Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Repubblica: Il futuro per la ricerca

Repubblica: Il futuro per la ricerca

Sui problemi dell´università, passata la tempesta delle discussioni sulla finanziaria, è calata una quiete incerta

03/01/2007
Decrease text size Increase text size
la Repubblica

VITTORIO SGARAMELLA

Sui problemi dell´università, passata la tempesta delle discussioni sulla finanziaria, è calata una quiete incerta, ma animata da incoraggianti refoli. Parliamo in particolare di ricerca avanzata: farla e insegnarla bene è necessario per prospettare ai nostri figli e nipoti un futuro migliore del presente. Sue sedi primarie sono le "università di ricerca", che integrano sperimentazione e docenza: in Europa, dove sono nate, languono, surclassate dalle università americane e incalzate dalle asiatiche. Persino quelle inglesi, le prime in Europa per tradizione e produzione, soffrono lo strapotere delle americane, prime al mondo grazie ad un giovanile dinamismo e ad ineguagliabili disponibilità economiche: sussidi statali cospicui, tasse alte, generose donazioni di ex-alunni, sovvenzioni private, permettono programmi più ambiziosi, attirano ricercatori-docenti più brillanti e studenti più bravi, con borse di studio per i disagiati. Pubblicazioni, brevetti, Nobel ne conseguono. Le università anglo-americane lottano per il primato, le nostre retrocedono a superlicei.
I sintomi del nostro disagio sono vari: la maggior parte dei pochissimi Nobel a italiani premia ricerche fatte all´estero. In fisica ci difendiamo: al Cern, Centro Europeo di Ricerca Nucleare di Ginevra, abbiamo avuto un paio di direttori e buoni ritorni dei nostri investimenti. In biologia meno: all´Embl, Laboratorio Europeo di Biologia Molecolare di Heidelberg, contribuiamo al finanziamento più che alla ricerca e i ritorni sono scarsi. Un´eccellenza decisa dai paesi più bravi rischia d´escludere gli altri, per altro tassati in base al loro Pil. In breve, finanziamo, e bene, il Laboratorio Europeo e i pochi italiani che vi operano, ma affamiamo le nostre strutture: come dire danno e beffa. Non vogliamo essere né esterofili, né autarchici, solo restare in corsa. Le differenze tra anglo-americani e noi, tra fisici e biologi italiani, non sono geneticamente determinate e quindi sono culturalmente rimediabili. Sul tema abbondano acute diagnosi, perentorie richieste, nobili denunce, stimolanti provocazioni. Proposte, poche. Provvedimenti, meno. Si reclamano più fondi e assunzioni, ma di rado si criticano le prestazioni degli operatori, che del problema sono almeno corresponsabili, e i metodi con cui vengono selezionati. Se l´università vuole guarire, deve migliorare la sua professionalità. È sede costituzionale della formazione superiore e della ricerca avanzata: ma chi e come le valuta? I docenti si cooptano per concorso. Anche nella ricerca decide la peer review, o supervisione dei pari. Su necessità e modalità di valutazioni competenti e indipendenti agonizziamo da decenni: i nostri concorsi universitari sono diventati barzellette etniche, come il nostro rifiuto di rispettare le code. Per la ricerca ci ha provato un Comitato di indirizzo; ora si profila una nuova Agenzia di valutazione, attesa con qualche trepidazione. Se si vuole davvero cambiare, si deve accettare che migliore non significa necessariamente buono: uno è migliore magari solo perché è meno cattivo, come un orbo tra i ciechi. Premiare la mediocrità solo perché piazzata in cima alla classifica è assurdo.
Ma come individuare l´eccellenza nelle scienze? In Italia la vastità dei problemi e la scarsità di ricercatori attivi in campi abbastanza vicini rendono arduo trovare valutatori che conoscano bene l´argomento del progetto e che non collaborino, o non concorrano con i suoi proponenti; se s´aggiunge il clientelismo, è la fine. Ci vuole competenza e indipendenza. E coraggio: difficile darselo, e anche nell´accademia i don Abbondi… abbondano! All´estero meno, visti i risultati: forse, se vogliamo dei buoni valutatori, dobbiamo cercarli lì, almeno in biologia. Per conferma basterebbe inviare una decina di progetti di ricerca da valutare ad un gruppo stranieri e ad uno di italiani. Il confronto tra i giudizi dei due gruppi darà un indice valido della nostra adeguatezza. Le valutazioni esterne riducono ingerenze, nepotismi accademici e inbreeding di scuole; costano poco, grazie all´e-mail, ma sono un investimento per il futuro, quando si potrà tornare alle valutazioni miste.
All´inizio si parlava di refoli incoraggianti: l´Università di Bologna non rinnova il contratto a professori assunti d´anno in anno se bocciati dagli studenti. Nel medioevo erano gli studenti che sceglievano i professori, li pagavano di tasca propria e nel caso li licenziavano.
Ricerca e didattica di qualità attivano un circolo virtuoso: producono cultura e benessere, che generano ricerca e didattica di qualità e quindi nuovo sapere e nuove scoperte, e così via. Nel settore pubblico (e non solo) il concorso è insostituibile: ma le responsabilità siano chiare, ex ante, ex post, e erga omnes. Da tempo alcuni paesi baltici l´affidano a stranieri: ora vantano finanziamenti alla ricerca e tassi di sviluppo a due cifre, come in Cina. Proviamoci anche noi.