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Nuova Sardegna-"L'odissea degli eterni insegnanti precari messi da parte quasi come oggetti inutili"

LA LETTERA "L'odissea degli eterni insegnanti precari messi da parte quasi come oggetti inutili" ...

07/08/2003
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Nuova Sardegna

LA LETTERA
"L'odissea degli eterni insegnanti precari messi da parte quasi come oggetti inutili"


Assistiamo al cambiamento continuo delle regole della partita mentre la gara è in corso: cambiano le maggioranze di governo e vengono stravolte le regole del gioco; si gioca con la vita dei cittadini dei quali si mette in discussione il futuro determinando incertezza e precarietà nel lavoro.
È quanto sta avvenendo nella scuola dove attraverso una serie di provvedimenti normativi dettati da una logica incomprensibile sotto il profilo dell'etica giuridica e non solo si sceglie chi deve lavorare al posto di chi senza tenere conto dei diritti e delle aspettative maturate dai soggetti coinvolti.
La logica del risparmio prevale su ogni altra di ordine didattico, psicologico che rivestono determinante importanza nel settore della formazione dei fanciulli prima, bambini e adolescenti, poi.
Non si tiene conto del fatto che la didattica è per metà scienza e per metà arte e che insegnante professionalmente valido è colui il quale oltre a possedere gli strumenti tecnici, ha un bagaglio di esperienza in classe dove ha vissuto e risolto, insieme ai suoi allievi, situazioni diverse e più o meno difficili. Si può essere esperti nella costruzione di unità didattiche e mappe concettuali essere a conoscenza dei limiti e dei vantaggi didattici dell'una e dell'altra; aver imparato cosa si intende per scaffolding o long life learning ma tutto questo non basta come non bastano circa 4 mesi di tirocinio per essere considerati esperti insegnanti preferiti a coloro che in possesso delle medesime abilità tecniche hanno maturato un'esperienza ultradecennale.
E i diritti acquisiti? Nessuna considerazione per anni di onesto e onorato servizio; nessuna attenzione all'investimento che centinaia di migliaia di cittadini diplomati e laureati hanno fatto sull'attesa di trovare occupazione stabile nel mondo dell'istruzione operando scelte di vita che adesso vedono infrangersi su una serie di provvedimenti estemporanei che li penalizzano a vantaggio di questa o quella categoria che maggiore pressione riesce a fare sulla maggioranza politica di turno.
Siamo ancora una democrazia sostanziale? Questa lettera (che spero sia pubblicata) potrebbe assicurare solo una partecipazione formale alla vita democratica del nostro Paese, ma sarebbero provvedimenti normativi riparatori e ispettosi dei diritti di chi è arrivato prima e si trova, superati i quarant'anni, nella condizione di disoccupazione strutturale che assicurerebbero la democrazia sostanziale, quella dei fatti e non della propaganda di cui abbondantemente facciamo le spese negli ultimi tempi.
Siamo 400mila i precari della scuola e oltre 100mila quelli storici cioè coloro che insegnano da anni, siamo una massa che può determinare consenso politico largo e diffuso? Bene dividiamoli mettiamoli gli uni contro gli altri e indeboliamoli! Ecco quindi provvedimenti come l'accorpamento della terza e quarta fascia delle graduatorie permanenti e la competizione tra docenti abilitati nei concorsi ordinario e riservati e specializzati s.s.i.s., neo laureati che dopo aver frequentato due anni di corso di specializzazione a pagamento e foraggiato le università in difficoltà di iscritti e di risorse finanziarie ottengono pari opportunità rispetto a chi, specializzato per canali diversi, e con un bagaglio di esperienza superiore si ritrovano disoccupati. Anche perché contemporaneamente si tagliano le cattedre e i posti di insegnamento con la finanziaria 2003, prevedendo ulteriori e più corposi tagli nei prossimi due anni.
E come se non bastasse si provvede, in tempi di sbandierata crisi e difficoltà nel reperimento delle risorse finanziarie pubbliche, all'assunzione a tempo indeterminato di 21mila insegnanti di religione cattolica che di fatto godono già dello status riconosciuto agli insegnanti c.d di ruolo posto che non vengono, di fatto, mai licenziati e hanno visto riconosciuto il loro diritto alla ricostruzione della carriera con benefici economici non indifferenti e parificati, nello stipendio, ai colleghi a tempo indeterminato. E allora perché gli IRC si, e i precari di discipline di cultura no?
La risposta alla domanda è semplice e chiara: la mobilità. Un insegnante di religione cattolica che dovesse trovarsi nella condizione di esubero o che non dovesse più godere del placet della Curia può scegliere di insegnare altro purchè provvisto di titolo idoneo: attenzione! Non abilitazione ma titolo.
E il concorso? Niente contenuti, solo didattica e ordinamento scolastico a fronte di un concorso ordinario altamente selettivo e di un concorso abilitante dove oltre alla didattica erano previsti anche i contenuti disciplinari. E la Costituzione? E il principio di uguaglianza? E pari opportunità all'accesso al lavoro? E efficienza e imparzialità della Pubblica amministrazione?
Antonina Caradonna presidente dell'Associazione insegnanti precari (Aip) provincia di Oristano