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Repubblica it: Cgil, nel 2010 niente assunzioni in quasi un terzo delle università

Una proiezione elaborata dal sindacato sulla base dei tagli imposti con la Finanziaria L'anno prossimo il blocco in 17 atenei su 57, nel 2011 si salirebbe a 37

31/03/2009
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la Repubblica

Salvo Intravaia

Blocco delle assunzioni più o meno in un terzo degli atenei. Nel 2010, secondo una proiezione elaborata dalla Flc Cgil sulla base del taglio operato dal governo attraverso la Finanziaria sui fondi destinati alle università italiane, 17 atenei su 57 non potranno effettuare nuove assunzioni. Sarebbe proprio questo per la Cgil l'effetto della cura dimagrante imposta alle casse universitarie. Entro il 2013 il cosiddetto Fondo per il finanziamento ordinario degli atenei subirà un taglio del 7 per cento circa. Nel frattempo, gli stipendi di professori, ricercatori e personale amministrativo cresceranno e parecchi atenei supereranno il tetto stabilito dal ministro Mariastella Gelmini per individuare le università virtuose: quelle che appunto potranno permettersi di assumere nuovo personale.
La scorsa estate, l'esecutivo ha tagliato il Fondo per il finanziamento ordinario degli atenei: meno 455 milioni entro il 2013. E a gennaio, per spingere le università a spendere in modo più oculato i fondi statali, è stato varato un provvedimento che blocca le assunzioni negli atenei in cui il rapporto fra spesa per il personale e Fondo per il finanziamento ordinario supererà il 90 per cento. La Cgil sulla base dei dati disponibili ha effettuato una proiezione su 57 università.
"La tabella - spiegano da via Serra - è necessariamente indicativa ma è costruita in modo da presentare una lettura prudenziale: eventuali scostamenti possono solo essere in peggio".
Diciassette atenei (Firenze, Pisa, Tor Vergata, Perugia, Pavia, Siena, Trieste, Modena, Udine, L'Aquila, Insubria, Tuscia, Orientale di Napoli, Basilicata, Cassino, Molise e Mediterranea) sforeranno il tetto. Altre due (Camerino e Genova) "si avvicinano pericolosamente al limite".

E dopo un anno la situazione peggiorerà considerevolmente. Gli atenei "spendaccioni" saliranno a 37 travolgendo l'intero sistema universitario che, "in assenza di correttivi sostanziali, nel giro di pochissimo tempo, si troverà nell'impossibilità di rinnovare il proprio personale che cesserà dal servizio". La previsione è che "un'intera generazione di studiosi verrà bruciata e il Paese verrà condannato a una marginalità sullo scenario internazionale ed europeo".
Per salvarsi dal blocco del turn-over i singoli atenei dovranno sperare che tanti docenti vadano in pensione. In effetti l'età media di prof e ricercatori universitari è piuttosto elevata (51 anni), soprattutto se confrontata con quella degli altri Paesi europei. Sono i docenti all'apice della carriera (i professori ordinari) che, carta d'identità alla mano, fanno registrare il record. In Italia, metà degli ordinari ha superato i 60 anni e quasi otto docenti su 100 hanno spento almeno 70 candeline. Nei prossimi anni parecchi di loro andranno in pensione e le relative università potranno ritornare virtuose. Ma non potranno rimpiazzare chi si è ritirato se non in parte, pena l'inclusione nel girone degli "spendaccioni".