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Repubblica-Il vero fantasma che si aggira per l'Italia

IL VERO FANTASMA CHE SI AGGIRA PER L'ITALIA EUGENIO SCALFARI "UN NUOVO fantasma si aggira per l'Italia: il programmismo. A Roma come a Bologna si susseguono incontri e seminari per i menù ...

27/11/2005
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la Repubblica

IL VERO FANTASMA CHE SI AGGIRA PER L'ITALIA
EUGENIO SCALFARI
"UN NUOVO fantasma si aggira per l'Italia: il programmismo. A Roma come a Bologna si susseguono incontri e seminari per i menù elettorali di Ds, Margherita e Ulivo. I dirigenti ascoltano e riempiono quaderni di appunti". Così Dario Di Vico sul "Corriere della Sera" di giovedì scorso, con l'afflizione di chi dovrà poi leggere e riferire i ponderosi documenti che saranno la sintesi di tutto quel lavoro.
Ma la domenica precedente, sullo stesso giornale, il professor Panebianco aveva invece lamentato il disinteresse del centrosinistra verso i programmi che debbono essere la base impegnativa del futuro nuovo governo e anche il metro di giudizio degli elettori per decidere a chi dare il voto.
Tra chi lamenta l'assenza di programmi e chi si affligge per la loro sovrabbondanza si è fatta poi strada una terza categoria guidata dal professor Giavazzi ma fitta di altri stimatissimi nomi, che diffida dei programmi onnicomprensivi e chiede invece quattro o cinque punti concreti e semplici, da attuare subito nei primi tre mesi di governo, capaci fin d'ora, appena fossero indicati, di scuotere l'apatia del corpo elettorale e consentirgli poi, a cinque anni data, di giudicare l'operato del governo.
Da questo punto di vista questa corrente di pensiero che possiamo definire concretista ha scoperto che il contratto con gli italiani lanciato nel 2001 da Silvio Berlusconi in una non dimenticata trasmissione televisiva, fu un modello di comunicazione efficace e uno degli elementi essenziali del successo di Forza Italia. Quello sì, era un programma semplice e chiaro, un esempio da seguire. E l'ottimo Giavazzi dal canto suo si cimentava ieri nell'elencare cinque punti che darebbero il senso della svolta. Cito a memoria: l'abolizione del titolo legale (laurea) nelle Università italiane, l'eliminazione degli albi professionali a cominciare da quello dei giornalisti (noi siamo favorevoli), un decreto di decadenza di Antonio Fazio dalla carica di governatore della Banca d'Italia (ma il governo non ha il potere di decretarlo), la collocazione in Borsa dell'intero capitale della Cassa Depositi e Prestiti.
Infine l'adozione della legislazione sul lavoro vigente in Danimarca.
Altri autori inoltrano altre proposte, perché non superano le cinque sebbene, a sommarle tutte, avremmo già superato il centinaio. E che cosa debbono fare i dirigenti dei partiti di fronte a questa pioggia di consigli? Prendono appunti coscienziosamente
Ma, sentite a me. Quel che faranno in quei primi cento giorni (sempre che siano premiati dagli elettori) l'hanno già in mente da un pezzo.
Per chi segue professionalmente queste vicende non ci saranno sorprese perché il quadro della situazione italiana è chiaro a tutti, "Economist" e non "Economist".
* * *
Vorrei soffermarmi appena un po' sulla rivalutazione del berlusconiano contratto con gli italiani, improvvisamente portato ora come modello da parte di menti autorevoli e ponderate (l'apripista di questa rivalutazione è stato Luca Ricolfi nel suo recente libro sul "Perché la sinistra è antipatica").
Stupisce che i sostenitori di quel modello ignorino la differenza che passa tra democrazia e demagogia. Detto alla buona, la democrazia consiste nel farsi guidare nell'azione di governo dai bisogni del popolo, vagliati alla luce della fattibilità. La demagogia consiste invece nell'impegno a soddisfare i desideri del popolo "indipendentemente dalla fattibilità".
