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Repubblica: Epifani: "Dal governo luci e ombre il nostro sì non è scontato"

Il leader Cgil: bene manovra e liberalizzazioni, ma con le fibrillazioni della maggioranza autunno a rischio Epifani: e sulla Finanziaria Prodi può cadere

30/07/2006
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la Repubblica

La concertazione Sul decreto Bersani c´è stato un errore di metodo, ci voleva prima il confronto poi la decisione. Non vorrei che con il sindacato si adottasse lo stesso criterio, il confronto non va ristretto

La finanziaria Il mondo del lavoro chiede che il risanamento passi per l´equità, e che i risparmi vadano collegati alle riforme

Marchionne In Fiat ha fatto molto bene, forse ce ne vorrebbero tanti come lui in tutta la classe dirigente del nostro Paese

ROBERTO MANIA

ROMA - «C´è il rischio che il governo Prodi scivoli sulla Finanziaria».
Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil, non si nasconde dietro confortevoli ottimismi. Sa bene che il futuro della maggioranza di centrosinistra si gioca tutto in autunno, su quei 35 miliardi di euro necessari per il risanamento dei conti pubblici e per rilanciare lo sviluppo. Perché è lì che le divisioni tra i partiti eterogenei della coalizione affioreranno di nuovo con prepotenza di fronte agli interessi che ciascuno rappresenta, molto più che sull´indulto o sulla missione militare in Afghanistan. Né - aggiunge - è possibile immaginare che dal sindacato, e in particolare dalla Cgil, arrivi la ciambella di salvataggio: «Il nostro sì non è scontato. Dipende dalle decisioni che saranno prese. Ci vuole equità. E, ribadisco: il sentiero è strettissimo».
Come giudica l´azione del governo fino ad ora?
«Ci sono luci ed ombre. Le luci sono il carattere della manovrina di aggiustamento con cui si sono colpite l´elusione e l´evasione fiscale. Bene anche le liberalizzazioni e le misure per gli immigrati. Luci, ancora, nel cambiamento di politica estera che con la conferenza di Roma ha riportato il nostro Paese a giocare un ruolo di primo piano sullo scacchiere internazionale».
E le ombre quali sono?
«Mi aspetto che si faccia di più nella lotta alla precarietà del lavoro. E poi, ci sono le grandi difficoltà interne alla maggioranza. Le rivalità, gli scavalcamenti, le continue fibrillazioni. Un quadro esaltato dal fatto che al Senato l´Unione prevale per pochi voti».
Come pensa che una maggioranza così esile possa affrontare una prova dura come quella della Finanziaria?
«Sarà il vero banco di prova per la maggioranza: o si unirà e troverà nuovo slancio per proseguire, oppure entrerà in sofferenza».
Sta dicendo che in autunno Prodi si gioca il suo futuro?
«Sì, secondo me è così».
Fino al rischio di una crisi?
«Certo. Vedo il rischio di una crisi sulla Finanziaria perché con gli interessi che tocca è il terreno sul quale prevalgono le logiche di parte più che quelle di coalizione».
Non crede che molto dipenderà dalla leadership che Prodi sarà in grado di esercitare sugli alleati?
«Dipenderà da tutti. Anche dal modo con il quale si svolgerà il dialogo tra governo, parti sociali ed enti locali. Per questo è importante che sia stata prevista a Palazzo Chigi una "cabina di regia" molto forte».
Il segretario della Cisl Bonanni sostiene che la Cgil sia prigioniera della logica del "governo amico" e che con Prodi eviterà qualsiasi scontro dopo aver fatto sei scioperi contro Berlusconi. Come risponde?
«Che è un giudizio ingeneroso e che non corrisponde al vero. Tant´è che con la Cisl e la Uil stiamo lavorando unitariamente. La Cgil non soffre di alcuna sindrome del governo amico. Negli anni abbiamo maturato un´idea di autonomia che ci pone al riparo da simili rischi. Per noi conta il merito e se il governo non fa le cose bene, seguendo il programma e il mandato degli elettori, il sì della Cgil non è scontato».
La Cgil dice di condividere l´analisi e le preoccupazioni del ministro Padoa-Schioppa. Però sulle terapie alza le barricate: nessun taglio a pensioni, sanità, pubblico impiego. Non è una contraddizione?
