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Messaggero: Una buona notizia: l’approvazione della riforma dell’esame di maturità

segna una inversione di tendenza che salutiamo con piacere

20/12/2006
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Il Messaggero

di PAOLO POMBENI
QUESTA è davvero una buona notizia: l’approvazione della riforma dell’esame di maturità segna una inversione di tendenza che salutiamo con piacere. Non che ci attendiamo miracoli, perché siamo perfettamente consapevoli che i problemi della scuola italiana non si possono risolvere con un solo provvedimento per non dire con colpi di bacchetta magica. Però era essenziale dare un segnale e va a merito del ministro Fioroni l’averlo dato.
La scuola italiana soffre principalmente di una perdita di identità, di una mancanza di autostima e di fiducia in se stessa. Senza recuperare su questo terreno non si può sperare in alcuna rinascita.
Ora proprio la continua mancanza di valutazioni dall’esterno, l’aver abolito il principio che tutti devono rendere conto del proprio lavoro, insegnanti o alunni, è ciò che aveva alla fine demotivato quasi tutti. E c’era di peggio. Con il fatto che praticamente non si rispondeva più di nulla, erano spariti anche gli obblighi rispetto ai programmi; ciascuno poteva insegnare più o meno quel che voleva, tanto non ci sarebbe stata occasione per portare alla luce vuoti e carenze di preparazione.
Ancora una volta: non siamo qui a vendere illusioni, dunque possiamo benissimo immaginare che anche con le commissioni esterne avremo casi di lassismo, o più banalmente casi in cui il quieto vivere spingerà a lasciar correre, ad arrendersi. Del resto si capisce che in molte situazioni ci si potrà trovare in imbarazzo: se un commissario esterno trova una classe impreparata per colpa di un cattivo insegnante, non può certo far pagare pesantemente questa inefficienza ai ragazzi. Son cose che accadono spesso e lo sappiamo bene.
Tuttavia è al sistema in generale che bisogna guardare: i principi della valutazione finale, della preparazione ad affrontare e superare prove impegnative, sono valori importanti che la scuola deve insegnare. Ci rendiamo conto che in un mondo sempre più inserito in una competizione globale, con trasformazioni epocali in corso, abbiamo bisogno di preparare le nuove generazioni a queste sfide, e dar loro modo di capire che senza impegno non si va da nessuna parte. Tornare a marcare simbolicamente la conclusione del ciclo di studi secondari con un ragionevole “rito di passaggio” che chiuda l’epoca della scuola come parcheggio irresponsabile, era una riforma attesa. Ora l’abbiamo e starà alla scuola, alle famiglie e alla società trarne i buoni frutti possibili, evitando di annegarla nel solito gattopardismo, che si mangia le novità riportandole semplicemente a varianti inutili di quel che c’era prima. Speriamo che questa volta abbiamo tutti imparato la lezione.