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Repubblica/Genova: Il silenzio dentro l´Università altro che depressi o ottimisti

Dibattito dopo la visita di Mussi a Genova

29/06/2006
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la Repubblica

Grido d´allarme dalla facoltà di Lettere dopo la polemica innescata da Coletti e respinta da illustri esponenti delle facoltà scientifiche
Dopo la Riforma Berlinguer c´è già chi rimpiange la laurea in quattro anni e il Magistero: solo i giovani hanno già capito come "girano" le carriere
il dubbio Perché Architettura non invita mai Renzo Piano a un incontro?

la delusione L´esperienza nella gestione locale della Riforma è stata la peggiore

Ricercatori Il trucco è solo scegliere settori non troppo affollati di docenti

la paura Oggi neppure i giudici hanno il coraggio di denunciare commissioni impunite

MASSIMO QUAINI*

se la giornata genovese del ministro Mussi servisse a prendere atto finalmente della reale situazione dell´ateneo genovese, sarebbe già un bel risultato. Non mi pare invece che la discussione che si è aperta fra Vittorio Coletti e un certo numero di colleghi delle facoltà scientifiche si sia seriamente incamminata su queste strada. Coletti ha espresso le sue convinzioni e come tanti che, da sinistra, la pensano allo stesso modo ha chiesto al nuovo governo uno scatto di creatività, un progetto che sappia andare oltre la soglia del meno peggio, oltre l´orizzonte piatto. Un progetto che sappia "scaldare i cuori". E´ la stessa richiesta che da altri luoghi della società civile (e in primis da questo stesso giornale) si leva anche nei confronti del nostro attuale governo regionale che, dopo più di un anno, sembra incapace di emanciparsi dal grigiore del giorno per giorno e dai mali condizionamenti dell´eredità lasciata dalla giunta precedente.

Il problema, in ordine all´Università, non è dunque quello di dividersi fra depressi e euforici, fra pessimisti e ottimisti né di fingere stupore se qualcuno critica l´ottimismo di facciata che serve solo a nascondere la realtà, ma è piuttosto quello di guardare finalmente che cosa c´è dietro i paraventi che da anni nascondono le rovine di un edificio incompiuto che non ha più un progetto. Il discorso non cambia se invece che di rovine si preferisce parlare delle perenni sovrastrutture di un cantiere, che da tempo si è avvitato su se stesso e si è rassegnato ad aspettare le novità del ministro. Novità sempre contraddittorie, novità sempre più burocratiche e senza anima. Novità che quando hanno un´anima ce l´hanno di destra!

Spero che Mussi mi smentisca presto. Ma, intanto, se nel nostro paese i cittadini hanno potuto conoscere qualcosa dello stato reale della ricerca e della vita universitaria questo merito lo devono attribuire non all´istituzione e ai suoi stanchi rituali, ma a inchieste giornalistiche come quelle di Reporter, il bel programma della Gabanelli. Negli anni scorsi ho partecipato alla gestione locale della riforma Berlinguer, come presidente di un Consiglio di corso di laurea. Mi aspettavo molto. E´ stata l´esperienza più deludente della mia vita di docente. Trattandosi di Conservazione dei Beni Culturali mi aspettavo che il nostro primo problema fosse quello di costruire percorsi didattici, sbocchi e profili professionali. Mi aspettavo che attraverso questo corso di studio l´ateneo genovese potesse stabilire rapporti più stretti e fecondi con la società regionale, con gli enti locali e le agenzie di sviluppo regionale e locale. Niente di tutto questo. Gli unici problemi che interessavano i colleghi erano quelli della difesa corporativa del proprio settore, del controllo sul reclutamento e sulla cosiddetta "programmazione" (parola assolutamente vuota di senso). Mentre si applicava burocraticamente una riforma che veniva dimostrando tutti i suoi limiti, la classe docente otteneva il risultato che più e da sempre scaldava il suo "cuore" nei consigli di facoltà e di corso di laurea: autopromuoversi, todos caballeros, i ricercatori associati, gli associati ordinari, tutti indistintamente e indipendentemente dal merito. Come si faccia in questa situazione a parlare di futuro per i giovani ricercatori, di meritocrazia, di possibilità di "una nuova politica di reclutamento, tesa a valorizzare i giovani e il merito", lo sanno o mostrano di volerlo credere solo i nostri colleghi delle facoltà scientifiche. Almeno non prendiamoci in giro e soprattutto non prendiamo in giro i giovani, che in realtà hanno già capito tutto. Basta parlare con loro, basta, in una qualsiasi riunione pubblica, alzare il velo e chiamare le cose col loro nome per trovare subito qualcuno, che ti dà ragione e ti racconta la sua miserevole storia di ricercatore mancato a quaranta anni suonati! La storia di ricercatori che hanno girato l´Europa, lavorato nelle sedi scientifiche più prestigiose e che da noi trovano le porte sbarrate. La realtà è purtroppo questa: chi ha più titoli di merito e più esperienza internazionale di ricerca viene scartato, magari soltanto per il torto, certo non suo, di fare riferimento a un settore scientifico-disciplinare troppo affollato di docenti. Ma nessuno a suo tempo ci aveva detto e tanto meno lo aveva detto ai giovani che la loro possibilità di carriera sarebbe dipesa dalla formulazione di settori scientifico-disciplinari, che in realtà vennero a suo tempo istituiti per tutt´altri fini. Ma di questi meccanismi perversi della cosiddetta riforma, che si sono sovrapposti alla tradizionale pratica concorsuale delle commissioni "blindate", che si consentono tutti gli eccessi e gli abusi, nessuno vuol parlare e se qualcuno lo fa viene subito emarginato come nemico della facoltà e dell´ateneo. Chi ha oggi il coraggio di denunciare commissioni di concorso così impunite, che al giudice che volesse intervenire nel merito non occorrerebbe neppure attivare procedure di intercettazione telefonica fra i commissari, ma basterebbe leggere i verbali e consultare i docenti del settore non coinvolti nel concorso? Gli basterebbe chiedersi quale possa essere la logica che induce il presidente di una commissione a bocciare a un concorso per ricercatore lo stesso candidato, che solo qualche anno prima ha ritenuto idoneo a ricoprire un posto di professore ordinario!!! .