Il famoso contratto con gli italiani è stato un esempio da manuale di demagogia poiché promise risultati che, nel momento stesso in cui furono indicati, chi redasse quel testo sapeva benissimo che ne mancavano totalmente le condizioni di fattibilità. Si stava cioè vendendo agli elettori una gigantesca patacca, un paese dei balocchi inesistente, specchietti per allodole in cambio del voto.
Insomma demagogia pura, montata dal frullatore mediatico messo graziosamente a disposizione da un conduttore televisivo in veste di falso notaio.
Si dice ora: quel contratto però, nella sua semplicità, consente agli elettori di oggi di giudicare. Se non è stato onorato, il firmatario sarà punito e rinviato a casa.
Certo. In teoria è così. Ma nella pratica? Berlusconi, tanto per dire, sostiene che il contratto è stato adempiuto al cento per cento e sta organizzando una campagna-verità in tutte le venti regioni italiane per dimostrarlo. I suoi avversari di centrosinistra sostengono l'esatto contrario ed hanno pezze d'appoggio inconfutabili. Quanto agli elettori, la grande maggioranza percepisce d'esser stata frodata ma percepisce anche che nei prossimi anni dovrà affrontare un percorso in salita per rimediare alla truffa di cui è stata vittima. Questa ripresa di contatto con la realtà è dura e non sempre piace. È umano che non piaccia.
Disincanto sì, ma incertezza anche. Paura della diagnosi.
Paura della terapia. E intanto bombardamento mediatico, promesse di nuovi eldoradi, nuove patacche messe in mostra dai soliti imbonitori.
Ho notato che quelli che incalzano il centrosinistra sui programmi, lunghi o brevi che siano, dispensano il centrodestra da analoghe incombenze. Dicono infatti: il centrodestra ha governato per cinque anni e quindi sarà giudicato sul passato. Il centrosinistra deve invece impegnarsi sul futuro.
Converrete con me, cari lettori, che questo è un modo singolare di ragionare. La risposta del centrosinistra infatti potrebbe essere: governerò in modo opposto e simmetrico, dove loro fecero nero noi faremo bianco. Ma evidentemente non è questa una risposta valida, sebbene sarebbe logicamente corretta. Dal che deduco che la domanda è sbagliata. Visto che il bilancio del governo è fallimentare, anche a lui incombe l'obbligo di dirci come ci tirerà fuori dal pantano in cui ci ha portato. Ma il governo nega che il pantano sia un pantano. E gran parte dei "media" gli tiene bordone o, nel migliore dei casi, contrappone al disastro compiuto una possibile inefficienza futura. Come dire agli elettori: attenti, state friggendo in una padella ma potreste cadere su una brace.
La verità è che la padella è un dato reale, la brace è una supposizione contro la quale stanno almeno due considerazioni: i governi di centrosinistra che guidarono la politica nazionale dal '96 al 2001 realizzarono l'ingresso in Eurolandia (cui si erano impegnati) e una notevole e nuova flessibilità sul mercato del lavoro. La legge Biagi è del 2003, le leggi Treu sono del '97.
L'aumento dell'occupazione cominciò allora ed è andato avanti fino ad oggi.
Temo che nel 2006 avremo su questo fronte qualche spiacevole sorpresa.
* * *
Apro una breve parentesi. I sostenitori del governo vantano un salto in avanti eccezionale nei dati più recenti dell'occupazione. È vero, quel salto c'è stato. Sapete perché? Perché tra il 2004 e 2005 sono stati regolarizzati più di mezzo milione di clandestini che avevano già un lavoro. Sono stati regolarizzati proprio perché avevano un lavoro ma non risultavano negli elenchi in quanto clandestini. Se andate a consultare il dato nei bollettini Istat scoprirete che la cifra dei regolarizzati e il salto in avanti dell'occupazione coincidono. Il preteso aumento degli occupati è dunque un puro effetto statistico, avvenuto senza la creazione di nuovi posti di lavoro.
Questa è la documentabile verità. Il notaio del contratto con gli italiani forse dovrebbe dirlo dal suo teleschermo.
