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Quali tecnologie e quale formazione per questa scuola. Oggi

Rodolfo Marchisio

24/08/2013
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PavoneRisorse

Quando i governi non possono permettersi una cosa per tutti (o non sanno cosa fare NdA) di solito scelgono (con quali criteri? NdA) una tecnologia, la danno ad alcuni (con quali costi? NdA) e la chiamano sperimentazione (verificata da chi e come? NdA).
Parafrasi da R. Luna, Cambiamo tutto, Laterza.

Da decenni organizzo iniziative di formazione sull’uso delle Tic nella didattica e nella ricerca: oggi nel campo della storia e nei progetti relativi a CC.  Seguendo a distanza ed in presenza per Istoreto e USR Piemonte un gruppo di 200 docenti sparsi per il Piemonte, referenti di progetti, è il momento di organizzare una attività di formazione. Mi sembra che le idee siano piuttosto confuse e provo a riassumere alcuni dati per tutti.

 Il contesto – Le TIC a scuola dopo lo tsunami

1-     La rete e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione offrono a una didattica attiva della storia e dell’educazione alla cittadinanza consapevole sempre più

a)     stimoli e opportunità, non solo strumentali, ma anche metodologici (ricerca, collaborazione docenti  - allievi e coinvolgimento genitori)

b)     possibilità di accesso a documenti, informazioni, iniziative anche di comunicazione e relazione sinora impensabili.

2-     L’uso delle TIC nella scuola conosce una fase a macchia di leopardo in cui accanto a pochi poli particolarmente attrezzati – alcuni Istituti superiori, classi 2.0 etc…- si vive nella maggioranza delle scuole un riflusso nell’uso delle TIC, sia da un punto di vista qualitativo/pedagogico (laboratori e LIM usati come strumento di proiezione) che da quello quantitativo (laboratori sottoutilizzati).

3-     Questo avviene per un ritardo di aggiornamento:

  • delle attrezzature, in genere costose o ormai obsolete
  • della formazione culturale oltre che professionale dei docenti
  • dei progetti didattici delle scuole, ma anche dei vari ministeri che non dimostrano di avere né strategia né continuità .
  • In seguito alle “riforme”, dalla mancanza di risorse organiche (per compresenze/laboratori) e spazi attrezzati per svolgere attività di laboratorio e ricerca.
  • Con conseguente calo della motivazione dei docenti a un uso attivo delle TIC

4-      Nelle scuole, a un’epoca di discreta autonomia di risorse sia dal punto della formazione sia da quello dell’acquisto di hardware, sono subentrati in seguito ai tagli, una fase di assenza di risorse pubbliche e iniziative episodiche come la distribuzione delle LIM a chi ne faceva richiesta come modello – costoso e mal progettato – di lezione/ricerca con le TIC (in media 2 o 3 per scuola). Oppure piani di “sperimentazione”.

5-     Le prospettive d’investimenti pubblici futuri non sono molto incoraggianti:

Dati L’Italia investiva nella Istruzione il 4,6 % del PIL quando la media dei paesi OCSE era al 6,4 %, le "manovre" ci hanno ridotto al 3,5%, e il Documento di Economia e Finanza approvato da questo governo prevede si riduca al 3,3 % nei prossimi 2 anni. Per essere ritoccato solo nel 2045. La scuola ha contribuito per 8 miliardi + 2 sul personale (pari a oltre 160.000 posti di lavoro) al cosiddetto risanamento. A parte la Spending rewiew

Proposte a costo basso per dare la banda larga a tutte le scuole e fornire attrezzature (2 WiiLD a 194,50 euro quando 1 LIM costa 2500/3000 euro: con il costo di 1 LIM si dava la WiiLD a tutte le classi) preparato da esperti (R. Luna ed altri) per l’ex Ministro Profumo sono state bloccate da molti fattori (non la fattibilità istituzionale già accertata e garantita dagli accordi con la rete Garr/Università e L’Eutelsat/Ente spaziale).

Il più serio e condivisibile è la priorità oggi della sicurezza strutturale della scuole.

Non esistono reali modelli generalizzabili né strategie ministeriali credibili:

Aldilà delle obiezioni di tipo pedagogico/didattico, le LIM non sembrano avere un futuro: sono state distribuite 34.000 LIM con una spesa di 90 milioni a un costo medio di 2650/LIM. Per coprire tutte le classi ne occorrerebbero 220/240.mila ca con una spesa di 6,3 milioni non ipotizzabile né auspicabile. Inoltre nelle molte scuole/aule in prefabbricato e cartongesso non si possono montare a causa del peso (100 Kg ca) e scuole anche molto attive possono usare solo i muri perimetrali.

