Prof e studenti uniti bocciano la Dad "Un’occasione persa"
Stesso schema delle lezioni in aula e i ragazzi hanno imparato meno Sondaggio su 123 istituti in Italia: "Ora integriamo i due sistemi"
Ilaria Venturi
Nessuno ha dubbi: a distanza non è scuola. La Dad ha salvato per due anni, in emergenza sanitaria, le lezioni. Ma come si è insegnato dietro a un computer? Non proprio come si sarebbe dovuto. L’uso del digitale non ha portato a una didattica diversa. Le scuole hanno riproposto lo stesso modello orario: 5-6 ore di lezione ogni mattina, come se i ragazzi fossero in aula. E nove studenti su dieci raccontano che lezioni in video, verifiche e compiti sono state le uniche tre attività proposte in tutte le materie. Insomma, «oltre al quadro orario, anche l’impianto didattico tradizionale è stato riprodotto quasi integralmente online, con poche integrazioni». Le conclusioni sono di uno studio della Fondazione Agnelli promosso con il centro studi Crenos delle università di Cagliari e Sassari e il dipartimento di Scienze economiche del capoluogo della Sardegna.
Dopo il primo lockdown del 2020, dove la scuola è stata colta impreparata, la principale risposta del sistema educativo italiano all’emergenza sanitaria, anche nel nuovo anno che si è concluso a giugno, è stata la Dad. E non è andata bene, anzi c’è stato un peggioramento in ciò che i ragazzi hanno appreso. Due studenti su tre pensano che i loro voti non sono cambiati rispetto a quelli che avrebbero ricevuto con la didattica in presenza, ma il rendimento è stato penalizzato. E a farne le spese sono stati i più fragili.
Un deficit di apprendimento
Solo il 57% dice che ha imparato come se fosse stato in aula, per gli altri le difficoltà in Dad sono state maggiori e, dunque, hanno imparato meno. «I professori si sono impadroniti dei mezzi tecnologici, ma il punto è che non c’è stato un ripensamento dei tempi, delle attività e degli strumenti: non si è fatto quel salto necessario per cambiare il modo di insegnare », commenta Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli. Anche se diversa è la percezione. Mentre l’85% dei professori dichiara di avere le competenze adeguate per la Dad, i presidi reclamano più formazione: più di un docente su quattro, affermano, avrebbe avuto bisogno di un supporto. Aggiunge Adriana Di Liberto di Crenos: «Il rischio è che il modo in cui è stata impostata la Dad possa influire negativamente sulle già troppo ampie disuguaglianze educative».
Il dibattito è già caldo ed è chiaro che generalizzare non fa bene a quella parte di professori che più si è spesa e reinventata, con lezioni preparate anche di notte. I dati della ricerca — su un campione di 123 scuole superiori in tutta Italia, coinvolti 105 presidi, 3.905 insegnanti e 11.154 studenti — fotografano però una realtà: la didattica frontale online non funziona. «È utile a capire come attrezzarsi per la ripartenza a settembre, magari facendo lo sforzo su turni e "bolle", classi per piccoli gruppi, per garantire la presenza» conclude Gavosto. Con un’avvertenza: «La scuola non si fa a distanza, ma il digitale comunque non va buttato via, bisogna solo integrarlo all’insegnamento in classe».
La lezione al pc
In meno di un caso su cinque sono state sfruttate le più innovative piattaforme digitali con giochi didattici, app ed esercizi interattivi. L’unica differenza nel passaggio dall’aula alla stanza è stato l’invio di contenuti registrati e materiali di approfondimento. Anche i professori confermano la prevalenza della videolezione, chi ha tentato soluzioni didattiche innovative sono stati soprattutto quelli di lingua straniera e delle discipline economico-giuridiche. Il 62% dei presidi ritiene che la lezione frontale sia stata la prassi più comune. Tra gli strumenti usati in Dad il libro di testo è stato prevalente.
Le relazioni allo schermo
Solo uno studente su quattro ha trovato più agevole interagire coi docenti al pc che in presenza. La maggior parte denuncia un maggiore senso di affaticamento e difficoltà a mantenere l’attenzione. La mancanza di un luogo tranquillo in casa è stato un problema per il 29%. Un po’ tutto, per i docenti, è peggiorato nei ragazzi, dalla loro autonomia all’attenzione. Ma più di tutti si è persa la motivazione. Le verifiche sono state vissute in Dad con minore ansia, il 70% ammette: «Copiare è più semplice che in classe»