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Repubblica: Etica, università e un´inchiesta giornalistica

Nicola Colaianni

16/05/2008
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la Repubblica

L´analisi
Dalle parole ai fatti. L´Università s´è mossa. Da ieri la volontà di rottura con un passato infamante non è più affidata a semplici declamazioni o cambi di denominazione. Che, come la nebbia, lasciano il tempo che trovano. Quando addirittura non danno dignità ideologica a fenomeni vegetativi di immobilismo. Da ieri quella volontà è diventata fattiva. E si esprime prima di tutto con l´espulsione di chi ha abusato della sua funzione, facendo proprie le cose di cui ha la disponibilità e rivelando segreti d´ufficio. Un atto dovuto, certo. Invero, la sanzione massima del licenziamento è prevista obbligatoriamente per chi sia stato condannato (o abbia patteggiato: è lo stesso) per gravi reati contro la pubblica amministrazione. La stabilisce il contratto collettivo nazionale per i dipendenti delle università. Vale a dire: sul sanzionare con la misura massima quel genere di condotte concordano gli stessi sindacati dei lavoratori. Senza corporativismi o connivenze. Si tratta solo di applicarle quelle sanzioni. Sono dovute, ma si può svicolare. Per esempio, facendo "incolpevolmente" decorrere il termine massimo per irrogarle. Ma il rettore e gli organi disciplinari dell´università barese hanno fatto per intero il loro dovere. Hanno discusso, meditato, valutato – com´è giusto - la possibilità di irrogare sanzioni meno drastiche, ma alla fine hanno imboccato risolutamente la strada maestra disegnata dalla legge.

Un segnale positivo, di cui va dato loro meritevolmente atto. Non ci si può compiacere delle condanne o delle sanzioni disciplinari massime, come i licenziamenti. Sono destinate comunque a modificare radicalmente la vita di chi le subisce e soprattutto dei loro ignari familiari. Tanto meno c´è da ostentare soddisfazione in un caso, come questo, in cui è verosimile che un numero ben più ampio di dipendenti si comportasse come i due licenziati. Che i test di ammissione alle facoltà, preparati dai docenti locali, rientrassero nella categoria del segreto di Pulcinella era, purtroppo, nozione di comune esperienza. Perciò appunto Repubblica Bari decise di verificare la notizia. E affidò il servizio ad una giornalista, che si finse studentessa su indicazione del magistrato. La verifica risultò positiva al primo tentativo. A dimostrazione della facilità con cui era possibile entrare in possesso dei quiz, con relative risposte, prima dell´esame.
Del resto, furono gli stessi dipendenti ora licenziati a raccontare che quelle fotocopie circolavano indisturbate in uffici e corridoi. Un danno incalcolabile per l´immagine della seconda università del Mezzogiorno. Che si arrestò grazie a quella iniziativa giornalistica. Ora che la giustizia penale e disciplinare ha fatto il suo corso e che la legalità dei test d´accesso, ormai preparati da società esterne, è stata ripristinata, è opportuno ricordarla quella iniziativa. Anche perché all´epoca i riconoscimenti furono, per dir così, molto parchi. E anzi ai giornalisti mal gliene incolse in termini di ventilati provvedimenti disciplinari da parte del loro stesso ordine e comunque di reazioni scontrose al limite dell´embargo informativo da parte degli organi universitari.
Ma è opportuno ricordarla quella iniziativa temeraria anche perché da essa scaturì l´esigenza di un codice etico. Fu affermata a chiare lettere nella relazione della commissione d´indagine nominata dal rettore. E fu ribadita in una relazione successiva: quella per i fatti della facoltà di Economia, allora sprezzantemente sottovalutati dagli organi accademici in odio alla commissione ed in queste settimane pervenuti nondimeno all´esame degli organi giudiziari. Proposta inutile, si obiettò diffusamente. Norme aggirabili perché non sempre coercibili. Ma i fatti dimostravano che di quelle norme c´era bisogno. Perché esprimono valori coerenti con i principi costituzionali: "I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore" (art. 54). Perché indicano il "dover essere" della funzione universitaria in generale e, in particolare, il "dover essere" della funzione di coloro che vi operano. Il codice etico è stato finalmente approvato ed è ormai vigente. Ma non sarebbe nato senza l´input provocato da quella iniziativa giornalistica e senza il sostegno che intorno ad esso questo giornale ha stimolato nell´opinione pubblica. Un esempio di circolo virtuoso, che può creare il sistema democratico di pesi e contrappesi tra istituzioni e organi di stampa.
Certo, alto è stato il prezzo pagato dall´università barese. È diventata un caso nazionale (e, un po´, anche internazionale, visto che se n´è occupato il Times). È diventata una specie di cartina di tornasole dell´intera università italiana. Perché il marcio s´è trovato, più o meno, anche altrove. Ma i fatti stanno dimostrando che gli anticorpi, dappertutto e anche qui, ci sono. L´operazione verità paga.