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Repubblica: Io insegnante cinquantenne tra teste grigie e volti stanchi

"Ci provo, guardo Mtv un quarto d´ora al giorno" Gli alunni risentono del corpo docente piegato dall´età

01/03/2007
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la Repubblica

"Ci provo, guardo Mtv un quarto d´ora al giorno"
Gli alunni risentono del corpo docente piegato dall´età
MARCO LODOLI

GLI insegnanti italiani sono i più vecchi del mondo: è un primato poco allegro, bisogna riconoscerlo. I cinquant´anni di media che annotano le statistiche sono tutti davanti ai miei occhi, ogni mattina. La sala professori è un luogo piuttosto malinconico, teste grigie, tossi secche, amare confidenze sui figli e sui nipoti, poca voglia di entrare velocemente in classe a far lezione a venti adolescenti pressoché incomprensibili.
Io ho esattamente cinquant´anni, sono il campione perfetto dell´insegnante italiano, e devo ammettere che faccio sempre più fatica a decifrare e contenere, anno dopo anno, le inquietudini dei miei allievi. Ce la metto tutta, leggo riviste musicali e libri pulp, guardo Mtv un quarto d´ora al giorno, cerco di capire quali siano le passioni e le paure dei ragazzi, ma è inevitabile che ogni volta sia più difficile, e che la mia solita lezione su Manzoni o su Pascoli arrivi tra i banchi sempre da più lontano. Ci vorrebbe un ponte nuovo, almeno un pilone su cui poggiarsi, in definitiva servirebbero colleghi giovani che siano di stimolo, che al momento giusto possano dare un´indicazione, rilanciare un entusiasmo, portare ai più anziani qualche idea fresca. Ma colleghi giovani quasi non si vedono. Sotto i trent´anni sono lo 0,6 per cento, praticamente nessuno. C´è qualche quarantenne, ma il più delle volte è già spompato da anni e anni di precariato, ha girato per paesi e cittadine della regione, per lunghi inverni ha preso la corriera alle sei di mattina per arrivare puntuale a Cerveteri o Civitavecchia, ha l´aria stanca, delusa, la testa persa dietro a graduatorie e punteggi. E´ ancora abbastanza giovane, ma non più forte.
E ovviamente gli alunni risentono di un corpo insegnanti piegato dall´età e dalle preoccupazioni, che fatica anche a far partire un documentario didattico nel videoregistratore, che non ha ancora capito bene certe funzioni del computer, che canticchia malinconicamente una vecchia canzone di Gino Paoli o di De André in corridoio. Quando ho iniziato a insegnare avevo ventiquattro anni, avevo tanti colleghi appena più grandi di me e tutto mi sembrava andare bene. La scuola era vivace, il dialogo con gli alunni fresco, il confronto con i professori più anziani sempre frizzante. Ora mi accorgo che la stanchezza, l´incomprensione, la solitudine prevalgono e sconfortano. Inevitabilmente regna la nostalgia per il bel tempo andato, quando la scuola non affogava tra le carte, quando gli alunni non ci guardavano come fossimo vecchi elefanti, quando noi eravamo giovani e gli alunni ci sembravano fratelli minori a cui spiegare tante cose, non nipotini scatenati da accudire.