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Precari non più soli: a Napoli sfilano in migliaia. Il Governo però non molla

L’opposizione a tagli e riforme assume una connotazione sempre più trasversale: all’iniziativa promossa dal CPS c’erano studenti, ricercatori, sindacati e genitori.

31/10/2010
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La Tecnica della Scuola

L’opposizione a tagli e riforme assume una connotazione sempre più trasversale: all’iniziativa promossa dal CPS c’erano studenti, ricercatori, sindacati e genitori. Difficile però pensare che l’ennesima mobilitazione produca ripensamenti in seno al Governo: la linea di fermezza confermata dall’on. Aprea durante il nuovo programma "Articolo 3".

di A.G.

C’è un dato importante che emerge dall’ennesima mobilitazione dei precari della scuola, svolta il 30 ottobre per le vie di Napoli con arrivo in piazza del Gesù, dove alcuni rappresentanti del ‘Coor­di­na­mento pre­cari scuola’, organizzatore dell’iniziativa, hanno ribadito la necessità di sospendere le riforme ed i 140.000 tagli agli organici. Se alla vigilia gli organizzatori sostenevano che “la società civile non può restare inerte”, i fatti hanno dato ragione alle loro speranze: tre le migliaia di manifestanti c’erano anche collettivi universitari, genitori, rappresentanti sindacali e di associazioni. Lungo il corteo diverse bandiere e striscioni della Flc-Cgil e della Fiom. A sfilare anche tanti studenti. Diventa sempre più netto e radicale, dunque, il raggruppamento che si oppone con fermezza alla politica del Governo sul fronte dell’istruzione pubblica italiana.
Dietro quegli ignobili tagli – ha spiegato un precario durante il proprio intervento –, privi di qualsiasi valenza pedagogica o didattica ma motivati solo dall’esigenza di fare cassa, ci sono lavoratori che dopo anni ed anni ad aver servito lo Stato sono stati messi alla porta. Lavoratori la cui unica colpa è stata quella di aver pensato che operare nella scuola possa ancora essere un lavoro nobile”. Tra i manifestanti anche l’Unicobas: “L'attacco frontale perpetrato dal governo ai danni della scuola pubblica – ha spiegato il coordinatore Stefano d'Errico - assume dimensioni sempre più allarmanti: è ormai fortemente compromesso il diritto allo studio seppure garantito dalla Costituzione, mentre migliaia di lavoratori precari della scuola vengono estromessi dai loro incarichi dopo anni di servizio". Per il leader del sindacato di base, del resto, l'attuale modello scolastico è “minato da progetti sempre più concreti di privatizzazione: per questo la mobilitazione per la scuola pubblica cresce e assume un carattere permanente”. Dello stesso tenore i concetti espressi dagli studenti: “Non è solo solidarietà la nostra – ha spiegato l'Unione degli studenti - ma siamo consapevoli di combattere la stessa battaglia: siamo affianco dei precari per il diritto allo studio, il diritto alla continuità didattica, il diritto ad un'educazione di qualità, la collegialità e la democrazia nelle scelte. Lottiamo per la possibilità per tutti di avere un lavoro dignitoso e adeguate forme di protezione sociale nello studio e nel lavoro contro la precarietà”.
Rimane difficile pensare, tuttavia, che le proteste possano convincere gli attuali governanti a mettere mano a quelli che, oltre ad essere ormai Leggi dello Stato, per il ministero dell’Economia e delle Finanze rappresentano dei ‘paletti’ inamovibili. I diktat del ministro Tremonti, che stanno mettendo in crisi anche la riforma dell’Università, non ammettono repliche. La posizione di intransigenza è stata confermata dall’on. Valentina Aprea (Pdl), ex sottosegretario durante i cinque anni di gestione del Miur da parte dell’attuale sindaco di Milano, Letizia Moratti, ed oggi presidente della Commissione Cultura alla Camera, durante il nuovo programma "Articolo 3", su Rai3, condotto da Marialuisa Busi. Il 29 ottobre, in prima serata, incalzata dalle proteste dei precari, tra cui quella molto lucida e realista di Antonella Vaccaro, coordinatrice del Cps Napoli, la Aprea non ha battuto ciglio: “stiamo pagando una situazione – ha detto la rappresentante della maggioranza – di cui questo Governo non ha colpa: l’eccesso di personale va fatto risalire alla politica di assistenzialismo condotta dalla sinistra per tanti anni”. Incalzata da un precario, docente di scuola primaria di 35 anni, che si lamentava per lo stipendio “di soli 1.180 euro per dieci mesi l’anno”, e dell’impossibilità anche di “comprarsi dei semplici capi di abbigliamento”, la Aprea ha seraficamente ribattuto “di conoscere bene il mondo della scuola visto che sono stata docente ed attualmente sono un dirigente scolastico prestato alla politica. Però non bisogna esagerare: un docente sa bene quali sono gli stipendi degli insegnanti quando inizia la carriera: del resto – ha continuato – con questa professione non ci si arricchisce”. Ma alla richiesta, del docente, di rendere pubblico il suo stipendio da onorevole, la Aprea non ha replicato.

Torna l’appuntamento in cui le lavoratrici
e i lavoratori di scuola, università, ricerca
e AFAM possono far sentire la loro voce.

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