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Repubblica it: Fini: "Cittadinanza agli studenti che sono nati in Italia"

Le idee guida del presidente della Camera in un'intervista a Metropoli "Subito italiani i bambini stranieri che studiano nelle nostre scuole"

19/12/2008
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la Repubblica

Una "road map" per vincere "la sfida dell'integrazione"

di VLADIMIRO POLCHIROMA -

Cittadinanza italiana per i "bambini stranieri che studiano nelle nostre scuole". Diritto di voto amministrativo agli immigrati regolari. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, in un lungo intervento - che verrà pubblicato domenica prossima dal settimanale Metropoli - lancia la sua "sfida dell'integrazione" e traccia una nuova "road map" per le politiche migratorie.

"Immigrazione, ovviamente legale, può fare rima sia con integrazione sia, all'opposto, con emarginazione - scrive Fini - La prima parola designa un traguardo possibile. La seconda una piaga da curare. La prima prospettiva corrisponde a una grande sfida che le istituzioni e la società hanno il dovere, anzi l'obbligo, di vincere. La seconda è il risultato di una deriva o, peggio ancora, di una pseudocultura che può silenziosamente prevalere nell'inerzia, nella superficialità e, soprattutto, nella paura".

Il presidente della Camera non ha dubbi: "La nostra società tra qualche decennio, forse tra meno di un decennio, forse già da ora - e non ce ne siamo ancora accorti - non sarà più la stessa. E non è difficile capire perché. Viviamo in un'epoca di imponenti migrazioni, non solo di persone, ma di idee e di capitali. Di capitali umani e culturali oltre che economici". Per questo, dunque, "non possiamo rimanere fermi. Dobbiamo prevedere e guidare i processi sociali. E' proprio questa la sfida dell'integrazione. L'alternativa? Non c'è. L'emarginazione non è un'alternativa: è una sconfitta. Una sconfitta per tutti, per gli italiani non meno che per gli immigrati: l'emarginazione porta con sé la discriminazione e, se diventa cronica e diffusa, è fattore di disgregazione sociale".

"Questo discorso - aggiunge - è altra cosa rispetto alla necessità di fronteggiare l'emergenza contrastando la clandestinità e l'illegalità. Ma ritengo che una politica lungimirante debba guardare al di là dell'emergenza e cominciare a lavorare a un progetto di società più aperta, più evolutiva e più libera".

Ma attenzione, per Fini, "c'è da combattere anche un'altra forma di emarginazione, anzi di autoemarginazione. E' la tendenza all'isolamento sociale e culturale che agisce in una parte delle comunità di stranieri. E' una pulsione insidiosa e può essere favorita dal "politically correct" più bigotto. Penso al caso di quegli insegnanti che non hanno fatto partecipare i loro alunni alle celebrazioni dello scorso 4 Novembre con l'incredibile motivazione che l'omaggio alla bandiera tricolore avrebbe offeso la sensibilità degli scolari immigrati o a quello, non meno sconcertante, di un professore che ha rimosso il crocifisso dalla parete dell'aula dell'istituto dove insegna". Insomma, per il presidente della Camera, "il multiculturalismo inteso in senso dogmatico rischia di congelare lo straniero nella sua identità d'origine limitandone le possibilità di incontro e di dialogo".

In concreto, Fini ritiene che "una vera integrazione possa essere favorita da una nuova legge sulla cittadinanza, destinata a quegli immigrati che si sentano realmente coinvolti nella vita della nostra società. Penso in particolare a quei bambini che già studiano nelle nostre scuole. Occorre già da oggi preparare il loro futuro di nuovi italiani. Anche il voto alle amministrative potrebbe favorire l'integrazione, ma solo nella prospettiva della nuova cittadinanza e solo se è chiaro a tutti il principio che ai diritti corrispondono i doveri". Voto amministrativo, dunque, e riforma della cittadinanza.

A questo proposito, il 16 dicembre scorso è cominciato in commissione Affari costituzionali della Camera l'esame degli otto testi di riforma della la legge 91 del 1992. Spaccato il fronte politico. Da una parte la maggioranza, che per l'accesso alla cittadinanza chiede ancora dieci anni di residenza e una verifica della conoscenza della cultura italiana; dall'altra il Pd, che invece propone di portare gli anni di residenza a cinque.