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Professori sul piede di guerra contro le 24 ore settimanali

Prosegue la mobilitazione degli insegnanti contro l'incremento dell'orario di lezione. Sit-in, flash mob, manifestazioni quasi ogni giorno. E spuntano le ipotesi alternative per risparmiare senza un ulteriore carico di lavoro

24/10/2012
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la Repubblica

Salvo Intravaia

Insegnanti in rivolta contro le 24 ore settimanali di lezione. Domani mattina, in commissione Bilancio alla Camera, inizia l'iter parlamentare del disegno di legge dal titolo "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato", meglio conosciuto come legge di stabilità. Quella che contiene la norma che ha fatto saltare dalla sedia migliaia di insegnanti. E il mondo della scuola attende con ansia lo stralcio dei commi che obtorto collo incrementano da 18 a 24 le ore di lezione settimanali a carico dei docenti di scuola media e superiore. Il tutto senza alcun incremento di stipendio. Ma, in attesa che il governo faccia marcia indietro, la mobilitazione della scuola non si ferma.

Sono ormai decine le iniziative in rete, e nei social network più diffusi, contro quella che i professori italiani vivono come un attacco frontale alla propria dignità di professionisti. La petizione on line lanciata da un docente palermitano poche ore dopo l'ufficializzazione del testo del disegno di legge ha raggiunto quota 45 mila firme. Ma non è la sola ad avere raccolto migliaia di adesioni. Intanto, i sindacati si preparano allo sciopero generale proclamato per il prossimo 24 novembre che, dopo quattro anni, vede fianco a fianco Cisl e Uil scuola, Snals, Gilda, Cobas e registra la ferma opposizione al provvedimento anche dell'Anp (Associazione nazionale presidi). E singoli comitati di insegnanti e studenti organizzano quasi giornalmente sit-in, manifestazioni, azioni di protesta e flash mob.

Anche la Flc Cgil

- che ha aperto la protesta con una giornata di sciopero lo scorso 12 ottobre - potrebbe decidere nei prossimi giorni di aderire alla manifestazione del 24 novembre. Intanto, quasi tutti i partiti politici - Pd in testa, con il suo segretario Pier Luigi Bersani - prendono le distanze da un provvedimento che ricorda tanto quelli adottati per fronteggiare la crisi in Grecia, considerato immotivato e con più di un profilo di incostituzionalità. E gli insegnanti si preparano ad azioni eclatanti per difendere le 18 ore dall'attacco del governo.

Secondo un'indagine della Uil scuola, infatti, i docenti di scuola superiore già lavorano più della media europea, che si attesta sulle 16,3 ore a settimana. In linea, invece, con la media europea le 18 settimanali alle medie inferiori. Ma la categoria non riesce a mandare giù l'idea che l'opinione pubblica e il governo possano veramente credere che, finite le 18 ore a scuola, il lavoro dei docenti si esaurisca. I professori finora scesi i piazza non fanno che ripetere che alle 18 ore occorre aggiungere le riunioni pomeridiane, la preparazione delle lezioni, la correzione dei compiti, la programmazione e tante altre attività che svolgono a casa.

In alcuni Paesi europei, per un numero di ore di lezione simili o inferiore alle 18 italiane, l'impegno settimanale di lavoro complessivo - compreso quello a casa - si attesta attorno alle 35/40 ore. Per questa ragione quasi tutti i colleghi dei Paesi europei economicamente più avanzati - a parità di ore di lezione in classe - percepiscono stipendi superiori anche dell'80 per cento rispetto a quelli dei professori di scuola superiore italiani. E' il caso della Germania, che ha quantificato in 40 ore settimanali l'impegno complessivo dei suoi docenti.

Le ipotesi alternative alle 24 ore settimanali che circolano al momento sono uno "sconto" sulle 24 ore, da portare a 21, che scontenta il fronte dei docenti fermo nel non voler aumentare il proprio carico di lavoro in classe di "una sola ora più". Ma anche un ritorno alle 18 ore settimanali, reperendo i 184 milioni di euro richiesti alla scuola per contribuire al risanamento del Paese da altre voci di bilancio. Una delle ipotesi che circolano poco è quella di tagliare il capitolo delle supplenze brevi a pagamento conferite dalle scuole stesse chiedendo agli insegnanti di devolvere alla scuola una decina di ore di supplenza l'anno: una al mese.

In questo modo, con un "piccolo sacrificio", si salverebbero le 20 mila cattedre assegnate ogni anno ai supplenti che, stando alla Relazione che accompagna il progetto di legge, sarebbero le prime ad essere sacrificate sull'altare del risanamento economico del Paese. Chissà che lo stesso ministro Francesco Profumo, che ha già manifestato l'intenzione di ritornare sui propri passi, o il sottosegretario Marco Rossi Doria, non propendano per una soluzione meno dolorosa e decisamente impopolare che rischia di mettere ulteriormente in crisi la scuola pubblica italiana.