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Per rilanciare l’istruzione tutti in classe fino a 18 anni

Il prolungamento è già in vigore in Belgio, Portogallo, Paesi Bassi e alcuni Länder della Germania

24/03/2021
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Corriere della sera

di Ricardo Franco Levi

«Facciamo tutto il necessario per promuovere al meglio il capitale umano, la formazione, la scuola, l’università e a cultura?». Si era posto questa domanda il presidente del Consiglio Mario Draghi nel chiedere, lo scorso 17 febbraio, la fiducia al Parlamento.

Un mese dopo, i 300 milioni stanziati a favore degli istituti scolastici per gestire l’emergenza e gli ulteriori fondi a favore delle università e delle scuole di alta formazione hanno consentito al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi di affermare che «il governo, dentro un provvedimento che mette in campo interventi dello Stato a favore del Paese, ha riconosciuto il ruolo strategico della scuola».

Le crescenti disuguaglianze, la scarsa mobilità sociale, il divario tra Nord e Sud, la disoccupazione che colpisce soprattutto i lavoratori meno qualificati, l’insufficiente e penalizzata partecipazione delle donne al lavoro, la pubblica amministrazione sentita come un freno invece che come un fattore di efficienza, la difficile integrazione degli immigrati, gli squilibri tra domanda e offerta nel mondo del lavoro, il ridotto contenuto di innovazione delle nostre produzioni.

Diffidiamo delle ricette facili. Ma per ciascuna di queste malattie, più istruzione, più sapere, più scuola, possono fare la differenza. Ognuno dei parametri sui quali si misura il livello di conoscenza di un Paese (dai dati sulla lettura, sui livelli di conoscenza linguistica o matematica a quelli sugli abbandoni scolastici, sui diplomati, sui laureati) contribuisce a far emergere il quadro di una grande questione nazionale. Nazionale due volte, perché tocca il duplice, parallelo divario tra l’Italia e gli altri Paesi europei e, dentro l’Italia, tra le diverse regioni e zone del Paese. Che fare, allora? Interventi d’emergenza e riforme. «Non esiste un prima e un dopo». È stato ancora lo stesso Mario Draghi a ricordarlo.

Accanto al ritorno in sicurezza a scuola e nelle aule universitarie, il puntare all’iniezione di una dose robusta di sapere scientifico e matematico nei programmi educativi, alla valorizzazione e persino alla nobilitazione dell’istruzione tecnica. Questi, guardando a un tempo all’oggi e al domani, sono alcuni dei capitoli del grande libro che si dovrà scrivere. Ma c’è un intervento che, più di ogni altro, darebbe un segno chiaro, trasparente, potente dell’avvio di una nuova stagione: l’innalzamento dell’obbligo scolastico.

Corre l’anno 1860 — l’Unità d’Italia sarà proclamata l’anno dopo, nel 1861 — quando l’istruzione diventa obbligatoria fino ai sette anni di età (cioè ai primi due della scuola elementare gratuita di soli quattro anni). In parallelo all’estensione sino a cinque anni dell’istruzione elementare, nel 1877 l’obbligo scolastico sale a otto anni. Un altro passo in avanti nel 1904, quando si arriva ai 12 anni che diventano 14 nel 1923 con la riforma che porta il nome di Giovanni Gentile. Bisognerà aspettare sino al 2000 per arrivare, col ministro Luigi Berlinguer, ai 16 anni. Ma nel 2004 si torna a scendere a 14 per poi risalire di nuovo a 16 anni nel 2006. E lì siamo a tutt’oggi.

Obbligo scolastico, dunque, a 18 anni e ingresso nella scuola a cinque anni. Una scelta che si può effettuare in tempi rapidi, senza alterare la struttura dell’attuale percorso scolastico di 13 anni, lasciando impregiudicata la possibilità di futuri, eventuali interventi sui cicli scolastici.

Obbligo scolastico a 18 anni per offrire a tutti i giovani un patrimonio educativo all’altezza dei tempi. Per costruire un ponte più solido verso una più larga istruzione superiore e una base più ferma per l’apprendimento permanente durante tutto l’arco della vita.

In Europa

Il prolungamento è già in vigore in Belgio, Portogallo, Paesi Bassi e alcuni Länder della Germania

Ingresso nella scuola primaria all’età di cinque anni (come peraltro già oggi permesso). Per portare sotto la protezione della scuola con un anno d’anticipo tutti i bambini — e soprattutto quelli che a cinque anni stanno non in un’aula ma in una strada — e contribuire, così, a ridurre una grave fonte di ineguaglianza e ingiustizia.

L’anticipo potrà, per di più, agevolare l’impegno per l’estensione della cura e dell’educazione dei bambini da zero a cinque anni, l’età cruciale per ridurre gli svantaggi che derivano dalle diverse condizioni sociali ed economiche delle famiglie.

Anticipando di qualche settimane, nell’aprile del 1947, il lancio del Piano Marshall, il più grande programma di aiuti verso l’estero mai concesso prima nella storia, il sottosegretario di Stato americano Dean Acheson disse che gli Stati Uniti per sostenere l’economia europea dovevano prendere immediatamente «whatever action is possibile», «qualsiasi azione possibile».

«Whatever it takes», «qualsiasi cosa serva», dirà Mario Draghi 65 anni dopo, nell’aprile del 2012, usando quasi le medesime parole, per annunciare la determinazione della Banca Centrale Europea a difendere l’euro a ogni costo. Per tutti noi europei, a fronte dell’emergenza sanitaria, economica e sociale, alla vigilia del più ingente pacchetto di misure di stimolo mai finanziato dall’Unione Europea, è di nuovo il momento del «qualsiasi cosa serva».

Per noi italiani è l’occasione — un treno che forse non passerà più — delle riforme profonde: per sfuggire al declino, per aprire la stagione della rinascita. E quale riforma può meglio dare il segno di questa volontà che quella che riconosca la conoscenza, il sapere, l’istruzione come essenziale bene pubblico posto al centro dell’agenda politica nazionale? I nostri giovani sono la prima generazione a nutrire prospettive di vita peggiori di quelle dei loro genitori. Ridiamo loro una base per tornare a sperare.

Sono solo quattro i Paesi europei dove è in vigore l’obbligo dell’istruzione sino a 18 anni: Belgio, Portogallo, Paesi Bassi e, ma solo in alcuni länder, Germania.

Portiamo l’Italia sulla linea più avanzata dell’Europa. Fondandola sulla conoscenza, la base più solida per la crescita delle persone e della società, mostriamo la nostra ambizione di costruire l’Europa e l’Italia che vogliamo.