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Modello aziendalista addio, è ora di cambiare

Da troppo tempo l’accesso all’insegnamento è precluso a chi ha tutti i titoli. Ma niente tuffi nel passato: oggi servono profili professionali più adeguati

21/12/2011
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l'Unità

Benedetto Vertecchi - Docente di Pedagogia di RomaTre

L’annuncio che presto sarà bandito un concorso per il reclutamento degli insegnanti non può che essere interpretato che come un segnale della gravità della crisi nella quale si dibatte il nostro sistema scolastico. Dopo anni di politica per il personale consistita solo in tagli, si prende atto dei guasti che in tal modo si sono operati e si corre ai ripari. Certamente c’è bisogno di procedere a un nuovo reclutamento, sia per ricostituire una condizione di funzionalità educativa oggi gravemente compromessa, sia per far fronte alla sostituzione degli insegnanti che saranno collocati a riposo, anche se con qualche ritardo rispetto a quanto si poteva ipotizzare prima delle modifiche recentemente proposte nella disciplina del pensionamento. Da troppi anni l’accesso all’insegnamento è precluso a quanti, pur avendo titolo a svolgere tale attività, si trovano respinti ai margini del lavoro nelle scuole per effetto di una riorganizzazione dell’attività didattica fondamentalmente rivolta a contenere i costi del personale. In questi anni il problema degli insegnanti è stato, per il governo, soprattutto una questione di riduzione degli organici. A tale riduzione ha corrisposto un’analoga riduzione del servizio prestato, in termini sia di contenuti (è diminuito l’orario di funzionamento delle scuole), sia dei modi in cui l’educazione è organizzata e praticata, con gruppi di allievi sempre più numerosi e con una progressiva attenuazione dell’attenzione posta al soddisfacimento di specifiche esigenze (ad esempio degli allievi con problemi di sviluppo mentale o difficoltà di socializzazione). La gestione del personale da parte dei governi di destra si è ispirata a un modello di educazione scolastica fondato su una nozione competitiva del merito, la cosiddetta meritocrazia. Ma si è trattato solo di una copertura ideologica. Gli interventi che hanno interessato gli ordinamenti sono stati, infatti, del tutto scoordinati, volti com’erano a conseguire un’astratta efficienza di sistema. È invece mancata una visione di sistema specificamente interpretata in chiave educativa. Alla gestione della scuola è stato malamente adattato un modello saturo di suggestioni aziendaliste, orientato ai tempi brevi e insensibile alle esigenze di un progetto di intervento, com’è necessariamente quello educativo, orientato al tempo lungo. Gli insegnanti sono stati spinti all’inseguimento di obiettivi da verificare rapidamente, senza che siano stati presi in considerazione i problemi posti dalla necessità di trasformare profili che dipendono dalla scuola quanto dalle interazioni culturali che si stabiliscono sul piano sociale. Sarebbe stato necessario approfondire, anche sul piano comparativo, i mutamenti in atto nella domanda di educazione scolastica: ciò avrebbe richiesto investimenti per la ricerca e per la formazione professionale degli insegnanti, ma avrebbe consentito di rivolgere il sistema al conseguimento di quella qualità educativa che oggi sembra tanto difficile conseguire. Ci troviamo ora di fronte ad un reclutamento per concorso che appare un tuffo nel passato, perché per troppi versi non può che richiamare profili professionali che apparivano inadeguati già in occasione della precedente tornata. È vero che nel frattempo molti aspiranti all’insegnamento hanno seguito nuovi percorsi di studio, ma è anche vero che preme ancora alle porte della scuola un gran numero d’insegnanti la cui preparazione (spesso culturalmente di buon livello) era avvenuta secondo le precedenti regole. Il fatto è che non si può separare la questione degli insegnanti da quella più generale della direzione che s’intende imprimere allo sviluppo del sistema. Oggi gli elementi d’incertezza riguardano questioni centrali, come la durata dell’istruzione obbligatoria o la distinzione al suo interno – ammesso che abbia ancora un senso – tra livello primario e secondario. E riguarda la stessa interpretazione della funzione educativa, a cominciare dall’idea di utilità, individuale e sociale, a essa sottostante. Si dovrebbe, quanto meno, nel procedere al reclutamento di nuovo personale, avviare iniziative per promuovere, dopo anni d’ignavia, l’elaborazione di una nuova cultura per l’educazione. ❖