Messaggero: «Un miliardo e mezzo per rinnovare l’istruzione»
Il Ministero stima il fabbisogno economico per il 2010. Gelmini: «Ma la spesa va razionalizzata»
di ANNA MARIA SERSALE
ROMA - «Nella scuola e nell’università mai più soldi a pioggia, occorrono concorsi trasparenti, merito, riforma del reclutamento e carriere», dopo gli annunci il ministro Mariastella Gelmini dà il via alla sua riforma. Siamo in fondo alle classifiche internazionali e tutti gli indicatori sono negativi. «Senza innovazione il Paese perde competitività, perciò non c’è tempo da perdere», ribadisce il ministro. In Italia negli ultimi venticinque anni è cambiato poco mentre negli Stati Uniti e in molti Paesi del Nord Europa ci sono state almeno tre rivoluzioni tecnologiche. Per questo la Gelmini accelera sulle riforme. Il cambiamento parte a settembre. Alle elementari (primo e secondo anno) arrivano il maestro unico e gli orari flessibili, scelti dalle famiglie. «Il team con più maestri è stato un errore - ha detto la Gelmini - per i bambini è necessaria una figura di riferimento, saranno molti i vantaggi pedagogici. Mentre con i nuovi orari si rafforza l’autonomia scolastica».
All’università, invece, arriva il ”bollino blu”: «Una parte degli stanziamenti sarà legata ai risultati - ha sottolineato la Gelmini - Gli atenei se vorranno avere più soldi dovranno essere virtuosi. Occorre risanare la spesa, basta conti in rosso e moltiplicazione di cattedre e lauree. I corsi inutili dovranno essere tagliati. Nell’anno accademico che sta per iniziare il 7% del Fondo di Finanziamento ordinario, pari a 500 milioni di euro, verrà distribuito secondo criteri meritocratici. Ma ho intenzione di innalzare questa quota al 20-30%, per spingere l’università verso pratiche più virtuose». Ma ci vogliono soldi per dare copertura alle promesse fatte dal governo. Il ministero dell’Istruzione ha fatto i conti e ha stimato che il fabbisogno economico, complessivamente per il 2010, è di 1 miliardo e mezzo di euro, spicciolo più, spicciolo meno (815 milioni di euro per l’università e 689 milioni di euro per la scuola). Dei fondi destinati all’università 160 milioni andranno per il «reclutamento dei giovani ricercatori» e 100 per l’edilizia. Di quelli destinati alla scuola, invece, 25 serviranno alla «costituzione di un fondo per valorizzare il merito» nei licei. Ma i soldi ci sono? La Gelmini non ha i cordoni della borsa e la risposta dovrà darla il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Nell’attesa stanno tutti con il fiato sospeso, a cominciare dal titolare dell’Istruzione per finire ai rettori delle università e ai presidi di scuola. Il miliardo e mezzo è stato calcolato dai tecnici del Miur sulla base degli «impegni» presi dalla Gelmini e sottoscritti dal governo.
«Ci sono delle priorità non più rinviabili», ha detto la Gelmini a Berlusconi e Tremonti. Quali? «Scuola, università e ricerca dovranno essere qualitativamente rigorose», è da lì che parte il piano della Gelmini che nel Documento di programmazione finanziaria depositato a fine luglio elenca i mali ma anche i rimedi che intende adottare. «Il sistema universitario del nostro Paese risente di una situazione di arretratezza», inizia così la relazione della Gelmini. Poi prosegue: «Le principali criticità del sistema riguardano in particolare gli esiti dei processi formativi». Poi il ministro snocciola i dati Ocse, anche quelli che evidenziano la scarsità dei finanziamenti italiani: all’istruzione universitaria destiniamo appena lo 0,8 % del Pil, contro una media dell’1,3. Il rapporto studenti-docenti da noi è di 21,4 contro il 15,8 all’estero L’entità della spesa annua per studente per la formazione è di 6.900 euro, contro i 9.600 dei nostri partners. Drammatiche le cifre quando si tocca il tasto dell’internazionalizzazione degli atenei e dei laboratori di ricerca: nelle nostre università solo il 2,1% degli studenti è straniero, contro il 6,5% dei Paesi europei. La situazione peggiora nella ricerca: solo il 4,3% è straniero, la media fuori è del 14,5%!. E si ammette che nella ricerca «la sistematica riduzione dei fondi attuata negli Anni ’90 non ha visto il sistema privato sostituirsi allo Stato». Tra gli obiettivi quelli di «aumentare il numero dei laureati, in particolare nelle discipline tecnico-scientifiche», razionalizzare l’offerta formativa e svecchiare il corpo docente. Quanto alla ricerca, si «dovrà concentrare sui settori-chiave dell’economia».