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Repubblica: "Amico mio, studia o iscriviti al Cepu" così i bimbi scrivono agli immigrati

Le lettere di un migliaio di ragazzini italiani agli stranieri

11/10/2009
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la Repubblica

Prima fai i documenti Poi prova a cercare un lavoro per fare un po´ di soldi. E se vuoi vai all´università
Caro Riccardo, anche tu per me sei uno straniero Siamo compagni e non capisco perché mi impedisci di giocare
FABRIZIO RAVELLI

MILANO - «Caro amico marocchino, ti ho visto al telegiornale e hanno detto che sei venuto in Italia per continuare gli studi ma non hai né il permesso di soggiorno né abbastanza soldi. Io sono Alessandro Mariani, un bambino di 11 anni che di sicuro non conosci, e vorrei darti alcuni consigli per continuare il tuo sogno». Carta e penna per scrivere allo straniero, gli strumenti semidimenticati della corrispondenza (bellissima parola) per mandare un pensiero al forestiero, allo sconosciuto. Un pensiero che vada un po´ più in là della stentata calligrafia del messaggino telefonico, della mail, del bigliettino volante. C´è ancora gente, in questo Paese, che ha voglia di prendere carta e penna. Il Festival delle Lettere (festeggia la quinta edizione) ne ha raccolte quest´anno quasi 2 mila: scrivono donne, uomini, ragazzi e ragazze, bambini e bambine. Caro compagno di scuola, cara figlia, caro amico di un altro Paese, cara mamma, perfino caro extraterrestre. I ragazzini (categoria under 14) sono, naturalmente, quelli che hanno uno sguardo più fresco. Il che non significa stucchevole, o di maniera.
Alessandro Mariani, per esempio. Ha vinto un premio: la sua lettera diventerà un cortometraggio diretto da Peter Marcias. All´amico marocchino sconosciuto distribuisce, molto praticamente, consigli. «Per primo vai a fare un permesso di soggiorno, per farlo bisogna andare in prefettura e se non riesci compra un dizionario dove ci sono tutte le parole in italiano. Dopo avere fatto il permesso di soggiorno prova a fare un curriculum e a cercare un lavoro per fare un po´ di soldi, e magari trovare un piccolo appartamento. Se vuoi continuare gli studi o vai a Roma o trasferisciti a Milano in Lombardia, dove ci sono molte università, oppure iscriviti a Cepu».
C´è di tutto, in queste lettere, anche un sospetto di nostalgia e di resistenza civile. Uno sfogo ai buoni sentimenti, ma non solo. A volte aprono squarci realistici di vite vissute, e non sempre felici. Contengono sogni, speranze e desideri, ma anche lacrime e sofferenza. Nemmeno i ragazzini sono tutti entusiasti dello "straniero". Andrea scrive al sindaco del suo paese, Pioltello, per chiedergli di «pulire i parchi e togliere gli zingari, gli zingari che sporcano i campi mettendoci le macchine bruciate, vestiti e immondizia». Oppure il ragazzino è lui uno "straniero", per niente soddisfatto di come viene trattato dal compagno di classe.
«Caro Riccardo - scrive Wonjun, 10 anni - per te io, che sono coreano, sono uno straniero, ma anche tu per me sei uno straniero e questo non vuol dire che ci dobbiamo trattare male. Siamo compagni di classe e non capisco perché quando voglio giocare tu me lo impedisci; quando voglio parlare me lo impedisci; quando voglio leggere un libro, disegnare, chiamare qualcuno per parlare tu mi impedisci di fare tutto. Ognuno di noi ha la propria libertà nel fare ciò che vuole fare, ma tu mi rovini la giornata credendoti un imperatore solo perché sei alto e robusto». E conclude, il povero Wonjun: «Se tu ti mettessi nei miei panni piangeresti così tanto da formare un lago».
Alessandro, che scrivendo a distanza non ha ancora assaggiato il dolce e l´amaro della convivenza con lo "straniero", prosegue nel suo vademecum per l´amico marocchino: «Ho scoperto anche che voi siete musulmani. In Italia stai attento perché c´è molto razzismo e certe volte si arriva ad ammazzare un uomo perché è nero, oppure si può essere perfetti per un lavoro ma non essere assunti perché il capo è razzista. Se vai in giro di notte stai attento ai malandrini, non farti convincere dagli spacciatori a comprare droghe allucinogene. Non ti ho ancora chiesto come ti chiami e quanti anni hai: dalle immagini al telegiornale sembri avere 20 anni. Se ti trasferisci a Milano, prova a cercare a Cernusco sul Naviglio in via Buonarroti, dove abito io».
Compagni di scuola, fratelli adottivi, vicini di casa. Gli "stranieri" stanno dentro la vita dei bambini italiani. Alice ha solo 5 anni, il padre (specifica una nota) si è limitato a scrivere quello che lei dettava senza correzioni: «Cara Stephanie, sono felice che tu sei una mia vicina di casa, lo sai che voglio diventare tua amica? Mi dispiace che tu sei cieca, ma ti dico una cosa: lo sai che anche i bambini ciechi sanno sognare? Quando tu eri in Perù io non ti conoscevo perché non sapevo che tu c´eri... Vorrei tanto che qualcuno riuscisse a inventare un paio di occhiali che permettono ai bambini e alle bambine cieche di poter vedere. Sappi che, anche se io non sono cieca, comunque devo mettermi un paio di occhiali. Me l´ha detto l´oculista». Lettere scritte a mano, il festival ne ha ormai 6.500 nel suo archivio. I premi dell´edizione 2009 verranno consegnati oggi al teatro Dal Verme di Milano.