglese, affidando ai maestri (che nel frattempo si sono aggiornati) l’insegnamento della lingua.
Ma c’è un altro capitolo che suscita polemiche, il nuovo obbligo scolastico, che modifica il biennio delle superiori e che prevede percorsi misti tra scuola e formazione professionale, come sistema concreto per combattere la dispersione, un modello che può completare, soprattutto per i più deboli, quello strettamente scolastico, fatto di aule, libri e materie da studiare. Scartata la soluzione dei due sistemi paralleli della Moratti, che aveva reso intercambiabile l’obbligo tra i banchi, con quello, invece, fatto nei centri di formazione professionale per l’avviamento al lavoro, nella Finanziaria prende corpo un’altra ipotesi. All’interno dell’articolo 68 c’è un intero comma dedicato a questo: si parte dall’affermazione che «l’istruzione obbligatoria verrà impartita per almeno dieci anni». Anche l’età dell’accesso al lavoro viene innalzata da 15 a 16 anni. Si dice anche che resta fermo il «regime di gratuità». Poi che le competenze saranno quelle previste «dai curricula dei primi due anni delle superiori» sulla «base di un apposito decreto adotatto dal ministro della Pubblica istruzione». Ma il passaggio cruciale è quello che riguarda la possibilità di concordare con le Regioni «percorsi e progetti, fatta salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche», che devono essere messe in grado di «prevenire e contrastare la dispersione e favorire il successo scolastico e l’assolvimento dell’obbligo». I nuovi percorsi, che si aggiungeranno a quelli esistenti, sarebbero garantiti da «strutture formative che concorrono alla realizzazione dei predetti percorsi», strutture inserite in un «apposito elenco» del ministero, redatto sulla «base di criteri predefiniti, con decreto del ministro, sentita la Conferenza Stato-Regioni».
Un’ipotesi sofferta, però, dal momento che divide sia i sindacati che il mondo degli esperti. «Eppoi c’è il problema dei fondi, torniamo al nodo della Finanziaria che bastona la scuola - sostiene Massimo di Menna, segretario nazionale della Uil scuola -. Finora sull’innalzamento dell’obbligo non sono stati fatti i calcoli di spesa. Come può decollare l’anno prossimo se la manovra in atto non stanzia fondi? Alzare l’asticella dell’età non basta. La partita è grossa: sono almeno 150 mila i ragazzi che potrebbero rientrare nel nuovo circuito formativo». «Sull’innalzamento siamo tutti d’accordo - sostiene Enrico Panini, segretario nazionale della Flc-Cgil - però non va bene la soluzione individuata, si pensa a forme miste - istruzione-formazione professionale - senza avere messo la scuola nella condizione di assicurarer l’obbligo come dovrebbe». E Francesco Scrima, Cisl: «Non mi piace che una riforma ordinamentale non venga discussa dal Parlamento ma passi dentro la Fianziaria». Critiche anche dalle associazioni professionali dei docenti, il Cidi, Coordinamento dei docenti democratici, e la Fnism, la Federazione nazionale degli insegnanti medi.
Nonostante gli sforzi, dunque, la Finanziaria è sempre di più la legge della discordia. Verdi, una parte dei Ds e Rifondazione comunista non mandano giù la politica dei tagli. Dicono che «non era questo il programma dell’Unione». Scontenti anche i sindacati «pronti allo sciopero se non si cambierà rotta». Ma il ministro Fioroni scende in campo: «Chi parla di tagli alla scuola sta bluffando. Questo è un processo di razionalizzazione. Considerare un taglio il fatto che, dopo 20 anni, agli insegnanti non di ruolo e alle cattedre soprannumerarie sarà data la certezza del lavoro, e non la prospettiva di licenziamento al 31 dicembre 2007 come prevedeva il governo Berlusconi. Con l'attuale Finanziaria siamo in presenza della più grande sistemazione di docenti precari nella scuola (150 mila unità e altri 20 mila di personale non docente)».


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