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Repubblica-Epifani: il Paese vacilla 400 mila posti a rischio

L'INTERVISTA Il segretario della Cgil avverte: rischiamo di avere un autunno davvero difficile Epifani: il Paese vacilla 400 mila posti a rischio "Dpef vuoto e poco credibile, nessuna ricetta...

17/07/2005
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la Repubblica

L'INTERVISTA
Il segretario della Cgil avverte: rischiamo di avere un autunno davvero difficile
Epifani: il Paese vacilla 400 mila posti a rischio
"Dpef vuoto e poco credibile, nessuna ricetta seria"

pensioni e contratti Non c'è una sola parola per i pensionati, nulla per il Sud, niente di niente sul fiscal drag. Né si capisce come verranno onorati i tanti contratti pubblici
il taglio all'irap Non servirà a far riprendere la crescita. Questa storia dell'Irap è soltanto uno specchietto per le allodole, un titolo dentro cui non c'è nulla
pensioni e contratti Non c'è una parola sul potere d'acquisto dei pensionati, nulla sul Sud, niente sul fiscal drag. Né si capisce come verranno onorati i contratti pubblici
i tagli all'irap Non serviranno a far ripartire la crescita. Questa storia degli sgravi è solo uno specchietto per le allodole, un titolo sotto il quale non c'è nulla
ELENA POLIDORI

