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Repubblica: L´asilo resta un miraggio: a casa 9 bimbi su 10

Pochi posti soprattutto al Centro sud. "Fino a 3 anni piccoli inesistenti per il welfare"

10/09/2009
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la Repubblica

Nasce in Piemonte il nido della Nutella

"Pochissimo è cambiato, se non la crescita della domanda. Il nido è considerato un parcheggio dei figli"
MARIA NOVELLA DE LUCA

No, il posto non c´è, nemmeno quest´anno, per il futuro si vedrà. Per uno che vince, gli altri nove restano a casa. Come in una strana e assurda lotteria. Ci sono i nonni quando va bene, la baby sitter quando non c´è scelta, e per chi non può pagare non resta che arrangiarsi, i piccoli vagano, oggi la zia, domani la vicina, le mamme degli altri bambini, la tv... Perché gli asili nido sono pochi, i posti disponibili soltanto l´11% per tutti i bimbi di quella fascia d´età, le graduatorie sono spaventose, le domande sempre di più. Avere 0-3 anni in Italia è un mestiere difficile. Soprattutto nelle grandi città, soprattutto nel centro Sud, soprattutto d´inverno quando al parco il sole non c´è, fa freddo e c´è allarme rosso per le polveri sottili.
Loro sono i bambini più piccoli dei piccoli, esigua schiera che sulla popolazione nazionale non raggiunge nemmeno il 5%, quelli che le statistiche definiscono "1 x 4", ossia un bebè per quattro adulti. Bimbi vezzeggiati e amatissimi quando si tratta di vendere pannolini o baby-food, dimenticati poi nei loro problemi reali nell´Italia dei tagli a servizi, sanità e istruzione. Parliamo di welfare. Parliamo di asili nido, asili aziendali, asili condominiali, ludoteche, tagesmutter, orari flessibili e part time. Ossia tutti quei luoghi, istituzioni o persone che dovrebbero prendersi cura dei bambini 0-3 anni, quando le mamme tornano a lavorare, in attesa che scatti l´ora X della scuola materna. Di tutte quelle reti, integrate e non, che se esistessero, potrebbero permettere alle coppie di fare qualche figlio in più.
Invece quest´anno nonostante gli sforzi di quasi tutte le regioni, il bilancio è ancora negativo: le scuole stanno per iniziare ma l´89% dei piccoli in età da "nido" è rimasto a casa, di ludoteche nemmeno l´ombra, per non parlare di asili condominiali, aziendali, o altri supporti alle famiglie. In molte aree del Sud poi è proprio tutta la fascia dei bambini fino a 5 anni ad essere esclusa dai primi passi della formazione, perché a Bari come a Napoli, a Palermo come Catania, anche le scuole materne (da 3 a 5 anni) sono in affanno, e un buon 20% di potenziali allievi arriverà alle prime classi elementari senza aver frequentato un giorno d´asilo.
Spiega Anna Teselli, ricercatrice del centro studi Ires-Cgil, che nel 2005 aveva effettuato la prima ricognizione sullo stato degli asili nido. «Pochissimo è cambiato, se non la crescita esponenziale delle domande. Il problema è che non si ritiene il nido una esigenza pedagogica, ma soltanto un luogo dove parcheggiare i figli. Un´idea di welfare residualistico, che continua a considerare la famiglia come la vera rete informale di assistenza. Il nido invece è fondamentale per i bimbi di oggi, che spesso sono figli unici, e lì possono socializzare. In tutta Europa i nidi coprono il 90% della domanda delle famiglie, da noi è il 90% dei bimbi a restare a casa...».
E se alcune regioni come il Lazio hanno migliorato la loro offerta, se Emilia Romagna e Toscana restano oasi felici, c´è un pezzo d´Italia (Calabria, Sicilia) dove molti servizi per l´infanzia hanno addirittura chiuso i battenti. Una situazione che in mancanza di nonni (a loro viene affidato il 54% dei nipotini se i genitori lavorano) può diventare drammatica. A Palermo negli asili nido nemmeno un bambino su 5 riesce ad entrare. I posti disponibili sono 336, ma le candidature sono state 1.856: la maggior parte delle richieste dunque non sarà accolta. A Napoli soltanto 1200 bambini potranno usufruire dei 30 nidi comunali, mentre a Bari il numero dei nidi scende a 5, le scuole materne sono 16, accolgono 1600 bimbi, ma le richieste di ingresso sono tre volte maggiori.
Così accade che nelle zone a rischio, dove le città sono assalite dal degrado, se la scuola è costretta chiudere le iscrizioni, se a casa non c´è nessuno, altro non resta che la strada, il vicolo, la terra di tutti e di nessuno. E le statistiche sulla dispersione scolastica, che in Italia non accenna a diminuire, mostrano che più tardi si entra in contatto con "l´istituzione scuola", prima si tende ad abbandonarla. Saltare cioè gli anni fondamentali dell´asilo, ma anche quelli del nido, quei primi mille giorni di vita in cui il cervello impara ad imparare, può avere conseguenze sia sull´apprendimento che sulla socializzazione.
È proprio sull´aspetto educativo che si sofferma lo psicoterapeuta dell´età evolutiva Federico Bianchi di Castelbianco. «Questo ci dà la misura di quanto sia cambiata la società. Trent´anni fa - spiega - dovevo pregare le mamme di mandare i figli non al nido, figuriamoci, ma addirittura all´asilo, a 4 anni compiuti. Oggi spesso chiedo che tengano con sé il bambino almeno per tutto il primo anno di vita... Il nido è un luogo fondamentale per la socializzazione, ma non prima del compimento dei due anni. Fino a quest´età i piccoli hanno bisogno del loro luogo esclusivo. Il mio pensiero, forse controcorrente, è questo: invece di aumentare il numero degli asili nido, utilizziamo questi fondi per allungare i congedi di maternità. Fino a dodici, quattordici mesi. Per la serenità di tutti, ma soprattutto dei bambini».