Sono questi i fatti con i quali vogliamo incoraggiare i giovani e premiare i più meritevoli? Perché fatti come questi non indignano più i docenti, perché devono essere tollerati e non suscitare più scandalo?

I risultati di questo disfacimento della dignità della ricerca e della didattica sono sotto gli occhi di tutti ma nessuno li vuole vedere: calano le iscrizioni anche a Conservazione dei Beni Culturali e al DAMS, gli studenti rimpiangono la laurea quadriennale, la facoltà, sempre più isolata dal contesto sociale e culturale più vivo, sopravvive stancamente, vivacchia. Chi, in queste strutture sclerotizzate e finanziariamente esauste, si muove in sintonia con il contesto europeo e regionale, promuove sinergie con strutture e docenti di altre facoltà, fa convenzioni internazionali, contratti e porta risorse fresche alla ricerca, deve difendere con le unghie il proprio spazio, le borse di dottorato, gli assegni e tutto il resto. Deve lottare quotidianamente contro comitati e nuclei di valutazione che fino ad oggi, quando non si sono fatti portatori di interessi settoriali, hanno guardato più alla forma che alla sostanza.

Succede così – ed è cronaca di questi giorni - che la nostra facoltà si faccia superare anche dalle facoltà che in passato le sono sempre state di una o più lunghezze indietro. Nessuno si domanda perché. Perché, per la prima volta nella loro storia, gli studenti invece di guardare avanti sono costretti a guardare indietro e rimpiangere la vecchia laurea e magari, come fa Salvatore Settis, anche la vecchia laurea in Lettere rispetto a quella in Conservazione che ha fallito? Perché gli stessi docenti che un tempo ambivano passare dal vecchio Magistero alla Facoltà di Lettere oggi sono portati a pensare che se fossero ancora nella facoltà dell´attuale Scienze della formazione o nella facoltà di Lingue potrebbero, a quanto si legge nelle graduatorie nazionali, respirare un clima meno pesante, più innovativo? Perché nessuno si domanda come mai nell´ultima graduatoria delle facoltà di Lettere la nostra ha ottenuto, quanto a profilo dei docenti, il primato del punteggio più basso?

Di tutto questo e molto altro nei consigli di facoltà e di corso di laurea non si parla. Speriamo che se ne possa almeno parlare sui giornali.

P.S. Leggo su "La Repubblica" di sabato 24 giugno l´intervento del magnifico rettore che mi pare volto ad avvalorare la versione "ottimistica" dei colleghi delle facoltà scientifiche. Che l´approccio critico e autocritico sia oggi patrimonio soltanto dei rappresentanti delle facoltà umanistiche, escluse dalle provvidenze del nuovo ministro (non uno dei citati interessamenti del ministro ci riguarda)? E´ un dubbio che è legittimo avanzare, insieme alla segnalazione di una piccola coincidenza: nella stessa pagina Piero Ottone ricorda la via crucis alla quale è da tempo sottoposto il progetto di Renzo Piano. E´ troppo ricordare che la Facoltà di Architettura del nostro ateneo ha sempre snobbato le capacità professionali del più famoso architetto italiano?

*docente alla Facoltà di lettere dell´Università di Genova