Perfino Renzi ora consiglia di non chiamarla Riforma della scuola. Ha proprio ragione. Non si vede il cambiamento strutturale della scuola italiana. Non c’è alcuna strategia per rimuovere gli ostacoli che impediscono al nostro sistema di assolvere pienamente ai compiti repubblicani: la diseguaglianza nell’accesso e nell’esito dell’istruzione, soprattutto nel Mezzogiorno; le scarse risorse che hanno frenato l’adeguamento della didattica ai caratteri del mondo nuovo; struttura dei cicli vecchia e ridondante, che costringe i giovani a rimanere a scuola un anno in più, perdendo nelle superiori i buoni risultati raggiunti dalle elementari; la regressione degli apprendimenti negli adulti che colloca l’Italia negli ultimi posti, altro che “superpotenza” culturale.
Non si finirà mai di ringraziare gli insegnanti e i presidi che in mezzo a tante difficoltà realizzano già la buona scuola. Ma la gratitudine non deve oscurare la consapevolezza del ritardo. Il sistema scolastico è fuori misura rispetto alle ambizioni che deve darsi un grande paese civile.
1. IL BOOMERANG DELLA BUONA SCUOLA
Il disegno di legge (di seguito ddl) è privo di idee e di progetti. Tullio De Mauro è ricorso all'autorità del linguista per ricordare che l'assenza contribuisce almeno come la presenza a produrre il significato. È prima di tutto una riforma mancata. E il vuoto condiziona il pieno.
I sostenitori del ddl rispondono che tutti gli obiettivi strategici sono presenti e vengono collocati sulle spalle dell’autonomia scolastica. È la chiave che sembra poter aprire tutte le porte. Lo strumento pratico è “l’organico dell’autonomia”, anche detto funzionale, che mette a disposizione qualche insegnante in più rispetto all'attuale dotazione. Spetta ai presidi utilizzare le nuove risorse per risolvere tutti i problemi. L'articolo 2 ne indica una ventina in modo confuso ed eterogeneo, mettendo sullo stesso piano piccole e grandi questioni, obiettivi e metodi, competenze e strumenti, senza porsi il tema dell'organizzazione dei processi. Si passa dalla terza lingua europea al potenziamento della matematica, dalle attività di laboratorio ai percorsi individualizzati, dall'educazione alla pace all'autoimprenditorialità, dai beni comuni alle conoscenze finanziarie, dal paesaggio allo sport agonistico, dai social network al bullismo, cercando di non dimenticare nulla del mainstream.
È illusorio che pochi insegnanti in aggiunta possano risolvere tutti questi problemi e ancor meno i quattro grandi ritardi sopra richiamati. La dispersione scolastica, la nuova didattica, la durata dell’apprendimento e l'educazione degli adulti richiederebbero grandi politiche nazionali, capaci di porre mete ambiziose e condivise, disporre finanziamenti duraturi e strumenti innovativi, mobilitare tutti gli attori istituzionali e sociali. Il Ministero è inadatto a svolgere compiti strategici e tanto più a organizzare i processi perché da tempo si è specializzato solo a scrivere leggi. Fa quello che può, elenca le cose da fare, ci mette il sigillo delle norme e scarica la responsabilità sulle scuole. L'autonomia diventa un alibi per coprire il vuoto delle politiche nazionali.
L'organico dell’autonomia però serve anche ad un’altra finalità, è stato pensato per risolvere le contraddizioni della politica del personale che è il vero e unico argomento del ddl. È ottima l'intenzione di chiudere la vicenda delle graduatorie dei precari. Ci vuole attenzione ai dettagli per evitare di lasciare una coda da cui possa ripartire il fenomeno. Sarebbe davvero un successo se in futuro i giovani insegnanti fossero selezionati solo per concorso. Tuttavia l'assorbimento delle graduatorie non è indolore. I profili dei neoassunti non sempre corrispondono ai fabbisogni delle scuole. Si potrebbe creare uno squilibrio tra l’offerta di certe discipline e gli insegnamenti che servono, tanto è vero che il ddl arriva ad autorizzare la copertura delle cattedre con personale sprovvisto dell’abilitazione corrispondente. C'è il pericolo di abbassare la qualità didattica.
Una parte dei nuovi insegnanti sono collocati su posti definiti “per il potenziamento dell’attività formativa” e però anche incaricati della copertura delle supplenze. L'operazione serve quindi a compensare gli squilibri creati dal pur sacrosanto assorbimento delle graduatorie.
Riassumendo, l'organico dell’autonomia svolge due funzioni molto diverse e tendenzialmente conflittuali: a) aumento della qualità dell’offerta formativa, secondo una ventina di obiettivi definiti all’articolo 2; b) gestione delle risorse finalizzata a ridurre gli squilibri tra assunzioni e fabbisogni nonché a coprire le supplenze. È evidente che le esigenze della seconda funzione prevarranno sugli obiettivi della prima. Per fare un esempio, un insegnante viene impegnato in un progetto sulla dispersione scolastica, non per le sue motivazioni ma perché non ha l’abilitazione richiesta e comunque deve poi lasciare la sua attività all'improvviso per andare a coprire le supplenze. Gli obiettivi di qualità saranno perseguiti solo dopo aver coperto le falle della gestione del personale.
Se l’organico aggiuntivo è ampio si possono sostenere i conflitti tra le due funzioni, ma se i margini sono scarsi la qualità soccombe all’emergenza delle supplenze. Il governo dichiara nella relazione tecnica circa 50 mila insegnanti in aggiunta. Poi si aggiungono altrettanti neoassunti che vanno a coprire il turn over rimasto scoperto negli anni passati, arrivando così alla cifra totale dei centomila che è stata comunicata, ma non scritta in legge. In realtà risulta che i vuoti del turnover ammontino a 90 mila e di conseguenza l’organico aggiuntivo si ridurrebbe a 10 mila posti, un livello insostenibile per gestire entrambe le funzioni e forse già insufficiente per le supplenze. Chiederemo al governo di chiarire questo punto cruciale. L’aumento dei fondi di spesa riguarda solo le assunzioni aggiuntive, mentre il turn over è già coperto dall’impegno di spesa per il personale in servizio che va in pensione. Se davvero le 50mila assunzioni aggiuntive fossero solo 10 mila, ci sarebbe lo spazio senza ulteriore aggravio , pe consentire l’accesso ad altri 40 mila precari oltre quelli già previsti
L'attuazione del ddl, soprattutto all’inizio dell’anno scolastico, presenterà molte difficoltà , affidate per lo più alla buona volontà dell'autonomia. Gli esiti saranno molto diversi: le buone scuole sapranno tirare fuori il meglio dalle nuove regole, ma quelle già in affanno faticheranno a gestire le contraddizioni.
L’articolo SEGUE nel link indicato:
https://drive.google.com/file/d/0BxkCNytKMnQXOVVreVJxclUwMGs/view
Come riscrivere la legge?
https://waltertocci.blogspot.it/2015/06/come-riscrivere-la-legge-sulla-scuola.html