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Repubblica-Chiusa scuola coranica clandestina

Era stata aperta in un centro islamico di Sassuolo, nel Modenese. È il primo caso del genere in Italia Chiusa scuola coranica clandestina C'erano quindici bambini. Accuse per le famiglie e i maes...

06/06/2004
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la Repubblica

Era stata aperta in un centro islamico di Sassuolo, nel Modenese. È il primo caso del genere in Italia
Chiusa scuola coranica clandestina
C'erano quindici bambini. Accuse per le famiglie e i maestri

Piccardo, presidente Ucoii: "Noi invitiamo a mandare i ragazzi nelle aule italiane. Così si rischia il ghetto"
DAL NOSTRO INVIATO
MICHELE SMARGIASSI

SASSUOLO - Sugli infissi di alluminio anodizzato i sigilli pieni di timbri dicono solo "immobile sequestrato", ma non è un sequestro giudiziario qualsiasi. Venerdì, proprio nel giorno della preghiera, la questura di Modena ha chiuso d'autorità una scuola coranica, ed è sicuramente la prima volta che succede in Italia. "Abusiva", è la spiegazione del commissariato di Sassuolo, capitale delle piastrelle, nel cui popolarissimo quartiere Braida, dietro due vetrine da negozio senza insegne, quindici bambini tra i sei e i sedici anni studiavano arabo, religione e spiccioli di scienze e matematica. Adesso sono guai per molti: per due dei quattro insegnanti marocchini, denunciati per esercizio abusivo della professione; per due dirigenti del Centro culturale islamico accusati di falsa documentazione; per le quindici famiglie marocchine e tunisine colpevoli di inadempienza dell'obbligo scolastico.
Perché i quindici ragazzini (quasi tutti in età da elementari), va precisato, frequentavano soltanto la scuola islamica. I loro nomi non risultavano neppure negli elenchi delle scuole statali che avrebbero dovuto ospitarli. Solo uno, oltretutto, era registrato all'anagrafe. Da quell'uno, però, la polizia è risalita agli altri e ha scoperto la scuola. Due locali con grandi tappeti, scaffali, libri, al piano terra di un grande, cadente condominio di 80 miniappartamenti costruito negli anni Sessanta per ospitare i meridionali immigrati nelle fabbriche di ceramica, oggi abitato dagli operai magrebini che li hanno sostituiti. Parabole satellitari come funghi sui balconi di cemento scrostato, fila di negozietti tutti arabi, barbiere Marrakech, macelleria Zyat, rosticceria Essaoud, bazar, call center. E un sistema di sorveglianza collettiva efficientissimo: "Chi è lei, cosa cerca?", neanche il tempo di scendere dalla macchina e un ragazzo è già lì con aria diffidente. "Cerca l'imam? Venga". La moschea è dietro una delle tante vetrine. Tariq Utman, l'imam, protesta con stupore tutta la sua buona fede: "Nulla, non so nulla del perché. La polizia ha detto scuola abusiva, ha chiuso tutto. Ma noi non sappiamo molto delle leggi italiane, siamo immigrati, forse abbiamo sbagliato, non volevamo nascondere nulla".
Forse no, ma per salvare la loro classe le hanno provate tutte. Quando la polizia, scoperta l'irregolarità, ha chiesto ragione dell'evasione dell'obbligo scolastico, i dirigenti del Centro culturale hanno cercato di far passare la scuola come una specie di succursale della scuola Re Abdulaziz di Roma, un istituto islamico regolarmente riconosciuto, aperto l'anno scorso coi soldi del governo saudita. Ma il direttore, dottor Saud, al telefono precisa che "li abbiamo solo aiutati mandando un po' di libri e un insegnante per gli esami di fine anno. Ma negli attestati è scritto chiaro che quei ragazzi non frequentano la nostra scuola". Alle strette, i responsabili della scuola, non poi così a digiuno delle normative, hanno invocato il diritto alla "istruzione domestica": ma serve l'autorizzazione del direttore didattico, e nessuno l'aveva chiesta.
Così è scattato il sequestro. Per fortuna le lezioni sono finite già da due settimane, e i bambini non ne soffriranno. Ma a settembre? "Se non ci aiutano a regolarizzare la scuola, pazienza, li manderemo alle scuole italiane" continua a spiegare l'imam Utman. Ma un guaio di sicuro è già fatto. Un altro mattone nel muro delle incomprensioni multiculturali, un altro motivo di tensione in una cittadina che soffre i suoi problemi di integrazione a livelli più francesi che italiani. "Nelle nostre scuole c'è un otto per cento di bambini immigrati", conferma Ruggero Cavani, assessore alla scuola. "Avrei preferito che questo caso fosse stato risolto con la mediazione più che con l'autorità, speriamo che almeno serva per imboccare la strada giusta".
Difficile. Il caso della "scuola clandestina" scoppia proprio alla vigilia delle elezioni, in un quartiere spesso sulle cronache per problemi di microcriminalità e conseguenti proteste dei residenti. Nessun italiano si avventura nei dintorni del palazzone bianco di Braida, mondo autosufficiente di cui la scuola separata era una parte integrante. Irregolarità amministrative o meno, è forse questo il fenomeno su cui questa vicenda alza un velo. "Noi abbiamo una linea diversa", spiega da Milano Roberto Hamza Piccardo, presidente dell'Unione delle comunità islamiche italiane, a cui il centro di Sassuolo non è associato: "Abbiamo le nostre classi domenicali di arabo e di Corano, ma invitiamo le famiglie a mandare i loro figli nelle scuole italiane. Le scuole separate, lo si voglia o no, rischiano di diventare ghetti".