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Messaggero: «Su scuola e salute la devolution crea solo ingiustizie»

Il ministro Fioroni: cambiando la seconda parte della Costituzione rischiano i diritti garantiti dalla prima

25/06/2006
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Il Messaggero

di FEDERICA RE DAVID

ROMA - Ministro Fioroni, quali rischi corre la scuola, se passa la devolution?
«Nella Costituzione due diritti sono esplicati in maniera inequivocabile, garantiti al cittadino: istruzione e salute. A prescindere da dove è nato e da quanti soldi ha in tasca. Con la riforma, questa certezza non ci sarebbe più».
Perché?
«Dietro lo slogan che la devolution servirebbe al cittadino per scegliersi la scuola o l'ospedale che vuole, la realtà è che sarebbe costretto ad andare soltanto in quelli che potrà permettersi. Il principio dell’universalità del diritto sarebbe ridotto a una sua geografizzazione».
E i ministeri resterebbero senza strumenti per evitarlo?
«Avremmo venti sistemi scolastici regionali e venti sistemi sanitari, venti organizzazioni diverse figlie delle risorse che le regioni potranno destinare loro. E realtà piccole come Liguria, Umbria, Marche, Molise, Basilicata, non avranno risorse autonome per garantire standard appropriati».
Non si potrà supplire rimodulando la tassazione locale?
«Non si può far pagare ai cittadini del Molise l’aria che respirano, per garantire loro la scuola o la salute».
Ma la carta costituzionale, nella prima parte che resterà comunque invariata, continua a garantire quei diritti.
«Basta la modifica della seconda parte, a mettere in discussione l’universalità del diritto. Agendo sulle modalità organizzative si provocano diseguaglianze gravi».
Anche fra Nord e Sud?
«Il Meridione soffre di un gap notevole, non solo sul piano tecnologico. Penso ad esempio alla presenza di scuole dell’infanzia o alla messa a norma di sicurezza degli edifici scolastici. Uniformare lo standard diventerebbe impossibile, senza risorse aggiuntive, espressioni di un fondo di solidarietà nazionale».
Non sarà sufficiente il sistema di perequazione?
«Quello di oggi è un meccanismo universale e solidaristico, nel quale ognuno di noi, in base a quello che ha, non paga i propri ospedali o le proprie scuole, ma concorre ad assicurarli a tutti. E a garantirlo è lo Stato. Il fondo di perequazione è più simile a una visione caritatevole, come nella parabola del Ricco Epulone: lui mangiava, e delle sue briciole si nutriva Lazzaro. Alle regioni più povere resterebbero gli avanzi, carità pelosa».
I fautori della devolution dicono che farà risparmiare.
«Leggo che il costo complessivo per sanità, istruzione e polizia locale, sarebbe fra i 250 e i 270 miliardi di euro: è una cifra che fa tremare i polsi. Un Paese che è stato portato nel baratro dei conti pubblici, come può pensare di utilizzare queste risorse solo per moltiplicare gli assetti organizzativi, anziché per garantire il servizio? Sono preoccupato per i precari, per la sicurezza degli edifici scolastici, per la formazione».
Insomma, la scuola come paradigma di un’Italia esasperatamente federalista?
«Come ha detto giustamente Draghi, chi agisce sulla leva dell’istruzione, agisce direttamente sulla composizione sociale ed economica del Paese. L’istruzione è uno dei fattori essenziali di coesione sociale e di sviluppo: creare un’Italia a due velocità in questo campo, corrisponderebbe a dare un colpo di grazia alla coesione sociale, all’innovazione, allo sviluppo economico».