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“Noi, che abbiamo fatto la storia con uno stipendio di 1.200 euro”

Tra i ricercatori italiani che hanno permesso la scoperta

09/10/2013
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la Repubblica

Elena Dusi

DAL NOSTRO INVIATO
GINEVRA
— Giovani, italiani, bravissimi. E precari. Ma non importa, almeno per un giorno, perché ieri ognuno aveva un bicchiere di champagne e un motivo per gioire. I circa 200 ragazzi italiani che lavorano al Cern ieri erano in buona parte a Ginevra a festeggiare un Nobel che parla molto di loro. Con 1200 euro netti al mese più un parziale rimborso spese, un orario di lavoro senza paletti e nessuna reale prospettiva per il futuro (almeno in Italia), i ragazzi del bosone di Higgs sono qui perché sanno che la scienza dà emozioni come queste. «I nostri esperimenti si basano sul lavoro di centinaia di giovani appassionati» ripete Fabiola Gianotti quando riceve i complimenti per i successi del suo rivelatore Atlas. E non esagera. «Un terzo delle circa mille persone che lavorano al nostro rivelatore sono dottorandi » aggiunge Paolo Giubellino, coordinatore dell’esperimento Alice, uno dei cinque occhi accesi sulle collisioni fra particelle che avvengono dentro all’acceleratore Lhc. «La scoperta del bosone di Higgs è avvenuta grazie a ricercatori con un’età media di 26 anni» ha ricordato al culmine dei festeggiamenti Sergio Bertolucci, altro scienziato italiano che
come direttore della ricerca ha raggiunto un ruolo di primo piano nel Consiglio europeo per la ricerca nucleare.
I ricercatori italiani al Cern sono circa 1.600 su 10 mila, li coordina l’Istituto nazionale di fisica nucleare presieduto da Fernando Ferroni: «Un dottorando guadagna intorno ai 1200 euro. Un post-doc arriva a 1500-1700 netti. Poi esistono borse di studio speciali che permettono di portarsi dietro la famiglia. Raggiungono i 4-5mila euro e durano uno o due anni. A quel punto i nostri ragazzi emigrano all’estero perché sono bravissimi e in Italia non trovano sbocchi». Un delitto che viene perpetrato ogni giorno. «Stati Uniti, Francia, Germania, Danimarca. Ma anche Cina, Sudafrica, Brasile»: Giubellino elenca i paesi dove lavorano oggi i giovani italiani che si sono formati in Alice. «I compiti che devono svolgere questi ragazzi sono tutt’altro che banali. Se sono in gamba, ricevono
responsabilità anche rilevanti e portano avanti un filone di ricerca in modo autonomo». Oggi tre dei cinque esperimenti di Lhc sono guidati da italiani (oltre a Giubellino, Pierluigi Campana e Simone Giani). Atlas è stato guidato da Fabiola Gianotti fino all’anno scorso, e proprio alla scienziata di ferro che ha studiato a Milano è stato affidato il compito, il 4 luglio del 2012, di annunciare la scoperta del bosone di Higgs (con Peter Higgs che faticava a trattenere le lacrime). A coordinare il rivelatore Cms è stato Guido Tonelli fino al 2011. Dal 2014 sulla plancia di comando salirà un altro italiano, Tiziano Camporesi. Lavorando gomito a gomito con i giovani, e in un ambiente strettamente meritocratico come il Cern («qui sono i risultati degli esperimenti a decidere chi ha ragione, non la gerarchia delle persone» ripete Bertolucci), è naturale che le barriere fra generali e soldati semplici tendano a smaterializzarsi. «Per
mezz’ora abbiamo brindato e ci siamo fatti le foto con una medaglia Nobel di cioccolato» ha raccontato ieri Tonelli subito dopo l’esplosione di gioia del “building 40”, l’edificio al centro del Cern in cui lavorano gli alleati- rivali di Atlas e Cms. «I ricercatori italiani si sono fatti onore in questi esperimenti. I governi dovrebbero tenerne conto». La ricerca del bosone di Higgs, tra l’altro, ha a monte le decisioni di due direttori generali del Cern italiani: Carlo Rubbia e Luciano Maiani. Nelle attività del Centro il nostro paese investe circa 100 milioni di euro all’anno (il 12% del budget del Cern), con 60-80 milioni di commesse che tornano alle industrie italiane. «Qualcuno ha paragonato la scoperta di oggi a quella del Dna. Non è sbagliato. Entrambe riguardano elementi che stanno alla base della nostra esistenza» ha commentato il direttore generale del Cern Rolf Heuer. A indirizzare Fabiola Gianotti verso una carriera da fisica in fondo fu la scoperta di due nuove particelle da parte di Carlo Rubbia, qui a Ginevra, che gli valsero il Nobel nel’84. «Ci auguriamo che il fascino della scienza oggi abbia contagiato anche altri giovani ricercatori del futuro», ha detto Heuer, raggiante. Anche se per tanti di loro, italiani, ci sarà il rischio di restare dei bravissimi precari.