Per dare un PC a ognuno degli 8 milioni ca di allievi occorrerebbero 2,5 miliardi.

Le azioni di cui consta il PNSD (“LIM in Classe”, “Cl@ssi 2.0“, “Scuol@ 2.0” , “Centri Scolastici Digitali”) non sono realisticamente realizzabili per tutti.  Vista la situazione neanche auspicabili.

Alcuni esempi periferici. Provincia di Roma banda larga a tutte le scuole, meno costi di telefonia e investimenti sulla sicurezza delle scuole

Comune di Firenze banda larga (100 megabit/sec) tramite rete Garr, app per i genitori, tablet per le assenze


Ne deriva la necessità di una riflessione/formazione che prenda in esame due problemi chiave:

1-     Primo problema. Una formazione che:

a)     Parta da quello che esiste. Parta dal contesto descritto e si adatti alla situazione variegata per cui ci sono scuole con 2 o 3 LIM, altre con laboratori più o meno obsoleti, altre con attrezzature mobili che si possono spostare nelle classi etc.. Accanto a scuole più “fortunate” con molte LIM o classi 2.0 o superiori con più laboratori attrezzati, anche se non sempre orientati a una didattica attiva e progettualità laboratoriale e di ricerca.

b)     Privilegi le tecnologie che esistono fuori scuola nella vita di tutti i giorni la rete, il cellulare, i blog, i Social Network, i siti che si possono usare, che i ragazzi già usano e che dobbiamo imparare a usare insieme. E le tecnologie che spingono ad usi attivi, collaborativi, progettuali. Le LIM fuori dalla scuola non le incontriamo mai.

c)      Non proponga un modello unico. Si adatti alle situazioni delle varie scuole, non modificabili a breve, per proporre una didattica attiva, anche quando fatta in classe, e progettualità di ricerca laboratoriali da realizzare in spazi attrezzati (con gruppi o classi) o in classe con diversa strutturazione degli spazi. Oltretutto le competenze/esigenze dei docenti, delle scuole, delle attività sono differenziate e la situazione ideale sarebbe una situazione mista: ad es un laboratorio di fascia alta per la ricerca, uno più economico, anche con hardware un po’ obsoleto per attività più semplici (scrivere, fare presentazioni…) qualche LIM NON in classe, ma in uno spazio comune, qualche portatile e videoproiettore da portare in classe etc..

d)     Tenga conto che compito della scuola non è quello di insegnare a usare le TIC- tranne che in certi istituti tecnici o professionali – ma di  dare un senso – critico - all’uso che i ragazzi fanno delle TIC, che hanno imparato a usare fuori.

La scuola deve suggerire usi e metodi diversi, riflessioni critiche, facendo esperienze significative insieme (allievi e docenti) a cominciare dal campo dello studio, della ricerca, della cittadinanza.

e)    Faccia conoscere:

  • tutte le possibilità di flessibilità (il 20% legato alla autonomia) disponibile in ogni ordine di scuola ed in attesa di un utopico (?) organico funzionale

  • vari modelli e proposte di strutturazione della didattica e della ricerca storica e su CC basati su esperienze riuscite che partano da un uso attivo e flessibile della dotazione esistente

  • seguendo sia gli stimoli della rete che la cultura di una parte della rete che propone soluzioni a basso costo, inventiva e motivazione. Una riedizione della informatica “povera” di qualche decennio fa e consapevole che “la principale risorsa rimasta alle scuole è la competenza e la motivazione dei docentiche ci credono e non si arrendono. Che però va sorretta e non durerà a lungo.

  • Continua ad essere fondamentale la mediazione docente come sempre. Che dipende però da motivazione, disponibilità di risorse minime e formazione adeguata, anche metodologica e pedagogica, non solo tecnologica.

  • ·Non servono più corsi di alfabetizzazione (già fatti a tappeto sulle LIM, col PSTD, Fortic 1 e 2) ma corsi di rimotivazione e contestualizzazione sia tecnica che metodologica, visto che la maggior parte dei ragazzi e molti docenti sanno già usare e già usano le TIC a casa, ma spesso non le usano a scuola insieme. E che i “nuovi” docenti (30/40 anni) sono già alfabetizzati (seppur spesso precari).

  • Non sono mai serviti i corsi di formazione: vi stupisco con gli effetti speciali delle TIC perché producono stupore e timore, non motivazione o voglia di provare; né competenza tecnica, né metodologica.

  • Il primo problema da risolvere nella formazione dei docenti all’uso delle TIC non è t’insegno a usare una macchina/un programma nuovi, ma vinciamo insieme la tua resistenza/paura/demotivazione ad usare quello che hai, per fare meglio, da un punto di vista metodologico e tecnologico, quello che già fai.

