Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Profumo: «Non è una sanatoria, ma un’opportunità»

Profumo: «Non è una sanatoria, ma un’opportunità»

«I tempi sono dovuti alla lunghezza delle procedure necessarie. È un provvedimento cui pensavo da tempo. Dopo un’analisi attenta mi sono convinto che sia la soluzione migliore per quelle centomila persona che lavorano nella scuola non abilitate».

25/03/2013
Decrease text size Increase text size
Il Messaggero


L’INTERVISTA
ROMA Professori, il catalogo è questo. Il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo respinge le critiche al suo ultimo decreto con fermezza. E rilancia con consigli a chi gli succederà sulla scottante poltrona di viale Trastevere.
Ministro, perché un decreto così “rivoluzionario” e contestato, col piede ormai fuori dalla porta dell’ufficio?
«I tempi sono dovuti alla lunghezza delle procedure necessarie. È un provvedimento cui pensavo da tempo. Dopo un’analisi attenta mi sono convinto che sia la soluzione migliore per quelle centomila persona che lavorano nella scuola non abilitate».
Però sta arrivando una pioggia di critiche.
«A me non sembrano così tante. E comunque difendo l’idea di una normalizzazione del sistema di selezione degli insegnanti basata su tirocinii formativi e poi concorso per la docenza. Così, attraverso un doppio canale, si tutelano i veri protagonisti della scuola: gli studenti».
Spieghi meglio questo doppio canale.
«Per l’insegnamento graduatoria e concorso. Per l’abilitazione, ci mancava un passo, arriviamo allo stesso risultato».
Chi aveva già sostenuto il concorso si ritrova però sullo stesso piano di chi aveva già “battuto”.
«Capisco che chi ha già superato il concorso possa ritenere questa una sorta di sanatoria per gli altri. Ma in realtà si tratta di una seconda opportunità che riguarda tantissime persone, meritevoli anch’esse di considerazione per le posizioni acquisite».
Parliamo sempre di precari. Ma per i neo laurati, per chi si avvia alla fine degli studi e aspira a insegnare, non cìè il rischio di trovarsi le porte sbarrate per chissà quanto?
«Ci saranno certamente nuovi tirocini. Il Paese poi deve capire che servono tempi e modalità chiari in un settore di questa importanza, almeno dal 1999 senza regole precise».
Non è un giudizio lusinghiero sui suoi immediati predecessori e le loro “riforme”.
«Io non credo che la scuola abbia bisogno di una riforma ma di una gestione corretta, che faccia funzionare il sistema con regole chiare».
Da chi è stato Rettore e presidente del Cnr, e ha affrontato la questione della fuga dei cervelli, è un giudizio inaspettato.
«Può sembrare così. Ma mi creda, proprio a livello di alta specializzazione so e posso dimostrare che gli studenti italiani non sono certo inferiori ai loro colleghi europei e non solo».
Quindi lei lascia una Scuola che funziona?
«Il nostro sistema formativo, parlo di scuola e università, resta competitivo. Ne è la prova che, quando i nostri ragazzi vanno fuori dall'Italia, si mostrano pari agli altri. Ciò non toglie che si possa e si debba far meglio».
Ha qualche ricetta da lasciare?
«Sì. Puntare su sei principi».
Quasi un decalogo. Lo esponga.
«Valorizzare capacità e impegno; apertura dei sistemi di abilitazione e reclutamento; trasparenza; rispetto dei tempi; semplificazione dei processi; valorizzazione».
Belle parole, ma i fatti? Lei ha tre figli, studiano in Italia?
«Hanno studiato tutti e tre in Italia perché crediamo nel nostro Paese».
Alberto Guarnieri