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Repubblica it: Appello dei ricercatori a Napolitano "Caro Presidente, ci dia una mano"

Dalle aule e dai laboratori arriva il messaggio di 200 firmatari "Le promesse elettorali non si sono mai realizzate, ci pensi lei"

20/06/2007
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la Repubblica

ROMA - La ricerca chiama Napolitano. In un appello, 200 ricercatori e insegnanti di vari atenei italiani chiedono al presidente della Repubblica un intervento personale per "mediare" con il governo. "Caro Presidente - si legge nel documento - la preghiamo di intervenire personalmente presso il Ministro Mussi e il Governo affinché s'instauri un dialogo produttivo con chi fa didattica e ricerca e si superi lo stallo".

I ricercatori lamentano la distanza del Governo dal mondo della ricerca. E, soprattutto, che i buoni propositi annunciati in campagna elettorale siano rimasti tali: "I fondi, che erano già scarsi, sono diventati drammaticamente insufficienti e le riforme promesse sono tuttora 'imbalsamate' da nuove normative, la cui discussione sta creando una fase di stallo apparentemente senza fine".

E per non restare nel vago, i docenti ricordano che la Finanziaria "ha destinato solo 300 milioni di euro alla ricerca pubblica, contro ben 700 milioni assegnati a quella delle imprese" e che "è tuttora ignoto il destino di una parte dei fondi assegnati al Cnr, accantonati dalla finanziaria nel 2007 e mai restituiti". Come se non bastasse - fanno ancora notare - il bando per i progetti ministeriali Prin (Progetti di Ricerca d'Interesse Nazionale) "è al momento bloccato e già in gravissimo ritardo sulla tempistica prevista".

Le iniziative del Governo, accusano, si sono spesso rivelate poco più di promesse. Come nel caso dei concorsi per i 2.000 nuovi posti di ricercatore universitario, "dichiarati imminenti in molteplici occasioni, non sono in realtà mai stati banditi, perché ancora si discute sul nuovo regolamento di reclutamento", la "promessa istituzione della terza fascia della docenza langue" e "i concorsi per professore associato e ordinario sono bloccati per effetto della legge Moratti, che è ancora in vigore, malgrado il Governo abbia dichiarato di volerla modificare'".

Ricercatori e docenti, ormai, sono sconfortati. "Passione e dedizione non bastano più", spiegano. ''Se le cose non miglioreranno in tempi brevi - avvertono - non ci resterà che chiudere i laboratori, con gravi conseguenze anche sulla didattica universitaria''