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Repubblica-Blair vince la prima battaglia sì alla riforma universitaria

TONY BLAIR NEL MIRINO Passa per soli cinque voti (316 a 311) il progetto del Labour sull'aumento delle rette Blair vince la prima battaglia sì alla riforma universitaria ...

28/01/2004
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la Repubblica

TONY BLAIR NEL MIRINO
Passa per soli cinque voti (316 a 311) il progetto del Labour sull'aumento delle rette
Blair vince la prima battaglia sì alla riforma universitaria
Nell'ultimo secolo solo tre bocciature per i governi inglesi
Caccia ai voti mancanti in cambio di modifiche
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
ENRICO FRANCESCHINI


LONDRA - Sia pure di un soffio, Tony Blair evita un'umiliante sconfitta e continua a vincere. La sua riforma universitaria, che porta a 3 mila sterline (circa 4.500 euro) le rette annuali per gli studenti, passa con una maggioranza di appena cinque voti alla camera dei Comuni: 316 voti a 311. E' il margine più stretto ottenuto dal primo ministro in quasi sette anni al potere. Più di settanta deputati laburisti gli hanno votato contro, e potranno tornare alla carica quando la legge sarà ridiscussa in seconda lettura. Come che sia, intanto il leader del New Labour supera il primo ostacolo di una settimana di fuoco e può affrontare più rinfrancato il secondo: la pubblicazione, stamani, del rapporto Hutton sul "Kellygate". Se passerà indenne anche questo, è probabile che avrà la strada spianata alla rielezione, la terza consecutiva, tra un anno e mezzo.
Per tutta la giornata, un duplice conto alla rovescia scandisce il suo destino. Quello delle ore che mancano al voto alla camera dei Comuni: le reti televisive continuano a inquadrare il Big Ben, l'orologio simbolo di Londra, svettante sopra Westminster. E il conto dei deputati che mancano al governo per raggiungere la maggioranza minima: trenta, annunciano al mattino i portavoce, venti, nel primo pomeriggio, otto, alle cinque della sera, tre, soltanto tre, alle sei e un quarto. Dopodiché non si sa più nulla fino al momento solenne della votazione. Mentre oratori "pro" e "contro" si alternano nell'aula, saltando su e giù come disciplinati birilli dai sedili di pelle verde dei Comuni, nei corridoi proseguono a ritmo serrato le pressioni.
Blair incontra personalmente molti "ribelli" laburisti. Guarda negli occhi uno dei loro capi, George Mudie, chiedendogli a bruciapelo: "Posso contare sulla tua fedeltà?", e l'altro, senza batter ciglio, replica: "No". Ma qualcuno cede. Alle tre, Nick Brown, uno dei cervelli della rivolta, torna sul carro di Blair: "Voterò per la legge", dichiara, "le ultime concessioni del governo mi hanno convinto".
Qualche concessione in effetti arriva: l'impegno a non aumentare le rette oltre il limite di 3 mila sterline per almeno due legislature; la promessa di riesaminare gli effetti del provvedimento entro due anni. Il pressing più efficace, tuttavia, è il richiamo all'unità del partito per non beneficiare l'opposizione conservatrice: "Per umiliare Blair oggi, finirete per perdere il vostro seggio nel 2005", sembra che sia il monito del cancelliere Gordon Brown ai rivoltosi. Non c'è dubbio che una sconfitta sarebbe stata umiliante per Blair e un cattivo presagio per il Labour.
Nell'ultimo secolo, esistono soltanto tre precedenti di leggi bocciate in prima lettura a Westminster. In un sistema come quello britannico, con appena tre partiti in parlamento, i governi non dipendono da fragili coalizioni: è raro perciò che un'importante iniziativa legislativa venga sconfitta. Quando succede, è un campanello d'allarme per il governo, il segnale che non durerà a lungo. Non a caso, l'ultima volta che accadde, nel 1986, fu poco prima che Margaret Thatcher cedesse lo scettro del comando a John Major, in un "golpe" interno ai Tory, che non ne potevano più della "lady di ferro", nonostante li avesse tenuti al potere per oltre un decennio.
L'opposizione alla riforma universitaria di Blair riflette sentimenti simili. In parte è sul merito di una legge che, dicono i suoi critici, introduce elementi di privatizzazione nell'istruzione superiore e potrebbe finire per creare, come negli Stati Uniti, un'università a due binari: una di élite, più costosa, riservata alle classi più abbienti; e una più a buon mercato, ma meno qualificata, per i più poveri. Ma in parte la rivolta laburista è una protesta contro Blair, per la guerra in Iraq, per le manipolazioni dei media, per l'incapacità di ascoltare pareri diversi dal suo. Questo dissenso, nel suo partito ma pure nei media e nel paese, non si esaurisce con il voto di ieri. Anche se il primo ministro conferma che, al momento di contare voti, è ancora lui a vincere.


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