Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » «Per gli insegnanti la formazione è un diritto ma anche un dovere»

«Per gli insegnanti la formazione è un diritto ma anche un dovere»

Amanda Ferrario, preside dell'Istituto tecnico economico “ Tosi” di Busto Arsizio (in provincia di Varese), intervenuta venerdì al Radio Day #lascuolaimpossibile? andato in onda su Radio24

27/04/2020
Decrease text size Increase text size
Il Sole 24 Ore

Maria Piera Ceci

Attese a breve le indicazioni sul fine anno scolastico e sulla maturità. Si attendono anche proposte dalla Comitato di esperti istituito presso il ministero dell'Istruzione. Ne fa parte anche Amanda Ferrario, preside dell'Istituto tecnico economico “ Tosi” di Busto Arsizio (in provincia di Varese), intervenuta venerdì al Radio Day #lascuolaimpossibile? andato in onda su Radio24.

« Troppo presto per dire come sarà la scuola alla riapertura a settembre. Al momento abbiamo fatto solo un primo giro di tavolo. C'è tantissimo da fare e bisogna cominciare dalla valorizzazione delle buone pratiche. Da preside le dico che siamo abituati a cogliere il positivo che c'è. L'idea è quella di una scuola nuova come concezione, una scuola che si interrogherà molto sull'emergenza, qualsiasi emergenza, pensiamo al terremoto, al crollo del Ponte Morandi. Ci portiamo a casa l'idea di dover essere pronti e formati per fronteggiare qualsiasi emergenza».

La ministra Azzolina promette tempi rapidi nelle risposte che dovranno arrivare dal Comitato di esperti. Impossibile un assaggio di scuola in aula entro giugno, magari per la maturità orale in presenza?
«Non dipende dal Comitato perché competenza della Salute. Però siamo alla fine della scuola. Manca solo un mese. credo non ci siano le condizioni».

Perché non rinunciare ad una parte di vacanze estive per far recuperare un po' di tempo-studio ai ragazzi? Anche se molti insegnanti impegnati nella didattica a distanza non sono di certo stati in vacanza in queste settimane.
«Veniamo tutti da un periodo molto complicato, di lavoro duro fatto a casa, sia dagli studenti che dagli insegnanti. Hanno lavorato tanto e credo che ci sia bisogno di un po' di respiro nei mesi estivi. Se sovraccarichiamo l'estate, nei mesi più caldi, in cui i ragazzi hanno bisogno di fare un giro all'aperto, arriveremmo tutti troppo stanchi alla fine dell'estate per ricominciare in maniera seria. Poi non parlerei di recupero, perché in realtà la scuola è continuata, pur in maniera diversa da scuola a scuola. Tutti hanno fatto quello che potevano fare».

Come la immagina la sua scuola di Busto Arsizio a settembre?
«La mia scuola è complicata, perché ci sono 2.500 persone che si muovono tutti i giorni, fra studenti, insegnanti, personale ausiliario, fornitori. Non sarà facile. Aspettiamo le direttive nazionali per organizzare il servizio. Dovremo fare conto comunque sul concetto di corresponsabilità: docenti, studenti e genitori dovranno essere ben informati su come si vive in una nuova comunità. Sarà necessario molto buon senso. Dovremo stare tutti più attenti agli altri, evitare le cose a cui siamo abituati: la stretta di mano, le pacche sulle spalle. Sicuramente il distanziamento sociale per un po' sarà necessario».

Ma lei ce l'ha a Busto Arsizio gli spazi per garantire il distanziamento sociale ai suoi studenti, per farli stare distanti l'uno dall'altro almeno un metro?
«No, come credo tante scuole in Italia, perché avendo una media di 27 studenti per classe lo spazio vitale è quello che è: su questo bisognerà riflettere molto».

A scuola da settembre a piccoli gruppi? Sicuramente con una didattica a distanza che diventerà consuetudine, nonostante l'iniziale protesta dei sindacati per i quali la materia non era stata oggetto di trattativa. Mossa a cui un gruppo di dirigenti scolastici aveva risposto con un documento durissimo dal titolo “Lasciateci lavorare”, che portava anche la sua firma. Le istanze dei sindacati vanno comunque ascoltate.
«Credo che in tutti i campi si debba sempre costruire. Se ci mettiamo a discutere e a fare la guerra fra di noi nel momento in cui c'è un'emergenza, non portiamo a casa il risultato per nessuno. Credo che con i sindacati si debba assolutamente dialogare, soprattutto sulla qualità del lavoro, sulla sicurezza sui luoghi di lavoro e sul carico di lavoro degli insegnanti, però la didattica a distanza è parte del nostro lavoro di insegnanti, docenti e dirigenti scolastici, quindi era giusto e sacrosanto farla in quel momento. Credo sia poi tutto rientrato perché gli insegnanti si sono messi a lavorare in tutta Italia con grande energia, pur nelle condizioni in cui si trovavano».

E quegli insegnanti che non la fanno, perché sostengono di non essere stati formati?
«E' come se un medico si rifiutasse di curare il Covid -19 perché non era stato formato per farlo. Nel contratto collettivo c'è scritto che fra le competenze degli insegnanti ci sono anche quelle di innovazione metodologica e tecnologhe. Quindi un insegnante è tenuto a formarsi. La formazione è già un diritto-dovere degli insegnanti e fa parte di una legge approvata nel 2015. Quindi non solo abbiamo il diritto alla formazione, ma anche il dovere. Aggiungo che in un Dpcm di aprile la didattica a distanza è stata dichiarata un dovere, quindi questi insegnanti dovrebbero interrogarsi sul loro ruolo. Credo che siano pochi, ma credo che compito di un insegnante sia anche quello di essere preparato ad affrontare anche l'emergenza. Non è ricevibile dire che non si è stati formati e che quindi non si fa, non è etico».