«Intanto la parola "tagli" andrebbe cancellata dal linguaggio del governo. Il processo di risanamento passa attraverso una politica fiscale nel segno dell´equità che restituisca il drenaggio fiscale ai lavoratori e ai pensionati, che faccia pagare a chi elude o evade, che ripristini la progressività nell´imposizione e la tassa di successione sui grandi patrimoni, che alzi il prelievo sulle rendite finanziarie. Poi i risparmi vanno collegati a politiche di riforme che affrontino tutti i problemi aperti nella sanità, nell´istruzione, nella previdenza, valorizzando il lavoro pubblico. Solo così si possono dare risposte alle attese di quella grande parte del mondo del lavoro che ha votato il programma del nuovo governo».
Quindi non esclude che si possano ritoccare i coefficienti di trasformazione delle pensioni, come previsto dalla riforma Dini?
«Il dibattito sulle pensioni si è concentrato tutto sui coefficienti e sul cosiddetto "scalone", ma si ignorano altri aspetti. Per esempio l´inaccettabile situazione del fondo dei dirigenti d´azienda. Il governo di centrodestra decise, contro l´opinione dei sindacati, di farlo entrare nell´Inps per la montagna di deficit che aveva accumulato. Ora quel fondo ha un passivo di circa 1,5 miliardi. Bene, sa chi paga le pensioni dei dirigenti di impresa? I lavoratori dipendenti e gli atipici. Questa è un´emergenza e per questo si deve pensare a nuove forme di solidarietà da parte delle imprese o dei dirigenti. Nella previdenza la lotta ai privilegi non è ancora terminata. Per il resto, sappiamo bene che c´è un problema di equilibrio tra generazioni che va affrontato perché i giovani pagano troppo per le basse pensioni che sono destinati a ricevere».
Pensa che il governo debba proseguire nelle liberalizzazioni nonostante la protesta delle categorie?
«La Cgil è totalmente d´accordo con Bersani. Ci sono settori cresciuti con l´idea di essere intoccabili, dei feudi corporativi senza concorrenza. Così, mentre i salari non aumentavano i costi per i servizi hanno continuato a farlo. Il governo deve andare avanti anche perché non si possono accettare forme di ribellismo, come quella dei tassisti e dei farmacisti, entrambe strumentalizzate dalla destra. Detto ciò, penso che il governo abbia sbagliato nel metodo. Bisognava fare alla rovescia: prima il confronto e poi la decisione. Non vorrei che con il sindacato si adottasse lo stesso criterio».
A proposito di metodo: non crede che il sistematico ricorso al voto di fiducia stia esautorando il Parlamento dalla sua funzione legislativa?
«Purtroppo sono i numeri al Senato che impongono il voto di fiducia. Questo però restringe il confronto democratico. Anche qui, non posso nascondere la mia preoccupazione per eventuali provvedimenti presi dal governo su interessi che rappresenta il sindacato e che potrebbero essere approvati senza discussione».
La via d´uscita potrebbe essere un allargamento della maggioranza. La Cgil sarebbe favorevole?
«La Cgil è affezionata ad un´idea matura del bipolarismo; crede che ci si debba confrontare su offerte politiche alternative e che chi vince abbia il dovere di governare. Insomma, se il governo cade si deve tornare al voto. Piuttosto è necessario rendere più coeso il profilo della coalizione. Pensi all´indulto: è legittimo che ciascuno abbia su un tema così delicato la sua posizione (la Cgil, ad esempio, ha chiesto di derubricare i reati sulla sicurezza del lavoro), ma anche qui è il metodo che non va bene. Non ci possono essere ministri che si dicono favorevoli allo sciopero generale e altri che si tolgono per un giorno la giacca ministeriale per poi rimettersela».
Le nomine nelle aziende pubbliche: la designazione di Fabiani al vertice delle Fs è stata bloccata dalla Margherita. Sta tornando la vecchia lottizzazione o non c´è nulla di nuovo?
«Penso che aziende come le Ferrovie e l´Alitalia non possano restare nell´incertezza. Cambiare i dirigenti è condizione necessaria ma non sufficiente. Penso in particolare all´Alitalia: nemmeno se ci fosse uno come Marchionne al posto di Cimoli le cose andrebbero subito a posto. L´Alitalia si sta spegnendo, tra sei mesi rischia di non avere più risorse. Ci vuole una soluzione transitoria che le permetta, dopo essere stata rilanciata sul piano industriale, di negoziare alla pari un´alleanza internazionale».
Ha parlato di Marchionne. Anche lei come Bertinotti ne auspica uno nella politica?
«No, ha fatto molto bene alla Fiat ma in politica non si può affidare tutto ad un uomo solo. Forse ci vorrebbero tanti Marchionne in tutta la classe dirigente».