Repubblica: Don Ciotti: i mafiosi temono la scuola più della giustizia
"Colpiamo la spina dorsale del potere delle famiglie"
BARI - «Da soli non ce la faremo». Don Luigi Ciotti cita Rocco Chinnici, il magistrato ucciso a Palermo nel 1983, per richiamare tutti all´impegno contro le mafie. «Senza una nuova coscienza collettiva non ce la faremo», insiste il fondatore di Libera.
Don Luigi Ciotti, ritiene che l´impegno della rete contro le mafie abbia fatto crescere la cultura della legalità?
«In questi anni è stato fatto molto, ma non basta. Bisogna lavorare perché si affermino tutte le forme di legalità e in tutte le loro espressioni: l´unica strada è mettere da parte l´io e puntare sul noi».
Oggi, nella manifestazione di Bari, i familiari delle vittime di mafia saranno particolarmente numerosi. Quanto contano la loro testimonianza e il loro impegno?
«Conta la loro testimonianza e soprattutto il loro impegno. Mai i familiari delle vittime sono stati così numerosi. In questi anni hanno trovato la forza di mettersi in gioco e di diventare punti di riferimento per la grande rete di Libera. Noi siamo qui per loro: vengono con le loro storie e le loro speranze, dobbiamo ascoltarli».
La lotta alla mafia è però ancora lunga.
«Mafia vuol dire usura, pizzo, lavoro nero, rifiuti, sfruttamento della prostituzione: bisogna colpire la spina dorsale del potere mafioso. Siamo in Puglia per ricordare i quindici anni della morte di don Tonino Bello, ma anche per condividere le parole di Paolo Borsellino, che nel momento di maggior successo seppe andare controcorrente, invitando a non coltivare perniciose illusioni. Le mafie hanno una grande capacità di rigenerarsi. Per questo dobbiamo educare alla legalità: la mafia teme più la scuola che la giustizia. Non bisogna perdere la speranza: si possono strappare tutti i fiori, ma non si può impedire che la primavera ritorni».
(r.lor.)