In fondo anche i notai hanno le loro responsabilità "pro veritate". Sennò a che cosa servono?

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C'è un altro fantasma che gira per l'Italia: che cosa ne farà il centrosinistra, se vincerà, delle leggi e delle riforme che il governo precedente gli lascerà in eredità?
Vorrà abolirle tutte? Ne conserverà una parte? Le accetterà come base per poi costruire su di esse la sua politica? Gran parte di queste domande sono costruite in modo retorico nel senso che implicano una risposta già determinata. Si vuole il massimo possibile di continuità, sia pure con qualche modesto emendamento. Salvo su un punto: le liberalizzazioni e le privatizzazioni, promesse ma non fatte dal predecessore (altra patacca) debbono, quelle sì, esser realizzate di colpo e tutte dal successore. Subito.
Bene. Poiché gli eventuali (auspicabili) successori hanno già dimostrato in tempi non sospetti di non essere né pazzi né pataccari, si può stare fin d'ora certi che non impiegheranno cinque anni di legislatura a disfare tutto quel che è stato fatto. Del resto l'hanno già detto, sicché riproporgli la domanda è pretestuoso. Salvo smontare alcune cose decisamente inaccettabili e cioè: le leggi "ad personam"; la legge Gasparri tagliata su misura per favorire Mediaset e il duopolio con la Rai; la legge sul conflitto d'interessi praticamente inesistente; la legge di riforma costituzionale laddove prevede la chiusura della mobilità sanitaria tra le Regioni, l'annullamento dei poteri del capo dello Stato, la paralisi reciproca del Parlamento e del premier.
Nonché il premio di maggioranza della legge elettorale per quanto riguarda il Senato, che rende ingovernabile il paese.
Si dirà: in questo modo si rifiuta l'80 per cento dell'eredità. Forse è così, ma se per cinque anni il paese è stato sgovernato da un gruppo di pataccari, bisognerà pure sgombrare il campo dalla gramigna e seminare nel frattempo del buon grano. L'esempio Thatcher-Blair non calza. La signora Thatcher era una persona seria, vendette anche lei qualche patacca ma lasciò un paese funzionante, con troppo poca solidarietà sociale. Blair ha cercato di reintrodurne un po', forse troppo poco. Le sue responsabilità comunque sono altre e le conosciamo tutti e soprattutto le conoscono i suoi compatrioti.
* * *
Da buona informazione che ho e soprattutto dallo stato attuale del paese posso comunque anticipare quale sarà la prima mossa del nuovo (auspicabile) governo di centrosinistra. Il presidente del Consiglio, accompagnato dal ministro dell'Economia, dovrà recarsi senza indugio a Bruxelles e chiedere alla Commissione e al Consiglio dei ministri dell'Unione europea una proroga al piano di rientro dell'Italia nei parametri di Maastricht per la semplice ragione che i dati della nostra pubblica finanza sono di gran lunga peggiori di quanto ufficialmente non risulti. Per di più il governo attuale ha compiuto fino in fondo la sua manovra di avvelenamento dei pozzi, rinviando al 2007-2008 una serie di spese già scritte in leggi ma postergate nelle date di inizio, spostando l'onere dal presente al futuro. Il rinvio al 2008 dell'esecutività della legge sul Tfr non ne è stato che il più recente esempio e neppure il maggiore.
Il governo che verrà dovrà ottenere quella proroga e presentare un piano triennale credibile, capace al tempo stesso di risanare la finanza e insieme rilanciare l'economia tagliando il cuneo contributivo sui salari, alleggerendo l'Irap, allineando l'imposta sostitutiva sulle rendite a livello europeo, tassando le plusvalenze speculative.
Come vedete ho anch'io la mia proposta programmatica. Del resto era quello che suggerivano fino a pochi giorni fa Follini, Tabacci, Alemanno e perfino Bossi. In verità anche Prodi, Fassino, Rutelli e Bertinotti. Dunque un programma c'è e c'è anche una continuità. Siatene contenti e andate in pace.