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Repubblica-L'altolà di Cofferati al dialogo-L'Ulivo non cada in trappola

IL RETROSCENA La pregiudiziale dell'ex leader della Cgil in un centrosinistra che si presenta in ordine sparso L'altolà di Cofferati al dialogo "L'Ulivo non cada in trappola" d'alema La li...

05/01/2003
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la Repubblica

IL RETROSCENA
La pregiudiziale dell'ex leader della Cgil in un centrosinistra che si presenta in ordine sparso
L'altolà di Cofferati al dialogo "L'Ulivo non cada in trappola"

d'alema La linea di Sergio non ci porta da nessuna parte, certe sue idee sono grottesche
fassino Si dimentica che alle Camere è alle porte la riforma: noi che facciamo, diciamo solo no?
rutelli I cambiamenti istituzionali vengono dopo, prima ci sono altre priorità come il conflitto d'interessi
(SEGUE DALLA PRIMA PAGINA)
MASSIMO GIANNINI

Ma adesso arriva Fini che ipotizza una variante "israeliana": il popolo elegge il primo ministro, che nomina e revoca i ministri e scioglie le Camere. E subito Bossi gliela stronca. Nell'opposizione D'Alema incalza l'Ulivo a tirare fuori una proposta, Fassino studia una via di mezzo tra premierato e cancellierato, Rutelli accetta ma aggiunge che "ci sono altre priorità". Ma soprattutto adesso arriva Cofferati che grida forte il suo "no, con questo centrodestra non si tratta".
A sinistra, il muro eretto dall'ex leader della Cgil non lascia aperti varchi a un dialogo che si pretenderebbe inutilmente bipartisan: "Non c'è una sola ragione politica - dice - che giustifichi un dialogo sulle riforme con la Casa delle libertà". E' appena tornato dal Brasile, dove ha assistito alla colorita nascita dell'Ulivo "carioca", l'insediamento del governo di Lula. "Il più grande paese latinoamericano, dove l'export italiano copre il 40% dell'economia nazionale, dove la Pirelli ha i suoi stabilimenti dal 1917: e a parte il sottosegretario Baccini, non c'era un solo rappresentante del nostro governo...". Evidentemente, da questo tuffo nella sinistra popolare e vincente d'oltreoceano ha tratto ulteriori ragioni di irrigidimento della sua linea verso il centrodestra italiano: "Non ne hanno azzeccata una, fino ad oggi, e soffrono di un vistoso calo di credibilità presso l'opinione pubblica. Dipingono un mondo che non c'è sul versante dell'economia, e sono alla continua ricerca di un terreno che serva a depistare l'attenzione della gente e a depotenziare gli argomenti dell'opposizione".
Oggi, secondo Cofferati, quel terreno sono proprio le riforme istituzionali: "Berlusconi lancia questo tema, e lo fa in modo volutamente generico...", dice il presidente della Fondazione Di Vittorio, nella quiete festiva del suo ufficio romano. Generico fino a un certo punto, visto che il Cavaliere ha in testa il presidenzialismo, e si dichiara pronto a candidarsi al Quirinale. "Appunto - ragiona ancora Cofferati - ma il suo intento principale per ora è quello di mettere tanta carne al fuoco, per distogliere l'attenzione degli elettori e togliere visibilità al centrosinistra: così nel contenitore 'riforme' ci mette dentro un po' di tutto, dalle pensioni alla giustizia, dalla legge elettorale alla forma di governo". In questo modo, l'unica cosa che la gente percepisce è che Berlusconi ha tante idee, ma i "soliti comunisti" non lo lasciano lavorare.
Per questo l'ex leader della Cgil ribadisce il suo no. E lo confermerà al convegno del 10 gennaio al Palacongressi di Firenze, dove discuterà di riforme nella tavola rotonda organizzata da Aprile e coordinata da Nanni Moretti. "Lo dico con rammarico, e non perché io agisca in base alla logica del 'tanto meglio, tanto peggio', ma con questo centrodestra non c'è possibilità di un dialogo bipartisan. Per due ragioni, entrambe negative. La prima: sono interlocutori che si sono dimostrati totalmente inaffidabili. La seconda: parlano di riforme solo per esigenze tattiche, e cioè per attenuare o occultare le ragioni degli altri". Di qui, la conclusione inevitabile del ragionamento: "Il centrosinistra - avverte Cofferati - non deve cadere in questo tranello: e spero che anche chi in passato ha trattato con Berlusconi, di fronte ai suoi continui voltafaccia si sia convinto che con lui è impossibile fare qualunque accordo. Il centrosinistra deve stare in campo con le sue proposte, a partire soprattutto dall'economia che in inverno sarà la vera emergenza del Paese: e spero che tutti si siano resi conto che queste sono le cose che interessano davvero la gente, i prezzi che salgono, i salari che non crescono, i servizi sociali che si riducono. Non certo il presidenzialismo, il modello francese, quello tedesco o quello americano...".
