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Rassegna sindacale - Quella riforma va cancellata

Il Governo e il Ministro Moratti hanno collezionato recentemente una cocente sconfitta: le Regioni han­no imposto il rinvio ad almeno il 2007-08 dell'en­trata in vigore, se mai verrà approvato, d...

03/10/2005
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Il Governo e il Ministro Moratti hanno collezionato recentemente una cocente sconfitta: le Regioni han­no imposto il rinvio ad almeno il 2007-08 dell'en­trata in vigore, se mai verrà approvato, del decreto che attua la "riforma" nella scuola superiore.

Smacco doloroso. Sul versante dell'immagine e della sostanza. La riforma epocale annunciata da Berlusco­ni nel 2001, da attuarsi con 15 decreti, ne vede solo uno approvato ed entrato in vigore in questa legislatura. Questo risultato è stato reso possibile perché in questi anni si è sviluppato uno straordinario movimento, del quale noi siamo stati protagonisti, contro una legge in­giusta. Un duraturo e importante schieramento socia­le che ha visto giovani, insegnanti, studenti e ricercato­ri mobilitarsi unitariamente nel nome della difesa del­l'istruzione pubblica e della qualità dell'offerta forma­tiva. Per i cittadini e gli studenti questo rinvio ha evita­to che a gennaio 2006, il mese delle iscrizioni a scuola, si andasse incontro a un grande problema sociale: fa­miglie costrette a scegliere senza avere a disposizione tutte le informazioni per le lacune del decreto.

Insomma che si sia imposto questo stop è stato un be­ne da tutti i punti di vista.

Per quanto ci riguarda non viene meno, però, la nostra lotta contro un decreto che consideriamo inaccettabi­le nelle sue scelte di fondo. In particolare, siamo contrari al fatto che la secondaria si separi in due canali: uno, i licei, di cinque anni, che conduce all'università e che rimane prerogativa dello Stato, e l'altro, l'istruzio­ne professionale, di quattro anni, che non porta all'u­niversità e che viene affidato alle Regioni. Così si am­plieranno le differenze sociali perché è evidente la re­lazione fra reddito delle famiglie e indirizzo scolastico scelto, perché si assume l'istruzione come fonte di le­gittimazione delle diversità sociali, e non il suo contra­rio come è scritto nella Costituzione e come è sempre stato l'obiettivo del movimento operaio.

Per queste ragioni abbiamo chiesto nelle audizioni par­lamentari il ritiro di un provvedimento che, prima an­cora che una controriforma scolastica, rappresenta una pessima riforma sociale per l'iniquità che introduce nel nostro sistema.

Il risultato conseguito valorizza tantissimo le scelte che la Cgil mette al centro del Congresso: il ruolo strategico del sapere per riprogettare il paese; la cancellazione del­la legge Moratti; l'innalzamento dell'obbligo scolasti­co a 18 anni entro la prossima legislatura; il conseguente adattamento della legislazione in materia di accesso al mercato del lavoro.

Sulle questioni che riguardano la scuola c'è bisogno di un pensiero alto e di una proposta capace di dare ri­sposte a un movimento straordinario, che ha piegato uno dei cardini delle politiche del governo Berlusconi, e il cui ruolo non può essere ora confinato nel passato prossimo. Tutt'altro: per noi il ruolo dell'iniziativa di massa è fondamentale per la costruzione di un pro­gramma alternativo, per tenere aperta la strada del cam­biamento. Che la legge Moratti sia attuata solo nella scuola primaria, e parzialmente grazie all'esercizio del­l'autonomia scolastica, ne rende ancora più praticabi­le la cancellazione come uno dei primi atti della nuova legislatura.

Il rinvio del decreto sulla secondaria consente di af­frontare meglio il tema dell'obbligo scolastico. Questo sarà un punto fondamentale della discussione perché il centro-destra ha avvalorato l'idea di un sapere mini­mo garantito dalla scuola e il resto affidato al mercato. In un mondo nel quale si allunga la vita, aumenta la ra­pidità di acquisizione di nuove conoscenze, cambia vor­ticosamente la produzione, la Cgil sceglie di non di­scutere di obbligo come se fossimo a trent'anni fa e con­sidera anacronistica la proposizione di obiezioni che hanno scarso riferimento all'obiettivo di una via alta al­lo sviluppo, fondata sulla conoscenza, l'innovazione, la formazione per tutto l'arco della vita, come invece vuole fare il progetto che abbiamo proposto nella no­stra conferenza nazionale sulla conoscenza.

Ecco perché adesso occorre garantire la più ampia e partecipata presenza alla discussione, per la costruzio­ne di punti condivisi per un profondo cambiamento di cui c'è bisogno per rivitalizzare la vita pubblica, raffor­zare i legami sociali, spingere verso la partecipazione attiva. Tutte condizioni indispensabile perla qualità del­la democrazia.

Roma, 29 settembre 2005

FULVIO FAMMONI Segretario confederale Cgil

ENRICO PANINI Segretario Generale FLC Cgil