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Presidi in lotta contro le impronte digitali: «Cento milioni inutili»

Monta la protesta dei presidi contro il decreto concretezza, in arrivo al Senato, che introduce l’obbligo di controllare i dirigenti (ma non i docenti) attraverso le impronte digitali. La ministra Bongiorno: «Il controllo biometrico è per la trasparenza e per la sicurezza»

13/04/2019
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Corriere della sera

Valentina Santarpia

Anche solo pensando ai costi, l’operazione impronte sarebbe una scure sulla scuola. «Cento milioni di euro, calcolando un costo di 2500 euro per impianto, e considerando che ci cono 40 mila edifici scolastici in Italia!», stima Antonello Giannelli, presidente dell’associazione Presidi. Dopo l’approvazione da parte della Camera del decreto concretezza, che introduce l’obbligo di rilevare le impronte digitali ai dirigenti scolastici (ma non ai docenti) per verificare la presenza al lavoro, il testo passa al Senato. E il pericolo che l’«assurda norma» diventi legge, fa infuriare la categoria- «Siamo pronti a ricorrere alla Corte costituzionale», dice Giannelli. Ma la ministra della Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno replica alle critiche, che a suo parere «si basano su una erronea lettura della norma, ma sono anche fuorvianti: non tengono conto del fatto che ancora non è stato emanato il decreto sulle modalità attuative». L’obiettivo, spiega, è «rendere più trasparente la loro presenza in servizio», anche per «ragioni di sicurezza». Non si tratta dell’obbligo «di un orario settimanale di lavoro, ma l’utilizzo di strumenti di identificazione tecnologicamente avanzati».

La lettera a Di Maio e Salvini

Giannelli ha scritto una lettera ai vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, parlando di «grave sfiducia, se non aperta ostilità, nei confronti della dirigenza pubblica»: «La sfiducia deriva dal fatto che i dirigenti sono preposti per legge alla supervisione dell’orario di lavoro dei dipendenti. Come sarebbe possibile adempiervi serenamente se le amministrazioni pubbliche datrici di lavoro esigessero dai dirigenti lo stesso obbligo che essi devono, a loro volta, esigere dal restante personale?», scrive Giannelli, invitando i due leader a rivedere l’adozione dei controlli biometrici. Ma c’è un altro aspetto che inquieta i presidi: ovvero la possibilità di misurare il tempo-lavoro, con un incarico che non prevede vincolo orario ma che ha anzi come obiettivo il raggiungimento dei risultati. «Se non li raggiunge, il dirigente pubblico rischia il licenziamento. L’obbligo di sottostare a controlli inutili è una misura unicamente vessatoria». Tanto più che si tratta di un obbligo a cui i docenti vengono sottratti. Critica pure la Di.s.conf (dirigenti scuola confederati): «Uno spot elettorale che asseconda l’immaginario collettivo di satrapi arroganti e incompetenti, nonché adusi a disertare sistematicamente l’ufficio, quindi abbisognevoli di essere costantemente tenuti sotto sorveglianza». Drastica l’Udir, che invita il ministro Marco Bussetti e il sottosegretario Salvatore Giuliano, entrambi ex presidi, a dimettersi:«Significa che non comprendono o hanno dimenticato cosa vuol dire amministrare scuole con dieci plessi e ottemperare a tutte le funzioni demandate. Udir va verso lo sciopero.»

Le critiche Pd e FdI

Alla richiesta di rivedere il testo che sarà discusso al Senato si associa il Pd: «L’obbligo di rilevazione delle impronte digitali contenuto nel ddl concretezza li umilia, paragonandoli al pari di qualunque altro impiegato statale nonostante compiti, responsabilità e funzioni siano assai diverse. Il governo faccia un passo indietro», dice Simona Malpezzi. «La ministra Bongiorno - aggiunge Ascani - ammetta l’errore e si adoperi affinché il Senato modifichi il decreto. Non c’è niente di male nell’ammettere di aver sbagliato. Non si capisce perché Salvini e Di Maio vogliano incaponirsi su una norma che non ha alcun senso», aggiunge la dem Anna Ascani su Facebook. «Il governo grillo-leghista è riuscito nel difficile compito di fare peggio della `Buona scuola´», attacca anche Antonio Iannone, Fratelli d’Italia.