Nella tua scuola e con un uso intelligente, motivato, flessibile di quello che esiste. Siamo qui per costruire progetti insieme, assisterti e fornirti consulenza e supporto metodologico.
Da questi dati e da queste scelte deriva la struttura di una possibile iniziativa oggi. Monitorando i 200 colleghi che lavorano su progetti di CC ci siamo accorti che l’esigenza di chi non vuol morire da solo e depresso in una scuola frontale è molto forte e che le scuole della regione presentano una situazione in cui sono molti i nuclei di resistenza e qualità, più o meno numerosi nelle scuole, ma spesso isolati tra loro e con chi li potrebbe aiutare. A questo stiamo lavorando con un programma d’iniziative pluriennali. Ovviamente a costi vicini allo zero.

2- Il secondo problema: le risorse e un’idea di scuola

Le altre due condizioni, al momento gravemente assenti sono

  • risorse per le attrezzature e per la formazione, decentrate alle scuole e soprattutto

  • un’idea di scuola e un’idea di uso intelligente e pedagogicamente fondata delle Tic da parte del MIUR che continua a mancare e che provoca sprechi e dispersione: dalle 3 I, alle LIM, agli ebook…

Su questo tutte le iniziative possibili devono essere attivate. Per ricostruire la scuola pubblica ed anche per evitare gli sprechi senza fondamento né futuro.

Didattica attiva, ricerca storica e formazione della cittadinanza con l’uso delle TIC

Questa impostazione è coerente con la formazione di una cittadinanza informata, attiva e partecipe, con la filosofia di una parte della rete: risolviamo i problemi con quello che abbiamo e inventandoci delle soluzioni (senza rinunciare né a lottare né a fare una scuola diversa).

Ha quindi una valenza di educazione alla cittadinanza molto forte, perché:

1-     parte dalla informazione e punta alla consapevolezza

2-     si basa sulla collaborazione docenti/allievi/famiglie

3-     tende a risolvere problemi in modo pratico e collaborativo

Anziché fermarsi alla giusta lamentela, propone un’attivazione d’iniziative collaborative e idee per risolvere problemi. Aiuta i docenti non a normalizzarsi, ma a fare, nonostante tutto, la didattica in cui credono. Il che non esclude il ricorso a tutte le forme d’iniziativa necessarie per riportare le risorse dovute alla scuola pubblica.

Le competenze Tic sono competenze di cittadinanza   

 Come sostiene questa rubrica, le TIC devono ora essere viste come la quarta grande area di competenze di cittadinanza (oltre al filone storico/giuridico e alle educazioni: ambiente, alimentazione, salute, le tematiche attuali).

Come competenza chiave (Losito). Oggi un analfabeta e un analfabeta informatico non sono pienamente cittadini.

E alfabeta non significa uno che sa usare uno strumento, ma uno che ha competenze in quel campo.  Oggi il 38,8% dei cittadini non è connesso (dati ist. Lorien per Forum PPAA) e il 37% non ha mai usato un PC né a casa né al lavoro (dati Istat). Il 50% delle famiglie ha problemi a iscrivere i figli a scuola online.

Quando parliamo di democrazia parliamo di:

a) saper leggere e scrivere tutti. Quanti sono gli analfabeti e gli analfabeti di ritorno?

b) essere connessi tutti alla rete gratuitamente

c) essere “alfabeti” e competenti informatici ad un livello sufficiente

d) non avere alcun impedimento (come dice la Costituzione) per esercitare questo diritto al pari degli altri: disabili, anziani, reclusi in varie Istituzioni…ma anche non iscritti a un sito, movimento o blog etc…Chi propone oggi la democrazia in rete o è in malafede o ha perso i contatti con la realtà. Come sostiene Rodotà la strada è molto più lunga e complessa e la rete offre oggi informazione, comunicazione, partecipazione, non democrazia diretta.
(Cfr Rodotà, Il diritto di avere Diritti, Laterza VS Intervista a Casaleggio Wired n 8/13)

Democrazia è una cosa complessa, non un algoritmo. E’ o tutti con le garanzie dovute o nessuno. E senza lasciare nessuno indietro. Anche su questo…

Occorrono metodi di lavoro, più formazione, più voglia e capacità di relazione sociale.
Non solo software eterogestiti (che ci inseguono e ci sostituiscono), ma modelli forti di ricerca, comunicazione, condivisione, personalizzazione.
R. Luna Wired ottobre 2012

Si vedano per le tematiche relative agli e-book gli interventi di Boscaino, Guastavigna, Maragliano e l’articolo dei primi due su Micromega

https://www.pavonerisorse.it/democrazia/tecnologie_e_formazione.htm