Quiz concorso, il Miur non cede. E i quesiti diventano un business
La situazione è sfuggita di mano: sui siti internet si stanno moltiplicando le proposte per ottenere, a pagamento, le 3.500 domande comprensive di risposte corrette e sbagliate. Appurato che non si tratta di falsi ,viene da chiedersi chi è l’artefice della fuga di notizie: dopo il “corvo” è entrata in azione pure la “talpa”? In ogni caso, per evitare danni ulteriori, c’è solo una soluzione: rendere pubblici i quesiti completi
01/12/2012
La Tecnica della Scuola
Alessandro Giuliani
C’era da aspettarselo. La sorprendente scelta del Miur di non rendere fruibili con immediatezza le risposte corrette e sbagliate dei 3.500 quesiti “papabili” per lo svolgimento del concorso a cattedra per 11.542 posti, sta producendo una rincorsa all’accaparramento dei temuti test. Con molti dei 321mila aspiranti docenti disposti a tutto pur di venirne in possesso. Ed in fretta, visto che alla verifica reale mancano poco più di due settimane.
L’affare è stato fiutato da alcuni gestori di siti internet, che a poche ora dalla pubblicazione del simulatore ministeriale, solo parzialmente modificato per andare incontro alle richieste degli aspiranti docenti, ma che comunque costringe i candidati a ripetere più volte le stesse sessioni e quindi a perdere tempo, hanno deciso di rendere i quiz scaricabili. Ovviamente comprensivi dell’indicazione immediata della risposta corretta e delle tre errate. Navigando su internet si scopre che ce ne è per tutti i gusti: dalle cartelle per generi ai simulatori speciali, dalle banche dati agli esercitatori in lingua straniera. E secondo quanto risulta alla Tecnica della Scuola, si tratta proprio delle domande e delle risposte che il Miur non vuole rendere pubbliche con questa modalità. Niente falsi quindi.
Il problema è che per venirne in possesso i candidati sono costretti a scaricare dei software e a sborsare delle cifre che variano dai 5 ai 25 euro a candidato. Ora, se a “piegarsi” a questa richiesta, pur se per motivi comprensibilissimi, sarà anche una quota minima di loro (poniamo uno ogni trenta), la scaltra azienda on line si potrebbe ritrovare in un colpo solo qualcosa 250mila euro! Soldi che, tanto per non cambiare, verranno tolti dalle tasche di precari e degli aspiranti docenti.
Ma perché si è giunti a questo? Si poteva fare qualcosa per evitarlo? Sicuramente non era nelle intenzioni del Miur creare una situazione del genere. Per risalire alle responsabilità, bisognerebbe allora risalire a chi, presumibilmente dall’interno del dicastero di viale Trastevere, ha agevolato la fuga di notizie. Perché di questo si tratta, visto che uno dei siti privati artefici del tentativo di business ha pubblicato i 3.500 quiz negli stessi minuti in cui il Miur rendeva visibile sul proprio portate le date, gli orari e le sedi di svolgimento delle prove preselettive. Assieme al contestato simulatore.
Viene allora da chiedersi: chi è la “talpa” che ha dato il là a tutto questo? La domanda se la saranno posta anche gli alti dirigenti del Miur. Che ora rischiano seriamente di vanificare mesi e mesi di duro lavoro, spesi (lo possiamo testimoniare) per cercare di organizzare al meglio le prove. Per non parlare del ministro Profumo. Che aveva puntato tantissimo sul ritorno del concorso a cattedra, dopo 13 anni di assenza: un concorso da proporre come una selezione moderna (con la prima preselezione in Italia priva di fogli di carta) e a costi tutto sommato ridotti (non più di un milione di euro).
Ora, se il buongiorno si vede dal mattino l’immagine di Profumo rischia di uscirne più offuscata che migliorata. A questo punto, ne siamo sempre più convinti, c’è solo un modo per uscirne: mantenere l’innovativo simulatore, che ci avrebbe dovuto avvicinare alle procedure concorsuale dei Paesi moderni, ma affiancargli il tanto acclamato “librone” di domande. Completo di risposte esatte e sbagliate. E farlo anche in fretta.