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Profumo su Unita.it: mi batterò contro il blocco del turn over

Non è che alla fine saranno proprio studenti e giovani ricercatori a pagare la crisi? Il sospetto viene a scorrere i capitoli di revisione della spesa pubblica messi a punto dal governo.

12/07/2012
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la Repubblica
Mariagrazia Gerina
 
Non è che alla fine saranno proprio studenti e giovani ricercatori a pagare la crisi? Il sospetto viene a scorrere i capitoli di revisione della spesa pubblica messi a punto dal governo. Il ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, ospite della festa dell'Unità di Roma, insieme al suo predecessore Beppe Fioroni, per un dibattito sull'istruzione e la ricerca, moderato dal direttore dell'Unità Claudio Sardo, sembra ottimista.


"Questo è un momento di difficoltà, ma anche di grande progettualità, se ne saremo capaci", prova a suggerire. E anche i numeri scritti nella spending review in qualche misura possono ancora essere corretti, assicura.

L'impegno più forte lo prende rispetto al blocco del turn over. Il governo ha imposto un nuovo blocco fino al 2016: per tutto il 2013 e il 2014 gli enti di ricerca e gli atenei potranno programmare nuove assunzioni solo per il 20%, mentre per il 2015 il blocco sarà al 50%. Il ministro Profumo assicura che "mi batterò per rivedere quella percentuale". Troppo ingenerosa con i giovani ricercatori italiana.

Qualche buona notizia poi la lascia presagire per i ricercatori dell'Infn, che, lodati per la scoperta del "bosone di Higgs", la cosiddetta "particella di dio", si sono poi visti ridurre quasi di un terzo la spesa per le missioni all'estero e gli esperimenti.


Molto meno critico rispetto alla norma che modifica i limiti imposti per legge alla contribuzione universitaria. Gli studenti l'hanno contesta fortemente, temendo che gli atenei per fare cassa aumenteranno le tasse. Ma il ministro Profumo la vede diversamente. "Il nostro obiettivo - assicura - E' dare più opportunità agli studenti meno abbienti, per questo le risorse che eccederanno il 20% saranno destinate alle borse di studio".

"Si tratta di una norma di grandissimo interesse", insiste, "visto che la situazione economica è quella che è e che difficilmente il fondo di finanziamento ordinario per le università potrà crescere". Possono invece crescere gli studenti, prosegue il ministro (anche se in realtà, le immatricolazioni sono calate del 10% ndr): "Per questo la norma mantiene un tetto dato dal rapporto tra tasse universitarie e finanziamenti statali. Ma scorpora da questo rapporto le tasse dei fuori corso". Scelta che il ministro difende. "Credo che sia importante in questo momento avviare un processo di responsabilizzazione dei nostri studenti", scandisce il ministro. Diverso è il discorso per gli studenti part-time. "Ma il fuori corso strutturale - insiste - non fa bene al paese".

E gli studenti stranieri? Le "seconde generazioni"? Anche loro sono considerati "extra" rispetto al tetto che vale solo per gli studenti italiani. "Una discriminazione", secondo le associazioni studentesche che hanno rivolto un appello al ministro. Come risponde il ministro? "Noi dobbiamo incentivare la capacità di attrazione degli studenti stranieri senza che questo penalizzi il sistema universitario". E' la sua spiegazione. "In ogni caso - assicura - agli studenti stranieri non verranno aumentate le tasse". E' la sua lettura della norma, ma è anche l'impegno che prende davanti agli studenti italiani.
Le norme che tagliano i fondi per gli enti di ricerca gli piacciono di meno, si intuisce. "Stiamo lavorando per recuperare almeno una parte delle risorse sottratte agli enti di ricerca e soprattutto perché ci sia una attenta valutazione della qualità della ricerca italiana", spiega il ministro.

"Domani pomeriggio - preannuncia - ci vedremo con i presidenti degli enti di ricerca e con il presidente della conferenza dei rettori perché vogliamo avviare una revisione del sistema della ricerca italiana, secondo un percorso che abbiamo condiviso, prima che Palazzo Chigi varasse la spending review". Schema di lavoro: recuperare le risorse europee, ma soprattutto per poter dare una linea politica generale alla ricerca italiana. In Europa - ricorda il ministro - non siamo cosÏ ben messi: "Perdiamo circa 40 centesimi che investiamo per la ricerca europea, soldi dei nostri contribuenti: il dovere primario è guardarsi in casa e cercare di recuperare quello che effettivamente ci è dovuto, vista la qualità dei nostri ricercatori". Discorso che - spiega - vale anche rispetto a quanto previsto dalla spending review.