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Repubblica: Gli immigrati nel paese del bricolage

per integrare, occorre disporre di uno specifico modello di cittadinanza. Che preveda diritti, ma anche norme da osservare. Un modello, in base a cui realizzare politiche sociali, formative

13/08/2006
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la Repubblica

ILVO DIAMANTI

L´immigrazione. Pochi argomenti riescono a scavare, dentro di noi, un solco altrettanto profondo. E pochi argomenti vengono rielaborati in modo altrettanto estremo. Com´è avvenuto negli ultimi giorni, di fronte ad eventi diversi e lontani. Uniti da un solo filo. Gli stranieri.
a) I provvedimenti del governo, che intende a) regolarizzare mezzo milione di immigrati, da tempo occupati in Italia; b) favorire i ricongiungimenti familiari degli immigrati regolari; c) ridurre a cinque anni il periodo di permanenza nel Paese, dopo il quale è possibile agli stranieri chiedere la cittadinanza. Acquisendo, dunque, il diritto di voto.
b) Gli scontri fra immigrati, a Padova, nel quartiere degradato di via Anelli. E la conseguente decisione della giunta di centrosinistra di "cingerlo" provvisoriamente. Con un muro di latta. Principalmente per contrastare lo spaccio. Ma anche per marcare, simbolicamente, la minaccia rappresentata dal quartiere nei confronti della città.
c) Infine, giovedì scorso, in Inghilterra, l´operazione che ha portato all´arresto di oltre venti presunti terroristi. Islamici, ma di nazionalità inglese. Accusati di aver preparato una serie di attentati ai danni di aerei diretti verso gli Usa. E la successiva retata, in Italia, in ambienti di immigrati anch´essi "islamici".
Fatti molto diversi. Racchiusi in una sorta di "bipolarismo ideologico". Che tende a rassemblare tutto. L´immigrazione, il terrorismo, l´islam, l´ordine pubblico. In un pensiero unico e bipolare al tempo stesso. Perché divide il mondo e la verità in due. Il rigore, a destra. La solidarietà, a sinistra (unita, in questi temi, al mondo cattolico). La sicurezza, a destra. L´integrazione, a sinistra. La distanza e l´autodifesa, a destra. Il multiculturalismo, a sinistra.Così, la Lega, che, sull´argomento, ha orientato l´ideologia e la politica del governo Berlusconi, oggi promette di indire referendum e di sollevare le piazze. Fiancheggiata dai giornali della destra popolana ("Libero" assai più della "Padania"), che titolano, in prima pagina, contro "l´invasione"; il "nemico che sta in mezzo a noi".
Mentre il governo di sinistra, appena insediato, smantella la legge sull´immigrazione Bossi-Fini, con iniziative immediate, a elevato significato simbolico. L´allargamento delle quote, la regolarizzazione di ampi settori di immigrati, l´apertura dei criteri in materia di cittadinanza e di accesso al voto. Che, al di là delle intenzioni, sembrano fatte apposta per distinguersi. Anche perché gli esponenti (e i giornali) della sinistra radicale, per contrapporsi, usano il linguaggio del multiculturalismo. Mentre è divenuto evidente, negli ultimi anni, che neppure esso garantisce l´integrazione.
Pensiamo alla Gran Bretagna, dove, dopo gli avvenimenti degli ultimi giorni, dopo l´attentato sanguinoso di un anno fa, ci si interroga proprio sul "modello multiculturale". Sul quale gli inglesi continuano a investire con molta convinzione e con maggiore impegno di prima. E oggi fanno fatica a capire. Perché: giovani cresciuti in un contesto aperto, tollerante (parola orrenda: etnocentrica), democratico, multiculturale, che riconosce legittimità e garantisce rappresentanza alle diverse etnie e religioni. Perché: questi giovani scelgano di aderire a visioni integraliste e fanatiche. Fino al punto di combattere – con violenza – contro il loro stesso Paese. Aprendo un conflitto irriducibile fra identità religiosa e cittadinanza.
Tuttavia, anche le altre "ricette democratiche" più sperimentate appaiono in difficoltà. Pensiamo alla Francia. Il paese che più di ogni altro nega il modello multiculturale. In nome della centralità e della laicità dello Stato. Dove tutti sono francesi, se accettano le norme e i valori della Repubblica. E pensiamo a Parigi. Dove, nello scorso autunno, la rivolta delle banlieues ha messo in luce come le comunità etniche, negate per diritto, si siano formate e riprodotte di fatto. Sul territorio. Dove, nonostante l´attenzione all´integrazione e alla socializzazione delle periferie, nonostante il diritto di voto e di cittadinanza concessi a tutti, la protesta è esplosa, violenta. Per settimane. Senza specifici ed evidenti motivi. Se non l´incapacità del "modello francese" di integrare.