La "pregiudiziale Cofferati", come è già accaduto sul tema della guerra, è destinata a pesare nell'Ulivo anche sul tema delle riforme. Francesco Rutelli ha già annunciato che l'alleanza presenterà il suo programma, l'8 gennaio. Ma chi si aspetta un pacchetto di proposte condivise sulla nuova forma di governo e sulla legge elettorale resterà deluso. Il leader della Margherita punta piuttosto a indicare, per quella data, un "elenco delle priorità". Per il centrosinistra, secondo lui, le riforme istituzionali devono essere all'ultimo posto. Prima c'è, per esempio, la "soluzione del conflitto di interessi". Poi l'economia. In questo, Rutelli fa da sponda a Cofferati: l'ala centrista e quella radicale si chiudono a tenaglia, per ragioni di mutua convenienza. In mezzo, soffre l'anima riformista della coalizione. Massimo D'Alema non vuole sentire parlare di "inciuci", ed è il primo ad attaccare il Cavaliere per la sua inafferrabile "inesistenza": ma è anche il primo a ripetere che "la linea Cofferati non ci porta da nessuna parte: questa idea che l'opposizione deve 'presidiare le istituzioni' minacciate è quasi grottesca". "La verità - per il presidente dei Ds - è che l'opposizione deve fare una proposta chiara anche sulle riforme istituzionali, e deve renderla esplicita agli elettori: discutendo in Parlamento e senza cercare 'scambi' di sorta con la maggioranza, ma proponendo soluzioni. Cofferati cosa propone, oltre ai suoi no?". Anche Piero Fassino vuole un Ulivo più aperto al dialogo, benchè altrettanto duro con Berlusconi: "C'è un problema - riflette il segretario della Quercia - che molti sottovalutano quando gridano il loro 'no a ogni riforma': il 16 gennaio si incardina in Commissione affari costituzionali il disegno di legge del Polo sulle modifiche alla forma di governo. Noi che facciamo? Ci presentiamo in ordine sparso, o non dobbiamo invece avere in testa un progetto nostro, da contrapporre a quello del Polo?". A Fassino non piace la logica delle "pregiudiziali": "Dobbiamo trovare un equilibrio: ci lascia un po' perplessi tutto quello che è elezione diretta, del presidente della Repubblica come del presidente del Consiglio, perché in tutti e due i casi il voto acquista comunque un contenuto plebiscitario. Non è un caso che in Europa, a parte la Francia, non si elegge nessuno con il voto diretto dei cittadini. Per contro, varata l'elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di regioni e di provincia, c'è oggettivamente il problema della fonte di legittimazione del premier. Noi dobbiamo trovare una soluzione intermedia tra il premierato e il cancellierato, che presuppone un premier forte ma senza elezione diretta".
Le "colombe" del centrosinistra non prendono per buone le sortite del Cavaliere, ma vedono le crepe nascoste nella Casa delle libertà e ora scoperte proprio dall'uscita di Fini: "La sua mossa - aggiunge ancora il segretario dei Ds - può agevolare la ricerca di una soluzione. Ma soprattutto la proposta del vicepremier è una virata significativa per il centrodestra: Fini, lanciando una forma di premierato, prende atto e rende manifesto che sulla proposta presidenzialista di Berlusconi non ci sono i voti". L'Ulivo è diviso, ma Fassino ha ragione a calcare la mano sulle grandi divisioni del Polo. Per un Berlusconi ammaliato dal presidenzialismo "neo-gollista" ritagliato a misura della sua biografia personale, c'è un Fini che più democraticamente opta per un premierato rinforzato e c'è un Bossi che, per portare a casa a tutti i costi la sua devolution, è pronto a sostenere qualunque capriccio dell'uomo di Arcore. Per una An che ha alle spalle una battaglia epocale sul maggioritario di Segni c'è un Udc che ha ribattezzato al congresso la fedeltà alla cara, vecchia proporzionale. E' vero, forse, che il Cavaliere usa le riforme come "arma psicologica", per condizionare i suoi interlocutori meno coercibili: il presidenzialismo serve a tenere sulla graticola Ciampi, il nuovo ordinamento giudiziario serve a tenere alto il fuoco di sbarramento contro le "toghe rosse" della magistratura. E' ancora più vero, come scrive Giuliano Ferrara, che per riformare sul serio la Costituzione servirebbe innanzi tutto una leadership. E' un problema di fondo per entrambi i Poli. A destra, il Cavaliere ce l'ha ma forse non la esercita. A sinistra, Rutelli la esercita ma forse non ce l'ha. Il risultato, per ora, è il "falso movimento".
Dietro l'angolo delle riforme, probabilmente, c'è solo un altro angolo.