ROMA - Guglielmo Epifani giudica il nuovo Dpef "vuoto di indicazioni credibili, aleatorio nelle scelte". E questo lo preoccupa: "Se il governo continua a non fare nulla, l'autunno sarà davvero difficile: 3800 aziende in crisi, 400 mila posti di lavoro a rischio e il paese tutto vacilla".
Che scenario disegna il leader della Cgil?
"Crescita zero. Lo stock del debito in aumento. E poi: aziende che chiudono, un mucchio di persone a spasso, i consumi delle famiglie fermi, le grandi sacche di precarietà che s'allargano e restano senza risposte concrete. E tanta, tanta cassa integrazione: già oggi si esercita per 56 mila lavoratori in ragione d'anno, il doppio di 2 anni fa. Anche i primi segnali della stagione turistica non sono incoraggianti. Nel complesso direi che il 2005 s'annuncia davvero pesante".
Nessun segnale di ripresa?
"Niente di apprezzabile ed è presto, comunque, per dirlo".
Non è un quadro un po' troppo fosco?
"No, è realistico. E tra le altre cose è alimentato da una obiettiva difficoltà di creare fiducia nel futuro proprio perché le misure previste dal Dpef sono aleatorie e poco credibili".
Si riparla però di tagliare l'Irap: basterà a far riprendere la crescita all'1,5% come spera il governo?
"Assolutamente no, anche se il governatore Fazio pensa il contrario. Allo stato, questa storia dell'Irap è solo un'intenzione, un titolo, dentro cui non c'è nulla, tantomeno la copertura: pare uno specchietto per le allodole. E poi non dimentichiamoci che il governo taglierà i trasferimenti agli enti locali, col risultato di comprimere ancora di più gli investimenti pubblici. Inoltre sono fermi anche gli investimenti in infrastrutture: malgrado le parole che il governo spende, non ripartono certo da un giorno all'altro. Quindi due componenti essenziali dello sviluppo sono piatti".
Si parla di rilancio delle opere pubbliche, però?
"Si parla, appunto".
E di sgravi alle famiglie povere...
"Un altro di quei titoli".
E di aiuti per affitti e asili nido, oltre che di lotta all'evasione.
"Ma non c'è una parola per i pensionati, nulla per il Sud, niente di niente sulla restituzione del drenaggio fiscale per i lavoratori dipendenti. Né si capisce come verranno onorati i contratti pubblici. E ancora meno come verranno sostenute le imprese che cercano di esportare, che stanno da sole parzialmente riorganizzandosi con uno sforzo di investimenti".
Già, che fanno le imprese?
"Si arrangiano: ristrutturano, cercano di ridurre i costi, delocalizzano, piano piano si misurano con altri mercati. Ma pesa la crisi di alcuni settori manifatturieri: il tessile, l'abbigliamento, l'auto".
Non sarà che, nel tempo, si sono sedute aspettando le svalutazioni ed ora che c'è l'euro si ritrovano spiazzate?
"Sicuramente pesa nei loro comportamenti il ricorso alle svalutazioni del passato. Diciamo che scontano errori che risalgono agli anni '90 quando, invece di investire, innovare o crescere, hanno preferito la finanza e la diversificazione in settori più protetti".
Ha ragione Berlusconi allora quando dice che, nelle aziende dove c'è stato il cambio generazionale, i figli anziché lavorare vanno in vacanza?
"Diciamo che questo attiene alla struttura proprietaria delle piccole e medie imprese, che ha dei vantaggi e degli svantaggi".
L'industria fatica a tenere il passo, il governo secondo lei promette e basta: e in mezzo?
"C'è un paese che arranca, perde peso nel commercio internazionale e dunque perde anche dinamismo. Se solo ci avessero ascoltati! Sempre, nelle Finanziarie, diciamo cosa secondo noi andrebbe fatto e puntualmente il governo decide il contrario".
Anche il sindacato ha le sue responsabilità, non crede?
"Da questo punto di vista non ne vedo: da anni elenchiamo inascoltati ciò che non va".
Per esempio sui contratti: perché non va rivisto l'accordo di luglio del 93?
"Io penso che non sia oggi una priorità, mentre la gente perde il lavoro, le aziende chiudono e le famiglie si impoveriscono. Ma ci si rende conto di quanti sono 400 mila posti a rischio? Noi teniamo questa stima costantemente aggiornata: ogni vertenza che chiudiamo, se ne aprono due".
Non sarà che non vi fidate perché c'è di mezzo una scadenza elettorale?
"Del tema discuteremo presto con Cisl e Uil: lavoreremo insieme".
Ma le elezioni influiscono o no?
"Sul Dpef e la Finanziaria non c'è dubbio: a settembre si faranno tutti i giochi e tutte le scelte decisive".
Lei dichiara che le famiglie si impoveriscono. Berlusconi sostiene invece che la povertà non c'è e tutti hanno i telefonini.
"Lasciamo perdere".
Dice anche che i consumi crescono.
"Quelli di lusso sì, quelli popolari e più diffusi no".
E ieri ha consigliato di seguire gli insegnamenti di Einaudi contro il caro prezzi: cercare la merce più conveniente.
"Ma non dice che il governo non si è preoccupato dello scalino che si è creato con l'ingresso dell'euro e non ha esercitato i controlli dovuti. Poi, quando si è reso conto, non ha fatto nulla per fermare la crescita dei prezzi. Quante volte ha promesso un intervento sulle accise dei prodotti petroliferi? Almeno quattro, invano. E questo per molte famiglie ha determinato un relativo impoverimento. Ma è inutile elencare: il governo non dice tante altre cose".
Per esempio?
"Diciamo che preferisce li annunci alle cose concrete, gli specchietti per le allodole alla realtà: sento solo promesse".
E quando le sente, cosa pensa?
"Che è un modo poco serio di affrontare una situazione critica, difficile: abbiamo assistito a quattro anni di scelte sbagliate; il quinto non si smentisce. Penso anche che il governo non ha tratto nessuna lezione della realtà che deve fronteggiare e che ha contribuito a creare. Aggiungo che è sempre più lontano dai problemi reali del paese: non c'è più sintonia, non ha più nemmeno la voglia di fare".
Cosa, in concreto?
"Sostenere i pensionati, rifinanziare gli ammortizzatori sociali, aiutare il sud, restituire il drenaggio fiscale, finanziare i contratti pubblici. E poi gli investimenti, il Mezzogiorno. Mi devo ripetere?"
La risposta del sindacato, quale sarà?
"Quella classica: se queste misure non saranno in Finanziaria, chiederemo al governo di cambiarla ed esprimeremo con forza il nostro disappunto. Se non lo fa, risponderemo con la lotta unitaria".