Il fatto è che non ci sono ricette sicure, per affrontare le grandi migrazioni dei nostri tempi. E l´ideologia che oppone le ragioni della sicurezza a quelle dell´accoglienza, il rigore alla solidarietà: non serve. Il multiculturalismo che permea il linguaggio e le azioni della sinistra rischia di giustificare e di accentuare le "divisioni" della nostra società, invece di ridurle. Di moltiplicare i conflitti fra gruppi, invece di superarli. Tuttavia, il "securitarismo" predicato a destra ci sembra peggio. Perché, invece di affrontare i problemi posti dall´immigrazione, li rimuove. Li esorcizza a parole, facendo la voce grossa. Ma, nella realtà, li elude.
La legge Bossi-Fini. Ha trattato gli immigrati alla stregua di "stranieri di passaggio". Lavoratori provvisori. Che, se non in regola, oppure dopo aver concluso il rapporto di lavoro, se ne debbono tornare a casa. Stranieri. Da usare in caso di necessità. Ma con cautela. Perché costituiscono una potenziale minaccia. Alla sicurezza. All´identità nazionale e religiosa. Con l´esito che: data l´impossibilità di controllare tutte le coste e i confini; data l´inadeguatezza delle quote degli ingressi stabilite rispetto alle richieste del mercato del lavoro; data l´impossibilità di frenare le masse crescenti di persone in fuga dalla fame, dalla miseria e dalla guerra. Dato tutto ciò, gli stranieri hanno continuato ad arrivare in misura massiccia nel nostro paese. E a restarvi. Perlopiù da lavoratori irregolari. Riserva copiosa per il lavoro nero, richiesto da alcuni settori del sistema produttivo. Oppure da clandestini. Bacino a cui attingono le attività criminali, diffuse sul territorio. Così, alla durezza ideologica si è associata la bassa capacità di controllare realmente il fenomeno.
Navigando a vista fra mito securitario e multiculturale, noi stessi abbiamo finto di non vedere. Mentre cresceva il ghetto di via Anelli. E molti altri, anche peggiori, si formavano ai margini delle metropoli e delle città italiane. Ci passavamo accanto. Con la testa girata altrove.
D´altronde, per integrare, occorre disporre di uno specifico modello di cittadinanza. Che preveda diritti, ma anche norme da osservare. Un modello, in base a cui realizzare politiche sociali, formative. E urbane. Perché se permettiamo che, nelle metropoli e nelle città, nei medesimi punti, confluiscano e si concentrino grandi flussi di stranieri, spesso clandestini o irregolari, perlopiù della stessa provenienza, possiamo dichiararci multiculturali o securitari. Ma ci scontreremo comunque con le stesse difficoltà incontrate a Padova.
Tuttavia, in Italia, questo modello non c´è. Le politiche urbane, più delle amministrazioni, le improntano gli immobiliaristi. Quelle del lavoro, facendo di necessità virtù, le praticano gli imprenditori. Mentre quelle educative sono, da anni, al centro di riforme e riformicchie che procedono, per prove e per errori. Un taglio qui e un rammendo là. Umiliando gli insegnanti, deprimendo la scuola pubblica senza qualificare quella privata.
In merito al "diritto di cittadinanza", peraltro, la preoccupazione più grave, emersa dal dibattito politico, sembra essere legata al voto degli immigrati. Perché la destra è convinta che si orienterebbe prevalentemente a sinistra. (E anche a sinistra ci sperano. Come ha maliziosamente sostenuto Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera, chiosando alcune affermazioni del ministro Ferrero). Ma agli immigrati - come mostrano tutte le indagini - altri "diritti" interessano ben più del voto. Lavoro, casa, assistenza, scuola. Peraltro, la maggioranza degli immigrati proviene dai paesi dell´Europa dell´Est. E´ anticomunista. A votare a sinistra non ci pensa proprio. E dopo la sorpresa prodotta, in aprile, dal voto degli italiani all´estero, come scommettere sul voto degli stranieri in Italia?
Quanto alle minacce verso l´identità nazionale. Suonano singolari, in un Paese dove il sentimento nazionale e i tricolori compaiono dovunque. Solo in occasione di grandi lutti e dei mondiali di calcio. Quando vinciamo.
Per questo abbiamo il sospetto che le polemiche roventi sugli immigrati e sugli stranieri rivelino, anzitutto, le nostre debolezze. La fragilità della nostra identità nazionale. Delle nostre istituzioni. Della nostra politica. La nostra incapacità di progettare. Di definire un modello. E confermino, per contro, la nostra vocazione al bricolage. All´arte di arrangiarci. Perché di fronte alle regole, al civismo, allo Stato, troppo spesso noi – anche noi – ci sentiamo stranieri. E immigrati.
Clandestini.