Repubblica: Il corpo docente si rinnova: sempre di meno e con meno soldi
Secondo una valutazione della Conferenza dei rettori, tra quest´anno e il 2013 andranno in pensione 8mila tra ricercatori e professori associati o ordinari
AURELIO MAGISTÀ
L´esempio della medaglia, con il dritto e il rovescio, un lato buono e uno cattivo che fanno parte della stessa realtà, è la più adatta per descrivere l´università. Molte situazioni si prestano a letture doppie. Iniziative buone in teoria vengono snaturate e piegate a interessi discutibili. Notizie buone all´apparenza si rivelano poi cattive o pessime. Parliamo per esempio del corpo docente. Secondo una valutazione della Conferenza dei rettori, tra quest´anno e il 2013 andranno in pensione 8mila tra ricercatori e professori associati o ordinari. Una buona notizia: finalmente l´università si rinnova, finalmente giunge l´occasione per intervenire su un corpo docente sclerotizzato, non solo metaforicamente. Secondo i dati dell´ultimo rapporto del Comitato nazionale di valutazione del sistema universitario, organismo istituzionale del ministero dell´Università, i professori under 35 sono solo il 4,5 per cento del corpo docente. Un corpo docente che nel 2008 ha perduto 1.100 professori di ruolo, mentre ha visto aumentare i ricercatori di 900 unità.
Se si tiene conto che nel frattempo sono aumentati i docenti con più di 60 anni e, addirittura, quelli con più di 65 anni sono ben 6.999, la previsione della Crui sui pensionamenti sembrerebbe una buona notizia. Purtroppo non è così. A cambiare tutto c´è l´articolo 66 della legge 133 del 2008, che in sostanza blocca il turn-over. Per ogni dieci persone che vanno in pensione, le università potranno assumerne solo due. Quindi, per 8mila che se ne andranno, ne entraranno solo 1.600. Certo, una parziale deroga prevede che le univesità virtuose, quelle che spendono "solo" il 90 per cento dei finanziamenti per il personale, potranno aumentare il rapporto pensionati nuovi assunti a 2/1, ma in ogni caso i nuovi potranno essere profesori ordinari solo al 10 per cento. In sintesi: nei prossimi anni peggiorerà il rapporto docenti/studenti, un imporante indicatore di qualità, e ci sarà una dequalificazione degli insegnanti. Che, tra ricercatori, assegnisti e professori a contratto con trattamento economico al limite o sotto la soglia della sussistenza, dovranno preoccuparsi, più che della didattica, di sbarcare il lunario.