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Repubblica: I confini dei diritti

Stefano Rodotà

09/06/2008
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la Repubblica

I toni e i contenuti dell´annuncio del presidente del Consiglio in materia di intercettazioni telefoniche sono il segno di una politica smodata, che cerca l´eccesso, che non sa più misurare sulla realtà gli interventi che decide di fare.

Quel martellante «cinque anni… cinque anni» come pena per qualsiasi infrazione rivela la voglia di sollecitare l´applauso di una platea più che la consapevolezza della necessità di differenziare le sanzioni a seconda della gravità dei diversi comportamenti, che è quasi l´abc della civiltà giuridica. Non è un caso isolato. Tutte le mosse del nuovo Governo sul terreno della pena hanno avuto questo carattere.
Berlusconi alza la voce, ma non si capisce con chi polemizzi. La sua lunga presidenza tra il 2001 e il 2006, osannata come un record nella storia repubblicana, ha visto l´assenza di vero interesse per questo delicatissimo problema, anche se in Parlamento erano state presentate ben otto proposte di legge, con convergenze tra maggioranza e opposizione che avrebbero consentito l´approvazione di una legge equilibrata. Ma non vi fu alcun determinato impulso governativo. Il ritorno di fiamma di questi giorni manifesta la volontà di colmare quella colpevole lacuna? O assomiglia piuttosto ad un regolamento di conti lungamente covato?
Da tempo si minaccia la riduzione dell´ammissibilità delle intercettazioni telefoniche alle sole indagini su criminalità organizzata e terrorismo. E sempre, dalle parti più diverse, si è obiettato che così diventa impossibile indagare su altri gravissimi reati, dall´omicidio ai reati finanziari, alla corruzione. Se fosse stata vigente la disciplina oggi minacciata, nessuno dei grandi scandali degli ultimi anni sarebbe stato scoperto. Dopo l´annuncio del presidente del Consiglio diviene evidente una linea di politica legislativa violenta verso l´emarginazione e compiacente nei confronti di chi quotidianamente distrugge la moralità pubblica, divenendo così protagonista di quella "regressione civile" denunciata dal Presidente della Repubblica. Una riforma non può costruire una nuova rete di protezione dell´illegalità.
Per giustificare la stretta legislativa, si confondono maliziosamente la necessità di avere un uso più fisiologico delle intercettazioni e l´urgenza di forti tutele per chi non è indagato, e anche per le conversazioni degli indagati estranee alla materia dell´inchiesta. Le violazioni della vita privata non si eliminano limitando i casi in cui è legittimo intercettare. Non faccio una apologia delle intercettazioni, alle quali si è fatto ricorso anche quando sarebbe stato possibile ricorrere ad altre tecniche investigative. Sottolineo che è necessario soprattutto avere regole procedurali più rigorose per quanto riguarda tempi e modalità delle intercettazioni. E che il problema più delicato nasce nella fase successiva, quando il magistrato entra in possesso delle intercettazioni. I punti da definire sono diversi e riguardano le modalità di acquisizione delle conversazioni ritenute rilevanti, alla cui definizione devono partecipare gli avvocati delle parti. Una volta effettuata la selezione e disposta l´acquisizione delle conversazioni rilevanti, il segreto verrebbe meno ed i testi potrebbero essere diffusi. Qui, infatti, l´interesse all´informazione dell´opinione pubblica, spogliato dal puro voyeurismo, potrebbe legittimamente riprendere il sopravvento. E si potrebbe mettere a punto un sistema di sanzioni rigoroso e equilibrato per ogni violazione di segreti.
Che cosa fare, però, delle conversazioni non rilevanti? Distruggerle in tutto o in parte o conservarle in un archivio riservato? L´istituzione di uno specifico archivio può consentire l´individuazione di un magistrato responsabile, di un ristretto numero di suoi collaboratori e di procedure controllabili di accesso, facilitando così l´accertamento delle colpe nel caso di fughe di notizie. Ma è pure vero che, fatte salve le esigenze di eventuali riscontri successivi su documenti inizialmente ritenuti non rilevanti, l´esperienza suggerisce che la distruzione può essere la più opportuna forma di garanzia. Dopo il tam tam di questi giorni c´è da augurarsi che in Parlamento prevalga una linea di analisi razionale.