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Nascondere o recuperare i ripetenti Il dilemma dei sistemi educativi

In Italia c’è un bocciato ogni otto studenti, tra i più poveri uno su cinque

24/09/2014
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Corriere della sera

di Eraldo Affinati

Eraldo Affinati 

I ripetenti hanno sempre fatto notizia, anche se la loro presenza, nelle aule di tutto il mondo, non è nuova. Diciamo la verità: senza Pinocchio che scuola sarebbe? Sono proprio loro, i ragazzi terribili, indisciplinati e ribelli, gli Antoine Doinel (indimenticabile protagonista dei «Quattrocento colpi» di François Truffaut), a spezzare la finzione pedagogica. Quelli che rovesciano i banchi ti segnano forse più degli scolari diligenti e compiti, non foss’altro perché alzano l’asticella del salto che tu, come educatore, sei chiamato a compiere. Così oggi, scorrendo gli ultimi dati del più recente rapporto Ocse Pisa in Focus che riguarda i nostri Franti, verrebbe voglia di dire a chi ha scritto queste statistiche: noi insegnanti lo sapevamo già. Che uno su otto studenti quindicenni, in media europea, abbia alle spalle almeno una bocciatura, lo davamo per scontato. Avevamo messo in conto ciò che voi oggi confermate: fra gli alunni cosiddetti svantaggiati la percentuale dei ripetenti è più alta (uno su cinque, leggiamo). Sapevamo persino che lo scolaro al quale è capitato di inciampare una volta, rischia più di chi è stato sempre promosso. Infatti quando entra in aula i compagni lo guardano come se fosse un reietto, con un misto di ripulsa, disgusto, invidia e soggezione. Lui sa trasformare questo giudizio nella medaglia del campione adolescente. Ecco perché, immaginiamo, insegnare a Bogotà, capitale dei ripetenti, visto che in Colombia bocciano quaranta ragazzi su cento (solo a Macao ne steccano di più), sarà dura, ma forse più divertente che in Malaysia, dove pare siano tutti promossi.

Se sapessimo dove trascorrono i pomeriggi i nostri ragazzi, se conoscessimo le loro famiglie sarebbe tutto molto più facile

Qualsiasi professore conosce la strada maestra da percorrere, indicata a chiare lettere nel documento appena diffuso: un’azione mirata individuale sortisce quasi sempre effetti positivi. E’ chiaro: se potessimo conoscere dove trascorre i pomeriggi il nostro Romoletto, chi sono suo padre e sua madre, in quale modo vive, sarebbe molto più facile per noi aiutarlo a rialzarsi dal pantano in cui è caduto. Ma come si fa a realizzare questo obiettivo didattico in classi pollaio, alle prese con casi uno diverso dall’altro, fra alunni Bes, L2, eccellenze, certificati e iperattivi? I riepiloghi grafici compresi nel Programma per la valutazione internazionale degli studenti ci colpiscono semmai in un’altra prospettiva: scorrendo gli elenchi scopriamo che in Giappone e Norvegia non esistono ripetenti. Forse perché in queste nazioni i quindicenni sono più bravi? No di certo. Diciamo piuttosto che in quei Paesi si è deciso di non bocciare nessuno. Noi italiani, con il nostro diciassette per cento di zucconi, tutto sommato siamo in mezzo al gruppo. In Belgio, Francia, Germania, Spagna e Portogallo, considerando il numero dei negligenti, i docenti sembrano essere molto più severi. E nel Regno Unito, dove i ripetenti sono quasi scomparsi, cosa vuol dire? Tutto dipende da come le politiche dell’istruzione hanno deciso di affrontare il problema degli scolari difficili: evidenziarli, nasconderli o recuperarli.